Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

QUELLE CHE PRENDONO IN GIRO PUBBLICAMENTE GLI UOMINI, DOPO UN MESSAGGIO SUI SOCIAL  (di Matteo Fais)

Naturalmente non è vero che le donne sono solo creature dolci e comprensive, materni approdi per uomini fragili e sensibili. Più cattive di loro ci sono forse solo i serial killer – sia chiaro, non che le stesse, poi, non possano risultare le più tenere, con la persona che amano, e mettere in atto forme di abnegazione incredibili. Sta di fatto che bisogna cancellare dalla propria mente questa assurda assunzione antropologica. Non saranno forti come i maschi, ma possono fare male quanto e come loro, semplicemente usando altri mezzi.

Basterebbe fare un giro sui social per avere la prova di ciò. Facebook, in particolare, è pieno di femmine che screenshottano qualche messaggio ricevuto, con appena un paio di omissis qui e lì, per poi, con il codazzo di morti di figa che le segue, deridere pubblicamente il malcapitato che ha avuto la pessima idea di mandare loro due righe, fosse pure domandando di incontrarsi per un caffè.

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Certo, bisogna riconoscere che sovente queste missive digitali sono quanto di più patetico possa esistere, una sorta di disperata richiesta di aiuto di persone evidentemente sole e all’ultimo stadio delle proprie possibilità affettive. Ciò non stupisca, la solitudine esiste e non tutti sono in grado di sopportarla. Ci vogliono due palle così e tanti interessi verso cui reindirizzare la propria attenzione – la sublimazione è una vera e propria arte del vivere, degna dei grandi maestri dello stoicismo.

Poco ma sicuro, a loro non frega niente – alla maggior parte, salvo eccezioni quindi. La cosa tragica è che a fare tutto ciò sono persino vecchie ciabatte, delle quali viene da pensare – per quanto non lo si possa dire pubblicamente – “Ma questa prende per il culo il tizio, citando altri innumerevoli casi di ragazzi che le avrebbero scritto, e, invece di ringraziare che qualcuno la degni di una minima attenzione, si ritiene tale da poterci ridere su”. Spiace dirlo, ma è così: finanche vecchie zie male in arnese, con i muscoli delle braccia che disgustosamente cadono vittime della gravità, si atteggiano come neppure ventenni strafighe che sfilino per Victoria’s Secret. Al contrario, non vedrete mai un maschio bullizzare in pubblico una che gli abbia scritto per farsi avanti, persino se si tratta di un cesso con 150 chili di sovrappeso. Ciò, fuor di dubbio, è sintomatico.

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Purtroppo questo avviene perché ogni donna (italiana?) almeno vagamente decente – o che lo sia stata in un remoto passato – vive avendo su di sé le attenzioni di una rockstar. Tutti la vogliono, tutti la inseguono, le fanno avances, cercando di procacciarsi un incontro sessuale o una relazione a seconda dei casi – tale prassi si estende purtroppo su quasi l’intero genere femminile, in un maldestro tentativo di pesca a strascico. In due parole per loro è normale vivere, almeno da certi punti di vista, un’esistenza alla Axl Rose. È chiaro che perdano aderenza con la realtà brutale e durissima dell’uomo medio – sarebbe un po’ come chiedere al leader dei Guns se conosca il prezzo di un litro di latte. Non si rendono neppure conto del privilegio di cui godono.

Peraltro, bisogna notare che, mentre il citato Axl riceve tanta validazione in ragione del suo essere uno dei più grandi artisti rock della storia, loro sono circondate da tanto interesse per il mero fatto di esistere, insomma senza essersi minimamente dovute guadagnare il rispetto e la stima altrui. È ovvio, a questo punto, che la loro percezione della realtà risulterà pericolosamente distorta. Se il maschio medio fosse beneficiario anche solo di un quarto della considerazione riservata a una donna qualsiasi, probabilmente a fine giornata avrebbe bisogno di una flebo di calmanti per vincere l’eccesso di adrenalina e riuscire a dormire.

I risultati di tutti i complimenti elargiti a cazzo di cane, a ogni modo, cominciano a mostrare i propri effetti. Il distacco dalla concretezza le porta a non provare empatia – perché, effettivamente, loro non sono sulla stessa barca. La differenza che corre tra queste e un maschio qualsiasi è la stessa che intercorreva tra Napoleone e un qualunque soldato dei suoi reggimenti: si trattava di meri mezzi per le sue manie di conquista, carne da macello tranquillamente sacrificabile. Palesemente, non si percepiva come parte di quella massa umana.

