LA GENTE NON LEGGE PIÙ? CHI SE NE FREGA (di Matteo Fais)
Cosa si può fare per degradare un uomo allo stato della bestia? A Oscar Wilde, per esempio, lo misero ai lavori forzati, lo costrinsero insomma alla fatica più mortificante, all’abbandono delle sue dolci e socialmente mal viste attività, quali la scrittura e la lettura.
Che tali abitudini siano considerate negativamente non è una novità, dunque non stupisce quanto dichiarato da “Il Manifesto”, la testata comunista, secondo cui nessuno leggerebbe più (https://ilmanifesto.it/leggere-fa-bene-ma-non-importa-a-nessuno). Noi di “Il Detonatore”, che notoriamente siamo radical chic di Destra, ci permettiamo di aggiungere un sincero “ma chi se ne frega”.
Il popolino, contrariamente a quanto si crede, non ha bisogno di essere liberato dal giogo, di lavorare meno, per questo teme tanto l’automazione tecnologica che potrebbe sollevarlo dalla ripetitività alienante di certe pratiche. Se avessero il tanto auspicato reddito universale, per i più inizierebbe la vera disperazione: non quella dell’inedia, ma della libertà. Le 8 ore consuete andrebbero portate a 12, perché l’uomo medio ha solo bisogno di sfiancarsi come una bestia da soma, riempirsi lo stomaco e riposare come un sasso che non conosce l’angoscia di un sonno agitato, il turbamento di un pensiero che emerge dal profondo delle tenebre.
È naturale che questa gente non legga e, soprattutto, che non ne senta minimamente la mancanza. La zavorra umana conosce solo la dimensione pratica, l’utilità, la gioia volgare della produzione, ovvero ciò che di maggiormente distante possa esserci dalla più alta attività intellettuale. Non dimenticate che persino la Ferragni, prima del suo declino – ma c’è stato per davvero? -, era qualificata quale “grande imprenditrice”, quindi “una che produce”.
È noto che le anime nobili riservano per sé stesse le pratiche più inutili, socialmente meno considerate nella contingenza più vicina, come la poesia, la musica, la filosofia. Il mondo greco antico, da cui l’Occidente proviene, era fondato sul rifiuto della fatica, attività destinata agli schiavi, preferendo a questa tutto ciò che non ha ricadute pratiche immediate.
Inutile, dunque, farsi un cruccio della mancata passione popolare per certi piaceri sopraffini. Questi bisogna prima di tutto poterseli permettere a livello spirituale, prima ancora che materiale. I barbari credono che la vita abbia un senso forte, così come che si debba essere utili alla società – da qui l’esaltazione comunista del lavoro che nobilita l’uomo. L’essere superiore sa che l’esistenza è insensata e che, dunque, bisognerà spingere la sua assenza di senso all’estremo, a mezzo di attività massimamente distanti da ciò di cui la popolazione ha bisogno.
Basta con questa ossessione per la condizione culturale delle masse, le quali non ne vogliono sapere di civilizzarsi. Del resto, ottant’anni di istruzione pubblica non hanno prodotto risultati che facciano ben sperare. Un’influencer, agli occhi della folla, vale più di Baudelaire. Diceva il poeta – Rimbaud, in questo caso – “La mano da penna vale la mano da aratro. – Che secolo di mani! – Io non avrò mai una mano”.
Bisogna rassegnarsi al fatto che non tutti sono nati per governare su un impero di vento e sabbia, per godere di una ricchezza che scivola tra le dita come acqua. Lasciate dunque agli schiavi senza catene la gioia dei propri arti sporchi e del sudore sulla camicia. Per gli altri, ci sono i versi di Cardarelli, quel “La vita io l’ho castigata vivendola./ Fin dove il cuore mi resse/ arditamente mi spinsi”.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Ah ah ah ma che dovrebbe leggere la gente ? Tutta quella roba che cade tutta sotto la legge di Sturgeon? È ovvio che se le case editrici pubblicano tutta roba in linea con la narrativa generale (scilicet legge di Sturgeon) la gente non legge. Come i giornali, e chi li legge più? Nessuno. Fanno bene a non leggere. Che si perdono? Niente.