CARO GENERALE VANNACCI, MA LEI È SICURO CHE GLI ITALIANI NON VOGLIANO GLI IMMIGRATI? (di Matteo Fais)
Se c’è un motivo per cui invidiare il caro vecchio Generale Roberto Vannacci è perché l’uomo possiede convinzioni granitiche e si sente rappresentante di una maggioranza silenziosa e silenziata dai potenti mezzi di informazione e propaganda mediatica. Altro che fascista, in tal senso il pluridecorato membro dell’esercito si sente proprio come Mussolini ai tempi d’oro, cioè ritiene di poter prendere, a ragione, su di sé le sorti di una Nazione, diversamente da Tizio, Caio e Sempronio che pensano di rappresentare unicamente sé stessi e le proprie idee.
Su tale confine, è ovvio che si muovano solo i pazzi o i geni e va, dunque, da sé che qui si tratta di stabilire dove si situi l’autore di Il mondo al contrario. È abbastanza probabile che il Generale, come molti del resto – alcuni anche geniali –, scambi il proprio sentire per quello delle masse.
Francamente, tutto questo astio o quantomeno sospetto nei confronti di chi viene da oltre il mare, come da Cina, Filippine, Ucraina, ecc., se esiste, si mimetizza come neppure l’amore nel cuore della ragazza più timida e illibata. Che in principio, diciamo negli ultimi quarant’anni, ci sia stata un po’ di differenza è anche normale: chi li aveva mai visti!
Oggi come oggi, sembra che nessuno faccia più caso a questa gente, un po’ come al Nord nessuno si sconvolge più per un calabrese o un sardo, per quanto, negli anni ’50-’60, li chiamassero “terroni”. I ristoranti gestiti da cinesi e filippini, i famosi all you can eat, sono pieni che ci vuole la prenotazione anche solo per sedersi; nelle campagne si vedono solo stranieri, come a fare lavori quali il muratore; e le badanti è noto che siano quasi tutte dell’Est. Persino a fare le mignotte, nei Paesi in cui ciò è permesso dalla legge, è impossibile scopare con una propria connazionale.
Se di xenofobia o razzismo si tratta, beh, sono ben strani e lo dico senza ironia, perché condivido la sensazione del Generale, quando dice che Paola Egonu non rappresenta l’italianità. In effetti, un negro – io li chiamo ancora così e me ne fotto, perché così si chiamano –, seppur di seconda generazione, non è un italiano, esattamente come un rumeno, un albanese, un russo e via dicendo. Vorrei vedere chi avrebbe il coraggio di sostenere che, per dire, Putin – il quale mi sta profondamente sui coglioni – potrebbe essere confuso per un siciliano. Suvvia, non siamo ridicoli!
La possibilità che si profila, pertanto, è che Vannacci, come tanti, non riesca a discernere tra la sua percezione del mondo e quella diffusa – a prescindere da chi abbia ragione –, più o meno come la persona in età che è ancora convinta di quanto si stesse meglio con la macchina da scrivere e che il computer sia tutto sommato un aggeggio superfluo che nulla aggiunge alla nostra esistenza, limitandosi a complicarla.
Alla fin fine, non si è mai vista una manifestazione contro l’immigrazione che vedesse più di 30 partecipanti – persino quelle contro il vaccino e il green pass sono andate meglio, il che è tutto dire. La gente tifa per Paola Egonu, non ha problemi nel vederla lì a rappresentare la nostra Nazione. Capisco che negli anni ’30 ciò sarebbe stato impossibile, ma evidentemente qualcosa è cambiato che ci piaccia o meno e bisogna prenderne atto.
Semplicemente, accade delle volte che un uomo possa dover prendere atto che è solo nelle proprie convinzioni – ripeto, non è che ciò le renda per forza di cose sbagliate. Può essere che uno legga tanti libri durante l’anno, mentre i più non sfogliano neppure il giornale; che i b-movies vengano preferiti ai classici di Bergman. Si tratta unicamente di un dato con cui fare i conti. Voler imporre qualcosa ai più, per quanto giusto, sarebbe comunque peggio.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Concordo per il 99% di quanto pubblichi in generale, ma stavolta per un misero 1% mi permetto di dissentire. Che il Gen. Vannacci non ti sia simpatico è acclarato dal tuo scritto. Dibatti duramente su nani e ballerine che imperversano in questa società, quando arriva una figura di un certo spessore, ragionevole e che ci mette la faccia altrettanto. Si chiama cerchiobottismo. Il giornalismo indipendente è fatto per informare, per valorizzare lo spirito critico e il dibattito democratico, non per influire negativamente sulla pubblica opinione.