Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

HANNAH PEARL DAVIS, LA DONNA CHE HA PRESO PER IL… TUTTI I CONSERVATORI E LA MANOSPHERE (di Matteo Fais)

La prima cosa da capire della Manosphere (ovvero della comunità maschile, prevalentemente virtuale, che ogni giorno si interroga, e sovente delira, sulla propria condizione di genere) è che, a fronte di tutti i discorsi vagamente misogini e le cattiverie contro le donne, nutre un profondo bisogno di attenzione e validazione, come la si suol chiamare, da parte femminile.

Non esiste uomo più dipendente dall’altro sesso di chi passa tutta la giornata a dire peste e corna su quest’ultimo. Anche perché, in massima parte, si tratta di ragazzi feriti e insicuri che, se ricevessero due moine e una carezza al profumo di estrogeni, possibilmente non provenienti dalla propria madre, capitolerebbero miseramente dimostrando la più grottesca gratitudine.

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Ogni volta che si confrontano tra di loro, specie in forum chiusi, seppur con sospetto, permettono sempre a qualche donna di prendere parte al dibattito. Probabilmente, per quanto l’effetto echo-chamber li soddisfi almeno in buona misura, si rendono ben conto di come un discorso che non contempli mai l’assenso della parte avversa è, oltre che da sfigati, privo di quella controprova utile a non sentirsi semplicemente come matti chiusi tra le mura di un manicomio.

Le donne, che sono tutto fuorché delle creature ingenue e sprovvedute, questo l’hanno ben compreso: anche per dire il peggio sulle femmine, un uomo ha bisogno che almeno qualcuna tra loro confermi la sua visione. Infatti queste, come tutte le creature che non avendo la forza hanno dovuto affinare l’arguzia, hanno subito colto la palla al balzo. Se esiste una porzione, per quanto minoritaria, di maschi che nutre astio verso l’altra metà del cielo, questa può essere sfruttata e lusingata per ottenere visibilità e successo.

È il caso, per esempio, di Hannah Pearl Davis, famosissima youtuber statunitense, la quale dimostra meglio di chiunque altra che, se il demonio esiste, i suoi genitali non sono certo maschili. L’ex signorina, non proprio una fica stratosferica e dall’aria mestamente consumata, neanche trascorresse le notti in preda all’insonnia, se l’è sapute giocare bene le sue carte. Visto il successo di decerebrati alla Andrew Tate – a cui spesso viene paragonata –, presso una platea di disagiati, ha pensato bene di rigirare le medesime tesi estremiste, aggiungendo a queste l’imprimatur vaginale che serviva per renderle più credibili. “Visto, visto”, diranno i fessacchiotti, “lo dicono le donne stesse che sono tutte sanguisughe spilla soldi, maledette e puttane, che sposarsi è una fregatura”. Naturalmente, i gonzi ci sono cascati come insetti sulla carta moschicida.

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La Davis, in ogni spazio concessole, dai social alla televisione, va in giro ripetendo esattamente tutte le stronzate che il maschio medio in crisi vuole sentirsi dire, calcando la mano anche oltre il necessario. Quindi eccola che sbraita, con la postura di chi abbia un bastone conficcato su per il retto, contro il voto alle donne, perché il fatto che queste fruiscano di tale diritto porta divisione all’interno delle famiglie – non sia mai che marito e moglie abbiano una diversa ideologia. Ovviamente, però, lei di politica parla, anzi straparla, invece di tenere la bocca chiusa, come si converrebbe alla società patriarcale da lei tanto auspicata.

In un crescendo ridicolo, eccola aggiungere che sposarsi e fare figli, oggi come oggi, non ha senso. Questa è la scusa migliore che si possa fornire a un conservatore del menga per non fare il grande passo. Costui avrà così buon gioco nel sostenere che, se non convola a nozze, non è perché lui non vorrebbe, essendo che appoggia la famiglia tradizionale, ma perché la situazione, a livello di giurisdizione, non lo permette. Non per niente, conservatori seri, come Matt Walsh, respingono la sua posizione avanzando giustamente la considerazione che, se è giusto lottare per cambiare il Diritto così sbilanciato a favore della donna, non si può abbandonare ogni istinto vitale, prima che le cose mutino, privandosi così di una discendenza e delle possibili gioie legate alla paternità – essendo, peraltro, che niente esclude la possibilità che il proprio sia un matrimonio fortunato.

