BRUNO WALPOTH, L’INTAGLIATORE DI PASSANTI METAFISICI (di Chiara Volpe)
Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli uomini giovani e scarni e alla miriade di belle donne incastonate in quel legno, attraversati come da un moto ondoso di fremiti, sussurri silenziosi e insulti della vita? Quei passanti metafisici, che fissano un punto chissà dove nell’oscurità o nella luce, ci illudono di poter afferrare un’emozione colta e svanita al tempo stesso, di fermare ciò che fugge come chi corre, in realtà senza muoversi, pensando di giungere in un altro luogo.
Sembra impossibile sottrarsi al fascino di tale trappola: le folgoranti visioni dell’artista intagliatore Bruno Walpoth immobilizzano e tolgono il fiato, imprigionano chiunque si avvicini nella rete di una grandiosa solitudine prometeica. I suoi soggetti sono rigidi e immersi nei propri pensieri, i loro sguardi schivi, scomodi, retrattili, al di là di ogni decifrazione poetica.
Eppure è questo l’obiettivo dello scultore: nessun interesse verso una resa iperrealistica dei modelli scelti, viventi in carne e ossa, ma la ricerca dell’individualità, tra presenza e assenza, vicinanza e lontananza. È un ruggito muto, una scossa tellurica, un istante interminabile di esistenza trattenuta. Walpoth vuole indurre all’incontro con se stessi, dono e sfida, la più difficile tra le relazioni.
Nasce a Bressanone nel 1959, vive e lavora a Ortisei, in Trentino Alto Adige. Si forma negli studi del nonno e dello zio che scolpivano figure religiose. Nel ’78 si stabilisce a Monaco di Baviera, dove frequenta l’Accademia Der Bildende Künste, fino al 1984, studiando col Professor Hans Ladner. Nel 1996 fonda il gruppo scultoreo “Trisma”, con Willy Verginer e Walter Moroder. Combina 400 anni di storia della scultura del legno con l’aspirazione alla riscoperta nuda, desolata, del corpo primitivo, originario, privilegiando l’emozione più pura, rocciosa e silente, in fondo una forza compressa e rivoltosa, perno di ogni slancio oltre il suono e i limiti di qualunque natura.
Come un seme che cresce verso il basso, affondando le radici nel profondo, tutte le sue creature sembrano impegnate in un’estasi concentrata, una immobilità fremente come di belva impietrita. Trasudano e filtrano personalità e vita, un invito alla simbiosi.
Per Walpoth scultura è far vibrare le corde delicate e sonore della percezione, è musica della materia che promana dalla bocca, dagli occhi, dalle mani, è una bellezza complicata oltre l’erotismo dell’anatomia, oltre la posa, perché la realtà non si può fermare, perché l’artista può esprimere compiutamente un’idea anche derogando al naturalismo.
Osservatore della vita, cerca e ruba momenti, li libera in corpi e busti, magari decapitati o dolorosamente abbandonati, gettati lontano, totalmente poveri. È questo il suo repertorio, tra Realismo e idealizzazione, in uno spazio dai contorni sfumati, forme aperte.
Tanti eroi moderni, non esseri eccezionali, ma persone comuni, nostri prossimi nella sofferenza, nel disagio, nella meditazione. Celebrazioni del pensiero come elemento creatore dell’opera d’arte, ma anche come attività specifica e fondamentale dell’essere umano.
Fino al 18 giugno, lo scultore sarà in mostra a Pietrasanta.
Chiara Volpe
L’AUTRICE
Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.