DIO SALVI I MATURANDI DALLA SCUOLA (di Matteo Fais)
L’unica cosa bella della scuola è terminarla. La vita è breve, troppo limitata per perdere tempo su quei banchi – non si dimentichi mai che tutti noi dobbiamo morire –, tra interminabili lezioni in cui un mediocre impiegato del Sistema Culturale Italiano si pavoneggia per le sue presunte competenze. Va già bene quando un decimo di queste ore forniscono una qualche forma di insegnamento utile.
Ma non c’è niente da fare, è il sistema della scuola che proprio non funziona, anzi fa male. Una mente un po’ vivace, là dentro, si spegne, esattamente come potrebbe succedere a un creativo che trovasse posto nel Pubblico Impiego. L’istituzione in questione è tarata per ammaestrare scimpanzé abituati alla natura selvaggia, non menti libere.
Da che si varca l’ampio ingresso di quell’inferno di promiscuità, l’unica cosa dietro cui un animo sensibile dovrà spendere un mucchio di energie, fino all’esaurimento, è l’imparare a trattare con tutta una massa umana tendenzialmente puzzolente e poco civilizzata, aliena a qualsivoglia interesse culturale ma avvezza alla tresca e al pettegolezzo, alla brutalità più hardcore. La situazione ricorda da vicino le immagini iniziali di Full Metal Jacket, con i ragazzi internati al campo dei marines.
A scuola, fondamentalmente, si impara che, in società, o ti adegui o sei un uomo morto. Infatti, ogni scuola è inevitabilmente scuola sovietica. Non è un caso che esista in ogni Paese, perché c’è sempre bisogno di piegare a mazzate il soggetto e plasmarlo secondo la maledetta volontà dello Stato. Ovvio che, poi, individui dotati di un minimo di quoziente intellettivo, tipo Theodore John Kaczynski, a un certo punto, per non uscire fuori di testa, debbano abbandonare l’umano consesso e andarsene a vivere nella natura incontaminata, dopo aver trascorso tanto tempo entro quella prigione.
La maturità, poi, è solo uno dei tanti passaggi che servono per prosciugare psicologicamente la persona. A furia di imparare a convivere con l’ansia, tra i 40 e i 50, ci si ritrova mentalmente depressi, con la propensione per gli psicofarmaci, l’alcolismo, o la droga. Non potrebbe essere altrimenti. Troppe prove per una sola esistenza e per dei nervi che, a oggi, non possono ancora essere sostituiti. Un organismo vagamente fragile crolla. Chi arriva felice alla soglia dell’anzianità, palesemente, ha un problema. Si deve trattare per forza di uno psicopatico, un egoista, un abuser, un personaggio che non ha paura di passare anche sopra il cadavere della propria madre, o più semplicemente di un cretino.
La maturità ti serve unicamente per abituarti all’idea che, nella vita, andrai incontro a una serie di prove del tutto insensate, quasi fossi il protagonista di un testo kafkiano. Farai il tuo esame, siederai bravo e buono, senza mai lamentarti, per poi attendere i risultati e non contestarli. Così come una mattina, a stomaco vuoto, ti recherai in un centro medico a fare un diverso tipo di esami, detti analisi e, dopo qualche giorno, ovviamente sempre di ansia, ti arriverà il responso: dai 3 ai 6 mesi di vita. Fanculo!
Scherzi a parte, la maturità è uno spettacolino patetico e sfiancante. Giorni buttati nel cesso invano, per dimostrare alle istituzioni di essere adeguatamente servizievoli e ricevere il loro riconoscimento di carta, del valore dei coriandoli che i bambini tirano in aria a carnevale. Dopo 5 anni trascorsi a ripetere la voce del padrone, più violenta di quella di Dio, che arriva attraverso la quella dei manuali e dei docenti, eccoti pronto come un infante per la recita di fine anno. È tutto talmente falso che si può uscire da lì essendo dei completi idioti con il massimo dei voti.
Ai maturandi non si può che augurare che questi giorni passino veloci e che, nel tempo trascorso là dentro, abbiano sviluppato per miracolo l’autonomia per spurgare la mente da tutto il ciarpame appreso. La vita non è un esame, casomai un fardello, da cui certo non ci salveranno 4 nozioni in croce, apprese controvoglia da soggetti istituzionali coinvolgenti come sportellisti alle Poste. Ragazzi, fate di tutto per uscire da quel postaccio!
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)