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La ciliegina sulla torta, però, arriva quando la Davis inizia a sparare a zero contro le donne che detengono un alto numero di bodycount che, per chi non lo sapesse, corrisponde al numero di uomini che una ha alle spalle. L’uomo, sostiene lei, vuole freschezza e purezza, cosa che praticamente nessuna, oggigiorno, può ancora offrire. È chiaro che, quando fa così l’intemperante, si sente ogni volta domandare dal suo interlocutore: “Scusa, vorresti forse farmi credere di avere l’imene intonso?”. L’ormai ex ragazza ha escogitato una risposta tipo che è la quintessenza della paraculata – per la quale meriterebbe la cittadinanza italiana onoraria. In sintesi, la sua replica è che no, non è vergine, ma se tornasse indietro non si butterebbe via così e, se accade che in passato l’abbia data a destra e a manca, è solo perché anche lei era vittima del lavaggio del cervello a cui sono sottoposte tutte le giovanissime, a seguito della rivoluzione sessuale.

Capito l’antifona? Praticamente, fa come il serial killer che collabora e rivela dove abbia nascosto i cadaveri, in cambio di vedersi condonata la pena capitale. Si autodenuncia per poter essere meglio assolta. Invece di assumersi l’onere delle proprie azioni, si deresponsabilizza facendo cadere tutte le colpe sulla società. Diabolica, ma geniale. E non è la sola: praticamente tutte le donne, che appoggiano certi striscianti discorsi contro la libertà femminile odierna, hanno visto più peni in erezione che penne biro, fin dall’adolescenza.

Purtroppo, molti maschi del giro social, totalmente privi di esperienza di vita, non hanno compreso un antico insegnamento dei vecchi saggi, ovvero che, tendenzialmente, quando si è a letto con una, credere di averla fottuta è solo un’illusione. Più spesso di quel che si creda, è lei ad avercela tirata in culo.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

3 commenti su “HANNAH PEARL DAVIS, LA DONNA CHE HA PRESO PER IL… TUTTI I CONSERVATORI E LA MANOSPHERE (di Matteo Fais)

  1. Il caro autore (dove il “caro” non ha il senso ironico che Agnelli usava quando si riferiva a Schumacher, ma è un riconoscimento sincero per l’indubbio valore letterario) dovrebbe fondamentalmente capire tre cose, sulla manosphera a dintorni (più o meno filosofici).

