COME LE RIVISTE FEMMINILI HANNO CONTRIBUITO ALLA PERCEZIONE DISTORTA CHE LE DONNE HANNO DI SÉ STESSE (di Matteo Fais)
A tutti gli uomini con un minimo di esperienza di vita sarà capitato di dire a una “Abbi pazienza, ma tra noi non può funzionare, non siamo compatibili” – un’espressione elegante e civile per farle notare che preferite la solitudine al suo essere insopportabile. Immancabilmente, questa avrà risposto con una frase rituale che suona più o meno così: “Certo, io sono una donna con una personalità, per questo non mi ami”.
Ecco, questa affermazione non è sua. Si tratta di una formula a uso e consumo del gentil sesso fornita da tutte le riviste femminili e dalle loro rubriche pseudo psicologiche. Queste, come si potrà notare prendendone visione con attenzione, per tenere alte le vendite e le letture, non fanno altro che elargire alle lettrici giustificazioni morali e psichatriche delle proprie intemperanze, spacciandole appunto per manifestazioni di indipendenza e forza interiore. Invece di far presente che lui, pur con tutte le difficoltà del maschio medio a trovare una compagna, ti molla perché sei una rompicoglioni sovraumana, queste ti lusingheranno, come per esempio “DiLei” qualche giorno fa (https://dilei.it/psicologia/5-donne-spaventano-uomini/1279015/), gridandoti a caratteri cubitali che tu sei bravissima, bellissima, fortissima e intelligentissima, quindi lo spaventi. L’insicuro è lui, non tu che gli pianti un casino, urlando, a ogni angolo di strada.
Una donna di valore, a ogni modo, non turba nessuno, se non gli idioti. Il problema sorge se una femmina di sconcertante banalità, con un visetto di comunissima bellezza, si mette in testa di atteggiarsi neanche fosse Rita Levi Montalcini, Sylvia Plath, o Emily Dickinson nel corpo di una Cindy Crawford o Claudia Schiffer dei bei tempi andati. Gioia, rilassati, non sei nessuno. E, diversamente dalle nostre nonne, non sai neppure cucinare.
Questa è una cosa molto importante che bisognerebbe far capire a tutte queste fuse di testa che ci sono in circolazione: tatuarti tutta la schiena non fa di te una eccentrica artista, ti tramuta semmai nel corrispettivo vivente di un muro in periferia; abbandonarti all’umoralità più infantile non ti rende una persona inquieta e affascinante, che porta sulle spalle tutto il dolore dell’umana esistenza, ma una squinternata mentale capricciosa e totalmente inaffidabile; contestare ogni cosa della vita di un uomo, dalla stiratura della sua camicia alla birra che beve, non ti farà assurgere a rappresentante del pensiero critico, alla stregua di Hannah Arendt, ma condurrà alla magica trasformazione dell’amore in fastidio al cubo. Sei solo una povera stronza che si crede sta grandissima fica!
Il web pullula di articoli del genere “5 tipi di donne che spaventano gli uomini”. Qualche volta divengono addirittura 10 i casi umani in questione, se non 20, addirittura 30 e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente, non può mai mancare una supposta ricerca scientifica a suffragio di simili posizioni. Stranamente, questa non viene mostrata, solo nominata, senza essere mai ricostruita in tutta la sua articolazione argomentativa. Come se un’indagine non sollevasse mai dubbi, non avesse limiti riconosciuti dai suoi stessi autori e, soprattutto, come se la scienza non fosse stata piegata innumerevoli volte al servizio di una qualche ideologia dominante – dal nazismo, passando per il comunismo, fino al femminismo imperante.
Il risultato di tutto ciò è che, in particolare nella fascia under 40, le femmine sane di mente sono minoranza assoluta. Roba che se si incontra una non femminista, che evita di svangarti la fava con manie persecutorie sui maschi “tutti femminicidi”, ci si prostra al suo cospetto e le si stendono tappeti, solo perché ha detto ciò che ogni persona normale dovrebbe pensare, tipo che ci sono tanti uomini tranquilli, pacati e rispettosi. Messa in bocca a una donna, oggi come oggi, una simile banalità diviene oro colato, parola rivoluzionaria.
Non si può non riconoscere che a tale assurdo modo di essere abbiano contribuito anche in buona misura i maschi e l’atteggiamento cavalleresco tipico dei mediterranei. Questo culto della figura materna, sempre dolce e amabilissima, mai nevrotica e anaffettiva, così come della figlia vista quale “principessa di papà”, hanno generato mostri, esaltate narcisiste convinte che a loro tutto sia dovuto e le cui richieste non sono mai abbastanza, perché “papà me l’ha detto che io meritavo di più”. Aggiungete al grottesco quadretto la body positive – che poteva anche essere giusta finché declinata nel senso di, invece di disperarti, dimagrisci, nessuno è perfetto – e il risultato è garantito, il manicomio si è riversato nelle nostre strade.
Insomma abbiamo le donne che ci meritiamo, che abbiamo creato attraverso flebo gratuite e immotivate di autostima – pensate anche alla bruttissima tendenza che abbiamo instillato loro a pensarsi come parte di un un insieme monolitico, il genere femminile, e prendersene tutti i meriti, come se ogni uomo si sentisse geniale perché condivide la minchia con Eugenio Montale. Tutto sommato, non è neppure colpa loro se hanno finito per credere alle balle che abbiamo raccontato, irragionevolmente supponendo che l’eccesso di complimenti ci garantisse una via privilegiata per finire tra le loro lenzuola. Come sovente capita, nel tentativo di fottere, ci siamo rimasti inculati.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)
Analisi assolutamente superlativa e realistica: hai saputo dar voce a centinaia di migliaia di uomini (ancora sani di mente).
Micro-postilla sui padri che assecondano – anche in modo omissivo: chi tace acconsente – il “complesso da principessa” della figlia: essi sono tutti sotto costante ricatto separativo (ma non lo ammetterebbero neanche con una pistola puntata alla tempia).
Poi ci sono anche quelli talmente impregnati di matriarchismo che diventano addirittura vendicatori per procura dei presunti sgarri lamentati dalla figlia. In sostanza (evocando Esther Vilar): riescono a stimarsi solo se si sentono UTILI alle femmine di casa.
Perla.