VALENTINO FOSSATI, “PERCHÉ SARANNO NEVE” – LA POESIA SCOMPOSTA SULLA PAGINA (di Matteo Fais)
Esiste un motivo se definire in senso univoco cosa sia poesia è attività quasi certamente votata al fallimento. Non esiste un inquadramento di stampo aristotelico – o quantomeno a lui attribuito – con un canone stringente, un insieme di norme certe entro cui muoversi.
Tutto ciò si nota bene leggendo l’ultimo libro di Valentino Fossati, Perché saranno neve (peQuod) in cui il testo si sfalda, esplode sulla pagina in una struttura di straniante precisione entro cui gli occhi del lettore si muovono, con salti mortali, alla ricerca di un senso disseminato, sparpagliato, nascosto tra voce e silenzio.
Dice Alfredo Rienzi, nella postfazione, Lo splendore ferito, che “cariche di suggestioni scenografiche e musicali, molte sequenze si indirizzano verso un recitativo teatrale”. Con ciò non si intenda ovviamente che, come nel poetry slam, i versi siano inscindibili dalla presentazione pubblica che l’autore ne dà, bensì che i passi del poeta in questione necessitano spesso di essere trasformati, anche in una lettura personale, in parole e pause, respiri ed emissioni vocali, cercando di mutare quegli improvvisi rientri del verso nella riga, le parentesi, come tutto ciò che emerge al margine o al centro della pagina in un ritmo musicale e psicologico che ognuno dovrà cercare di ricostruire partendo dalla disposizione tipografica.
Inconsueto spartito quello di Fossati, difficile da riportare anche in un tentativo di recensione, senza strappare la pagina e riproponendola nella sua interezza. Indiscutibilmente, vi è per questo testo la necessità di sentirlo o vederlo, non potendolo proporre nel classico modo, in cui viene resa la mera scansione dei versi nello spazio critico.
Non meno complessa, né tantomeno dolorosa, è la ricostruzione di questo straziante viaggio tra le tematiche classiche della poesia dell’autore fatte di ossessioni, infanzia, ricordi nitidi improvvisamente sfuocati, padri, madri, ospedali e internamenti.
“Il più intimo mio/ denudato/ eccomi” scrive lui ed è del resto un qualcosa a cui il suo lettore sarà abituato, il disporsi alla confessione di un compagno di inferno per dirla con Rimbaud, la materia vitale che trova il suo esorcismo nella trasposizione lirica, che soppesa meraviglia e tenebra rifiutando la razionalizzazione del discorso comune.
La seconda sessione del testo, intitolata Le parole del padre, assume invece una struttura più canonica e di facile fruizione, pur restando incentrata su visioni e immagini che si stagliano chiedendo di essere decifrate, insistendo nella domanda di seguire il poeta in un percorso memonico evidentemente travagliato e tortuoso.
Fossati resta un poeta atipico e certo unico nel suo genere che, non per niente, si è ritrovato amorevolmente rinchiuso in Dimmi un verso anima mia. Antologia della poesia universale di Davide Brullo e Nicola Crocetti. Inestimabile riconoscimento essere inchiodato alla Croce dell’eternità da due personaggi che sanno alternare senza remore la carezza alla tortura. Tutto meritato, non c’è dubbio.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).