    PUNTO PRIMO:
    La manosphera, nelle sue sfaccettature per lui più dialetticamente tragicomiche e umanamente sfigate, non è altro se non la speculare, umana, a volte discutibile, ma comunque necessaria (e neppure eccessiva) reazione allo “womansplaning” (che ci ammorba dai tempi di Virginia Woolf e delle sue paturnie pseudo-sentimentali, ma che oggi, dalle scartoffie della peggior letteratura anglosassone, è divenuto rumore universale e universal narrazione femminil-femminista, a cui è improntato non solo ogni angolo letterario reale e virtuale, ma pure tutta la tv, tutto il cinema, tutta la cultura “ufficiale”) nonché (soprattutto) alla grandinata di propaganda femminista e di misandria culturale (nonché economica e giudiziara) che da almeno vent’anni si riversa sul genere maschile. Davanti a donne che si lamentano dei complimenti per strada (“catcalling”), che chiamano violenza uno sguardo (“è molestia…”) e stalking un corteggiamento (“deve essere autorizzato), è normale che uomini dotati di sensibilità e intelletto rispondano raccontando quanto per loro (per noi) sia ben peggio essere sessualmente trasparenti all’altro sesso (e venire trattati da “sfigati” anziché, per quanto volgarmente, “complimentati”), quanto sia ben più molesto per noi il costume femminile (ormai percepito come “diritto” ed anzi “bello dell’essere donna” di suscitare disio (con parole ambigue, ammiccamenti, svestimenti) solo per compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda e umiliante possibile da una raffinata e studiata perfidia, possa provocare le pene dell’inferno della negazione dopo le tacite promesse del paradiso della concessione), quanto sia ben più “violento” subire (per strada, sul lavoro, nei luogo di divertimento) la sessualità femminile (consistente nel diffondere ad arte seduzione su tutto e tutti, negandone peraltro ipocritamente la natura sessuale – “lo facciamo per piacere a noi stesse” -, e, spesso, nel “fare le stronze” come appena descritto) ed essere “costretti” (da natura e società) a corteggiare, a fare la prima mossa alla cieca senza sapere se sarà gradita, a passare sotto le forche caudine del corteggiamento nel quale tante, troppe donne potrebbero permettersi di tutto (qualunque ferimento intimo, qualunque irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica o privata, qualsiasi inflizione di patimento al corpo e alla psiche). Davanti ad una società nella quale si parla di “patriarcato”, è doveroso replicare (dati sulla povertà e sentenze di divorzio alla mano) che se c’è una categoria vessata e una figura mancante quella è la categoria e la figura del padre. Davanti a donne che si lamentano di “non trovare uomini” alla loro “altezza” è auspicabile rispondere raccontando (ancora una volta dati alla mano: questa volta quelli di Tinder e dell’incellitudine) le storie di vita di chi è stato sempre rifiutato non perché davvero “brutto e sfiguato”, ma solo perché non nel top 5 percento per look money e status (perché quelle solo nel “altezze” che anche le più modeste donne emancipate pretendono…). Dentro un mondo che si lagna sempre più delle presunte “discriminazioni” verso le donne (fino a inventare inesistenti “salary gap” e ad introdurre “per bilanciamento” discriminazioni contro gli uomini come le quote rosa, i posti riservati nelle aziende e all’università, ecc.) è urgente far notare quanto per la donna la carriera si una scelta (libera e legittima, chiariamo), mentre per l’uomo un obbligo (sennò resta socialmente trasparente e sessualmente negletto, non avendo “gratis” dalla natura i modi di influire nel mondo e di attrarre nell’amore propri della donna e dovendoseli costruire socialmente ed economicamente con merito o fortuna…). Di petto alle femministe che parlano di “cultura dello stupro” è indispensabile far notare come ormai (con sentenze della cassazione che ritengono valida una condanna formulata basandosi in via esclusiva sulla testimonianza della presunta parte lesa, senza alcun riscontro oggettivo o testimonianza terza della presunta “violenza”) si sia, piuttosto, all’estremo opposto dello stupro del diritto e della ragione (come nei casi celebri