IL VERO PSICOLOGO “REDPILLATO”, IL DOTTOR ORION TARABAN, DA CUI MOLTI DELLA MANOSPHERE DOVREBBERO ANDARE IN TERAPIA (di Matteo Fais)
Cosa sia un redpillato è difficile da stabilire, ancora di più in Italia dove ogni fenomeno proveniente dall’estero viene assimilato, per così dire, un po’ all’amatriciana – se si vuole, parlando sotto metafora, tra l’originale e la versione nostrana corre la stessa differenza che sussiste tra uno squisito croissant francese e un plasticoso cornetto di quelli che si trovano in un qualunque bar dello Stivale.
A ogni modo, in teoria si tratterebbe di una persona che sta all’analisi dei rapporti affettivo-relazionali come l’entomologo all’osservazione della vita degli insetti. “Ingoiare la pillola rossa” significa sostanzialmente aver capito come funzionano le interazioni uomo-donna e il cosiddetto mercato sessuale, senza che la propria visione sia offuscata da certe assunzioni antropologiche derivanti da una tradizione romantica (melensa) di lunga data.
Sia chiaro, nel 90 per cento dei casi si tratta di ovvietà condite con una punta di cinismo, tipo “le donne ipergamano, ovvero vanno sempre con l’uomo che, secondo il sistema valoriale di ognuna, risulta dominante” e altre considerazioni lapalissiane per ogni maschio che abbia vissuto la sua vita nel mondo, invece che in un sogno da ibernato. Insomma non ci vuole Freud, né chissà quale filosofo, per comprendere che Brad Pitt, essendo un bellissimo e famoso attore, scoperà tendenzialmente più di un uomo medio.
Il problema della redpill, comunque sia, in Italia e non solo, sta nel fatto che i gruppi di discussione virtuali, formatisi intorno ad essa, sono sovente spazi in cui la teoria in discussione si fa semplicemente ancella di questioni che vanno ben oltre la mera osservazione e analisi delle dinamiche relazionali. Con la scusa della pillola rossa, ci si sfoga per traumi subiti e ferite narcisistiche mai rimarginate. Soprattutto, il momento descrittivo è meramente funzionale al discorso prescrittivo. Esempio: “le donne sono terribilmente selettive e mi escludono dai loro favori, essendo io basso e brutto, dunque la soluzione sta nel porre un argine alla loro libertà, limitare la possibilità di scelta di cui al momento godono”.
In tal senso i redpillati non sono molto diversi dalle femministe che, in una situazione di sostanziale parità tra i generi, si inventano difficoltà e trattamenti sfavorevoli per le donne, anche quando non esistono, unicamente per motivare il proprio astio verso figure maschili che hanno in qualche modo intaccato la loro autostima. Si comprenderà facilmente che ciò è molto diverso da una seria battaglia per guadagnare una condizione di uguaglianza sostanziale tra i sessi.
Quanto detto è stato ben capito dal Dottor Orion Taraban, uno psicologo americano che da tempo si è fatto notare su YouTube, con video mirati specie sulle questioni relazionali e il cosiddetto problema maschile. Spesso assimilato nelle sue posizioni alla redpill, in verità Taraban è più un pensatore autonomo e risulta molto più misurato del sostenitore medio di tale visione del mondo.
In un filmato ha anche chiarito, infatti, di avere una positiva considerazione della redpill, ma di ritenere l’errata assunzione della pillola rossa come un danno (https://www.youtube.com/watch?v=JkEVFel2bk4). La comprensione della teoria dovrebbe portare a vivere meglio, senza chiudersi alla vita e ritrovarsi a odiare le donne, magari tramando contro di loro. Altrimenti significa che la pillola non è andata giù e non è stata assimilata, rimanendo in gola e cagionando un terribile fastidio. In sintesi, la redpill dovrebbe essere come una medicina: aiutare a guarire, o quantomeno a prolungare l’esistenza della persona colpita da un male. Uccidere il cancro ammazzando colui che risulta affetto da questo, se è pur vero che tecnicamente sopprime la malattia, non è certo un grande risultato.
“La realtà è ciò che è e niente più”, dice lo psicologo, e anche una volta compresa niente di quel che è muterà in alcun modo. Se dopo aver appreso della redpill resta solo rabbia e un senso di livore verso l’altro sesso, non si è capito un bel niente. Conoscere le regole del gioco serve per praticarlo al meglio e partecipare con cognizione, non per indurre a far saltare in aria il campo con la dinamite o a piazzare in esso delle mine antiuomo. Che un genere abbia le sue peculiarità, a volte fastidiose, che ci fanno penare, non è un buon motivo per considerarlo nemico. Anzi, è proprio lui a sottolineare come il conflitto tra i sessi venga incentivato quale strumento di controllo sociale, secondo il principio del divide et impera.
