IL BAUDELAIRE DI MILO DE ANGELIS (di Matteo Fais)
Si dice forse con una certa leggerezza che tradurre è anche un po’ tradire. Una simile affermazione ha la capacità di restare così bene impressa perché palesemente iperbolica. Senza voler disinnescare la sua portata, si potrebbe meglio specificare che tradurre è, oltre che translare in una diversa lingua, anche tentare di interpretare e in ciò si compie il tradimento di colui che opera sul testo altrui, cercando una via che, soprattutto nel caso dei classici, non si saprà mai con certezza assoluta quanto coincida con il dettato originale dell’autore.
In tal senso, sì, soprattutto quando alla lingua dell’altro si cerca un corrispettivo nella nostra, la stratificazione, che al contempo rende visibile e offusca la parola altrui, aumenta vertiginosamente. Ma si tratta infondo di un rischio inevitabile, quando si ha a che fare con la materia fluida delle scienze umanistiche.
Ecco perché si possono trovare così tante versioni di testi famosi che si succedono nel tempo. Ciò capita in parte perché la nostra lingua, come tutte del resto, muta e dunque la traduzione va attualizzata; in secondo luogo perché, nel proporci la stessa opera, i diversi traduttori sottendono una differente esegesi da proporre ai lettori.
Tutte queste parole a giustificazione – non richiesta e forse superflua – della versione appena pubblicata da Milo De Angelis di I fiori del male di Baudelaire (Mondadori), il noto capolavoro in versi di Charles Baudelaire.
Il poeta milanese, seppur in forma sbrigativa – non che questo sia un male –, presenta il grande maestro francese al pubblico italiano adducendo, come motivazione alla necessaria lettura, l’attualità della figura umana che emerge dai versi: “Un uomo del nostro tempo, scisso e sradicato da se stesso, ossimoro vivente, un uomo che ha smarrito la sua unità, come noi, ha mescolato l’alto e il basso, il sublime e l’orribile, tutti i possibili opposti”.
La ratio e la giustificazione nel riproporlo sembrano dunque essere chiare: Baudelaire eterno contemporaneo e coevo, troppo simile per lasciarlo nella nicchia di un tempo trascorso. Decine di traduzioni in lingua italiana come decine di testimonianze diverse su un uomo che, per quanto morto, tutti sembrano conoscere e ognuno dalla sua particolare prospettiva.
Se certo la ricostruzione partendo dalla diverse voci sul suo conto è sempre attività piuttosto rischiosa, è altresì vero che De Angelis, in una strana commistione di umiltà e narcisismo, il volume lo firma prima di tutto a suo nome, invece di nascondersi, con minuscoli caratteri, sotto quelli di solito cubitali con cui vengono presentati simili capolavori. Insomma, senza tanti infingimenti, ce lo dice: questa è opera sua, questo è il suo Baudelaire.
Non per niente, nella nota introduttiva, in intimo e amichevole dialogo con il lettore, egli suggerisce anche da dove prendere le mosse nella propria lettura: “Parlo della celebre poesia A una passante e vi consiglio di iniziare proprio da lì. A una passante sta alla poesia francese come L’infinito di Leopardi sta a quella italiana: tutti la conoscono a memoria, ma ogni volta vi scoprono tesori nascosti, cosa che avviene quando i versi sono archetipo e sorgente”.
Naturalmente, spetterà a persone con competenze molto più specifiche e approfondite di chiarire se, come per esempio ha scritto Carmelo Claudio Pistillo, su “Libero” (https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/39204501/ecco-baudelaire-piu-somiglia-baudelaire.html), si sia in presenza del Baudelaire che più assomiglia a Baudelaire.
A una veloce lettura – e certo con tutta la buona fede che è d’obbligo concedere a un poeta con una così vasta e universalmente riconosciuta carriera alla spalle –, non pare che la traduzione presenti preoccupanti deragliamenti rispetto a quelle più note e recenti. Prenderne visione era, insomma, un obbligo che, come previsto, si è rivelato un gran piacere.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).