dei figli di noti politici, ma anche di quelli, meno celebri, che colpiscono uomini meno fortunati: uno su tutti, Carlo Parlanti, della cui vicenda ricorre quest’anno il ventennale). Poi sì: proprio perché fenomeno speculare al femminismo (come sostiene una mia cara amica – ma in questo caso il cara è inteso all’Agnelli, ossia “che costa caro il suo ingaggio”), anche nella manosphera c’erano inizialmente gli “sfigati” che erano lì solo per sfogare le loro sfighe, così come nel femminismo di una volta c’erano principalmente solo racchie intellettualizzate che avevano quelle idee solo perché non potevano avere uomini. Ma non siamo più (nemmeno in Italia) ai tempi del “forum dei brutti”: ora che il blog del redpillatore è quasi più mainstream di quello della Ferragni, nella manodopera ci sono anche i Chad, i MgTOW che (pur senza sposarsi) sfruttano la redpill per godersi meglio la vita (anche con le donne), gli sugardaddy più o meno felici (come il sottoscritto), gli sposati, i tradizionalisti, i progressisti, insomma, la varia umanità di ogni grande “partito”. E bollarli tutti come tragicomici Fantozzi o blackpillati incel è tanto ridicolo quanto bollare, oggi, di sfigate tutte le femministe, quando il femminismo mainstream è oggi sostenuto dalle modelle, dalle attrici, dalle fighe qualunque…
E poi sì: ci sono esagerazioni con poco senso, tanto in direzione di un pessimismo cosmico peggiore di quello del Leopardi (il quale, come ci insegna il De Santis, aveva l’effetto di farci amare l’arte, l’amore, la vita proprio in quanto illusioni…) quanto in direzione di una misoginia di stampo religioso che vede nelle donne delle creature prive di qualunque pregio (“sono tutte stupide e cattive”, “stanno solo sui social”, “premiano i criminali”, “disprezzano gli studiosi e i bravi ragazzi”, “sono incompatibili con la civiltà”, “selezionano al contrario”) e metafisicamente portate al male (“non hanno morale”, “ci allontanano dai nostri doveri”, “ci tentano”, “sono crudeli come la natura”) che colpevolizza la sessualità femminile (in maniera simmetrica – e quindi parimenti assurda – a come le femministe colpevolizzano la nostra) e propone il monachesimo come risposta e che un Nietzsche per primo avrebbe gettato nel cestino (assieme a tutto il resto di un certo medioevo troppo cristiano e sessuofobico). Però, però, però giudicare tutta la manosphera sulla base di ciò e, soprattutto, senza considerare la montagna di misandrìa, perfidia e menzogna partorita dalla controparte femminile (ed istituzionalizzata dall’occidente come femminismo/progressismo mainstream) rispetto a cui anche questo è risposta (magari non tutta corretta, ma sicuramente tutta comprensibile) è qualcosa di tanto intellettualmente scorretto e ridicolmente partigiano da battere (quasi) l’antifascismo. Non vorrai assomigliare a quelli che hanno sempre sulla bocca il “delitto Matteotti” e fingono di non sapere (o non sanno affatto) che dove il fascismo, negli Anni Venti, non ha vinto (tipo l’Ungheria) i delitti erano migliaia in un mese (vedi il regime di Bela Kun) e manco potevano avere nomi? O che vogliono farci credere l’Italia del primo dopoguerra fosse un paese libero e democratico in cui i fascisti come barbari calati dal chissà dove abbiano portato manganello, olio di ricino e censura perchè metafisicamente cattivi… (come se anche Giolitti non avesse i mazziatori, come se non ci fosse stato un governo che avesse accettato l’ignominia di Versailles ed avesse fatto sparare su D’Annunzio a Fiume, come se la caccia al reduce di guerra promossa dai giornali socialisti, il biennio rosso di rivolte per cercare di fare in Italia come in Russia, la dittatura delle cooperative del lavoro, la violenza di piazza sistematica dei rossi, le condanne alla morte sociale e le aggressioni personali continue a chi rosso non era, il tentativo insomma di avere ragione con la bruta forza del numero, non fossero antecedenti tali da far apparire l’assalto all’Avanti condotto da Ferruccio Vecchi e Marinetti nel 19 e quanto ne seguì come una forma di necessaria autodifesa e di auspicabile riscossa nazionale). Questo ti deve dire un fiero incel-fascist…

