ANGEL WAGENSTEIN – L’UMORISMO EBRAICO COME ANTIDOTO A NAZISMO E COMUNISMO (di Davide Cavaliere)
Poco più di un anno fa, il 29 giugno 2023, si spegneva nel silenzio generale, all’età di cento anni, Angel Wagenstein, intellettuale europeo la cui esistenza, rocambolesca e cosmopolita, simbolizza la terribile straordinarietà del XX secolo.
Nato nella città di Plovdiv, in Bulgaria, da una famiglia ebraica di origine tanto sefardita quanto ashkenazita, Wagenstein trascorse parte della sua infanzia in Francia, dopo esservisi rifugiato assieme ai genitori per motivi politici. Solo da adolescente tornò nella nativa Bulgaria.
Nel corso della Seconda guerra mondiale venne arrestato per la sua partecipazione ad attività antifasciste, condannato a morte e, infine, salvato miracolosamente dall’arrivo dell’Armata Rossa, come narrato nel documentario Art is a Weapon, a lui dedicato, della regista Andrea Simon.
Nel dopoguerra intraprese i suoi studi a Mosca, presso l’Istituto di Cinematografia Gerasimov e, dopo la laurea, lavorò al Centro di Cinematografia bulgaro. Autore di decine e decine di sceneggiature, alla fine degli anni Cinquanta inaugurò un sodalizio artistico con Konrad Wolf, il grande regista della Germania est.
A partire dagli anni Novanta, si dedicò anche alla letteratura, scrivendo una trilogia sul destino delle comunità ebraiche nel Novecento: I cinque libri di Isacco Blumenfeld, Abramo l’ubriacone e Shanghai addio, tutti editi da Dalai Editore. Il primo volume è perfetto per entrare nell’universo picaresco di Wagenstein, segnato dalla diaspora e dalla tragedia dell’individuo in balia della Storia.
La vita di Isacco, o meglio Itzak, Blumenfeld, ebreo della Galizia, è racchiusa in cinque libri, un Pentateuco personale dove a ogni libro corrisponde una delle nazionalità che il protagonista si trova a dover acquisire in pochi decenni: suddito austro-ungarico, cittadino della repubblica polacca, «compagno lavoratore» sovietico, schiavo ebreo nella Germania nazista e poi nuovamente tovarish sovietico, ma questa volta nella veste di prigioniero di un gulag artico.
Isacco è l’individuo paradigmatico del Novecento: sballottato qua e là dalla Storia, oggetto di tremendi esperimenti politici attrezzati in nome del «Bene» e, infine, abbandonato da un mondo frettoloso di dimenticare il filo spinato e la forca. Stretto tra i blocchi granitici del nazismo e del comunismo, si affida al tradizionale umorismo ebraico per non perdere la gioia di vivere: «Ma dimmi, fratello, è forse possibile cambiare la natura che il Signore ci ha dato? Puoi forse costringere una tigre a nutrirsi d’erba? O un pesce a costruirsi il nido su un albero? Ancor meno riuscirai a impedire a un ebreo di divagare, di deviare dalla strada maestra per cogliere un bel fiore, guardarsi un poco intorno e respirare l’aria fresca, per dirti quanto è bello il mondo o trovare un qualunque pretesto per raccontarti una hokhmah o una barzelletta».
I motti di spirito e gli aneddoti ironici, così come la dolce nostalgia dello shtetl, il villaggio ebraico di lingua yiddish, svanito per sempre con i suoi milioni di abitanti, dicono la persistenza dell’umano fin dentro le tragedie apparecchiate da ideologi seriosi e filantropi armati.
Scritto con uno stile brillante e colorito, che non sacrifica la raffinatezza della prosa, I cinque libri di Isacco Blumenfeld possiede la vivacità di un film di Radu Mihaileanu, coi suoi personaggi divertenti e indimenticabili, gravati però da un orrore incombente o passato.
Wagenstein, ci rivela che il Male non proviene solo dal pregiudizio razziale o dal fanatismo ideologico, ma anche dall’assenza di ironia e, soprattutto, di autoironia. Tutti i «malvagi» incontrati da Isacco prendono troppo seriamente sé stessi e il loro ruolo nella società.
Il popolo ebraico, qui incarnato dal buon Itzak, possiede la più alta, persino divina, forma di umorismo: non quello che muove dai difetti e dalle mancanze altrui, bensì quello capace di rivelare il lato comico e paradossale di ogni situazione e di ogni ambizione: «Beati quelli che sanno ridere di sé stessi, perché non finiranno mai di divertirsi».
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.