Uno dei gravi problemi nel rapporto tra i sessi, oggigiorno, sta proprio in questa differenza: non si può convivere con gente che si crede parte di un altro regno dell’Essere, che ritiene di abitare diversi gradini più in alto nella scala gerarchica. E, chiaramente, chi arriva al punto di poter trovare fastidiosi i complimenti non rientra più al novero dei comuni mortali, almeno sul piano affettivo.

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Si presti attenzione al fatto che tutto ciò avviene unicamente in ambito relazionale per le donne perché, per esempio nella dimensione lavorativa, il grosso tra loro è costretto a ridiscutere brutalmente le proprie pretese, accettando come tutti occupazioni sottopagate e infime. Quindi, al contrario di ciò che viene erroneamente sostenuto, con l’assurdo parallelo tra mercato sessuale ed economico, quest’ultimo tendenzialmente non è sbilanciato come il primo. Anzi, la vera eguaglianza tra uomini e donne si realizza probabilmente solo lì.

Ciò dimostra, sempre che ce ne fosse bisogno, come i maschi siano i principali nemici di sé stessi. Avendo ingigantito l’ego delle preziosissime (italiane?), credendo così di guadagnare i loro favori, hanno generato una situazione tossica e fuori controllo, in cui anche una sbucata fuori dal cesto dell’umido può atteggiarsi da diva e, invece di dire grazie per le lusinghe ricevute, riderne con senso di superiorità.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)

2 commenti su “QUELLE CHE PRENDONO IN GIRO PUBBLICAMENTE GLI UOMINI, DOPO UN MESSAGGIO SUI SOCIAL  (di Matteo Fais)

  1. Articolo stupendo. Questo fenomeno preclude un declino della società, le stesse che oggi si rifiutano di sposarsi e fare figli tra 50 anni saranno obbligate a portare il velo per pure questioni numeriche. “Migranti non lasciateci da sole con i fascisti recita un noto motto femminista”. A questo punto mi viene da pensare che le donne non siano ancora pronte per gestire la libertà. Forse perché per mere ragioni evoluzionistiche ne sono state prive fin dall’alba dei tempi perché considerate inferiori all’uomo e quindi adesso incapaci di gestire questa libertà finiranno col perderla del tutto lasciando spazio ad altre civiltà patriarcali. O forse perché desiderano la sottomissione, da lì la preferenza al migrante proveniente da una società fortemente patriarcale rispetto all uomo bianco che invece le rispetta e considera pari, se non addirittura idolizza e osanna.

    Anche gli uomini hanno la grave colpa di essere diventati dei simp senza fegato.

  2. Come al solito: fotografia superba e nitida, cruda, senza alcun photoshop.
    Della situazione maschile mi sono fatto un’idea “storica” leggendo l’enciclopedica opera di Santiago Gascò Altaba (in aggiunta al previo bagaglio dei Maschi Selvatici): ebbene, la deriva dipende dalla rottura della catena generazionale maschile – irreversibile, temo -, cioè dall’emarginazione del Padre.
    Nei secoli passati, l’esistenza del giovane maschio era tutta diversa: l’”accasamento” era visto come una noia da procrastinare il più possibile; a seconda delle classi sociali, c’era chi doveva precocemente cominciare ad aiutare il padre – nella bottega o nei campi – e chi praticava il cameratismo maschile: soldato di ventura, marinaio ecc.
    Il giovane maschio osservava il padre, il quale spesso, dopo cena, andava all’osteria, preferendo – anche lì – il cameratismo maschile alla moglie brontolona, la quale, dunque, si consolava spettegolando con le vicine davanti al camino.
    In generale, l’andazzo è cambiato da metà ‘800; ma era ancora visibile a metà ‘900 nel mio Sud, nei paesi agricoli: alla sera, complice il clima mite, nella piazza del paese si osservavano capannelli di soli uomini che discutevano; le mogli, a casa, conversavano da un balcone all’altro, o guardavano il telequiz.
    A un certo punto, i padri di famiglia, ormai imborghesiti e imbolsiti, hanno cominciato anche loro a restare a casa la sera, davanti alla TV, assecondando le mogli: ne è scaturito l’esempio per i figli (che, nel frattempo, hanno perso anche l’ultimo esempio di cameratismo maschile: la leva militare), i quali si sono rafforzati nell’idea che l’unico antidoto alla solitudine sia la compagnia femminile.

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