Purtroppo, tanta ragionevolezza è difficile da veicolare presso il redpillato medio, come l’idea di cui il Dottor Taraban si fa portabandiera: “love without attachment”, ovvero “amore senza attaccamento” o “possesso”, si potrebbe tradurre più liberamente (https://www.youtube.com/watch?v=XpW3bzljcqU). Niente di troppo complicato da comprendere: stare insieme dovrebbe essere, per ambo le parti coinvolte, una scelta libera e dovremmo smetterla di torturarci con la gelosia anche quando vi sono fondati motivi per covarla. L’amore è sempre l’incontro tra due solitudini, nel senso di due persone che si vengono incontro come individui autonomi. L’altro non è la metà di nessuno. Nello stare con qualcuno questo preserva la propria alterità, che potrebbe in ogni momento tornare a manifestarsi in modo forte e problematico – la rottura della relazione ne è un esempio. Bisogna imparare a farci i conti, come a vivere senza contare in toto sull’oggetto d’amore.
Anche in questo caso, si capisce, si parla soprattutto di buonsenso. Certo in molti rappresentanti della redpill esso viene meno, specie quando la teoria è assunta non solo come verità scientifica – che non è, sia chiaro -, ma addirittura religiosa – spesso sembra proprio che gli adepti pensino e si comportino come membri di una setta. Molti di loro non vogliono infatti capire il mondo, ma trovare conferma di una certa visione per avere una giustificazione e dare sfogo alla propria misoginia – oltre che a un sincero disagio affettivo. C’è da dire anche che, tra questi, la maggior parte non comprende come non esista una teoria, un grande sistema che possa chiarire la complessità del mondo in modo semplice. In fondo, ogni generalizzazione è una violenza intellettuale sulla variegata e sfuggente struttura della realtà. E, banalmente, nessuno è mai giunto alla verità ultima, a cui si può solo tendere e aspirare.
Ecco, a gente simile gioverebbe una lunga terapia con il Dottor Orion Taraban, per comprendere che già Woody Allen aveva ben spiegato, alla fine di Io e Annie, con una simpatica barzelletta, la quale chiarisce come nient’altro la natura del rapporto tra uomini e donne. Uno va dal medico e gli racconta che il fratello è pazzo, crede di essere una gallina. Il dottore gli domanda come mai, allora, non lo faccia internare e lui risponde “Altrimenti, chi me le fa le uova”. Ecco funziona più o meno così, ma vaglielo a far capire.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)
“… nel 90 per cento dei casi si tratta di ovvietà […] tipo “le donne ipergamano, ovvero vanno sempre con l’uomo […] dominante” e altre considerazioni lapalissiane per ogni maschio che abbia vissuto la sua vita nel mondo. […] L’altro non è la metà di nessuno.”
… Eppure, se si guarda nell’androsfera italiana – anche quella più avvertita e colta -, questa ovvietà non è affatto pacifica: ci sono autori (preparati e competenti, che hanno relazionato anche in commissione al Senato) i quali, nel loro blog, sostengono ancora la “teoria della complementarietà”, la quale vorrebbe che UU e DD tendano naturalmente gli uni verso le altre, senza eccessive selezioni (il che è clamorosamente smentito dalle statistiche: sia da quella delle coppie che non si formano, sia da quella delle coppie che si sfasciano).
Finalmente una descrizione precisa di ciò che è la redpill. È vero, molti “redpillati” di fatto non lo sono, perché interpretano negativamente alcuni aspetti tendenzialmente femminili. In realtà la redpill, se ben assimilata, permette di vivere meglio, perché ti fa comprendere cosa muove donne e uomini.
Un leone che uccide un’antilope e il suo piccolo può sembrare malvagio e spietato, ma se comprendi che fa solo parte della natura e del ciclo della vita, cambi completamente prospettiva.
Che la redpill rappresenti ovvietà non sono del tutto d’accordo. Certo, alcune cose si, ma altre permettono invece di capire perché sei percepito in un determinato modo e che le responsabilità personali in tutto ciò sono relative. Inoltre ti dà modo di comprendere certi meccanismi femminili più delle donne stesse.