    PUNTO SECONDO
    Bisogna stare attenti a non ridurre l’ermemeutica nietzscheana alla abusata frase (priva di senso se posta fuori contesto) “non ci sono più fatti ma solo interpretazioni”. Essere “relativisti” non significa affatto negare i fatti, la natura ed accettare l’irrealtà (come gli idealisti romantici di ieri e i bluepillati di oggi che parlano di “sono stronze perché tu le vedi come tali”, “non sei attraente perché non ti vedi come tale”, “non hai successo nel mondo perché non credi in te stesso” e via andare). E vivere come se il mondo fosse davvero “quello che l’io immagina”. Possiamo dare le interpretazioni che vogliamo, ma che le donne siano oggi più stronze e che sposarle (ma anche solo corteggiarle) sia qualcosa da evitare come la peste restano fatti. Non stronzate. Ovviamente ciò non significa che le donne siano metafisicamente più cattive o antropologicamente più portate di noi a fare il male. Ma solo che hanno più possibilità ad essere stronze. Sia umanamente (perché per le ben note disparità di numeri e desideri nell’amore sessuale hanno, a parità di altre condizioni e se non intervengono bilanciamenti sociali o economici bollato oggi come patriarcato o discriminazione, più potere contrattuale e già nel primo contatto hanno il privilegio di non doversi, come noi, esporre, ma di poter restare ferme sul loro piedistallo a selezionare più o meno spietatamente chi si fa avanti per primo e a decidere a capriccio se divertirsi con lui o di lui), sia socialmente (perché per le leggi a senso unico sul divorzio hanno interesse ad interrompere un’unione portandosi via la casa e metà o più della cassa), sia giudiziariamente (perché possono accusare in qualunque momento qualunque uomo per qualunque motivo – dalla ricerca della notorietà e del risarcimento al gratuito sfoggio di preminenza e alla vendetta arbitraria – e farlo finire in galera senza rischiare praticamente nulla, per via delle leggi vaghe e onnicomprensive sulla violenza sessuale e sullo stalking). Se le condizioni al contorno fossero invertite, sarebbero gli uomini ad essere parimenti “stronzi” (sia nei matrimoni, sia nei tribunali, come avviene in Iran). Solo un imbecille può dare consigli di seduzione in questo secolo dove a prescindere dalla propria fiducia, dalle proprie convinzioni, dalle proprie visioni, solo chi è al top per look, money e status può avere potere contrattuale con le donne. Gli altri, facendosi avanti, rischiano nel migliore dei casi di essere friendzonati, nel peggiore di venire denunciati per molestie (o per stalking se ascoltano i consigli di chi dice: “non bisogna arrendersi ai primi dinieghi perché la donna li pone come test). E in tutti i casi di essere illusi e feriti intimamente dalla stronza di turno. Certo, non tutte sono stronze, ma poiché non lo si può certo sapere in anticipo, è da cretini “provarci”: è come giocare alla roulette russa (di russo meglio le escort). E se la roulette sentimentale lascia segni solo sulla psiche, quella matrimoniale giudiziaria può lasciarli sulla vita. Chiedere a tutti quei padri separati che sono finiti a dormire in macchina per pagare gli alimenti o comunque ad avere una vita con molte più restrizioni di quella precedente solo per permettere alle dx mogli di “mantenere il tenore di vita del matrimonio” anche da divorziate (e magari dopo che sono state le mogli a tradire – perché ormai la fedeltà non è più un valore). A chi, dalla fine della generazione X in avanti, ha avuto questo come esempio, non si può chiedere di essere i prossimi a sperimentare quanto sia bella la “libertà femminile” di farci finire sul lastrico mentre loro si godono la nostra casa e i nostri soldi col nuovo amante. Certo, anche qui non tutte le donne si comporterebbero così. Ma poiché la legge permette questo comportamento a tutte, è da irresponsabili puntarsi la pistola alla tempia senza sapere se c’è il proiettile e da criminale incitare i giovani a farlo (come quel conservatore che citi). Quanto al fatto di “bisogna pur trovare quella giusta”, si tratta di ingenuità: date le disparità di attrazione e di “valore medio di mercato” fra uomini e donne provarci con tutte sperando l’ennesima sia la volta buona è come pensare di poter vivere comprando biglietti della lotteria. E fare così, sul piano strettamente sentimentale, può anche essere al limite sopportabile, farlo anche su quello esistenziale, economici e legale è da imbecilli (mi viene un dubbio: se quelli di sinistra, Berlusconi dixit, sono coglioni, a destra siamo forse imbecilli?). Specie in Italia, dove gli stipendi sono bassi, la casa e i soldi dei genitori sono spesso l’unica ricchezza rimasta del boom e le speranze di “rifarsi” lavorando duro grazie al merito e allo studio sono ridotte al lumicino (una volta persa la casa, non basterebbero due vite con gli stipendi attuali per ricomprarsela, ammesso di avere accesso al mutuo, con tutti i lavori precari che toccano ai giovani). E specie perché, oggi, grazie a simpatici regali di Bongiorno&C come il “codice Rosso” (se la sinistra, col femminismo, si limita a dire rumorose stronate, la destra in silenzio fa i danni veri) possiamo rischiare, con un provvedimento di polizia (quindi non solo senza alcun grado definitivo di giudizio, senza nessuna prova in tribunale, ma anche senza alcuna decisione del giudice), di vederci sequestrati (come capita agli accusati di associazione mafiosa) la macchina, la casa, il conto corrente e via andare, se solo la nostra lei con cui abbiamo avuto la cattiva idea di convivere (non necessariamente di sposarci) si inventa (o esagera ad arte) una “violenza domestica”. Lo dicevano vent’anni fa i MRA: i giovani devono essere messi in guardia da questi pericoli. E non certo, come fai tu, invitati a sottoporsi ad essi con argomenti degni di una normocarina che inviti i “maschietti” a provarci (“ah, ma devi vincere le tue paure, devi mostrare di essere uomo… poi non sai che cosa ti perdi se non ci provi…”). Altro fatto, se permetti, è la coincidenza fra quanto le femministe chiamano “patriarcato” (ed io “mos maiorum”) e la “fase ascendente” di una civiltà. E’ successo mille volte nella grande storia umana che le civiltà nascano sotto il segno virile, edifichino le proprie mirabili costruzioni fondandosi sui valori virili, guerrieri e aristocratici che conosciamo leggendo l’Iliade, l’Eneide, la Baghavad Gita, l’Edda, il Beowulf (come tutte le altre opere contenenti la visione del mondo dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà) e poi declinino “al femminile” (vedi, una per tutte, la mia cara Costantinopoli). Che sia perché, come ci direbbe Evola, solo ponendo come “vera vita” quella spirituale ed ascendente data dal padre (e non quella corporale e conservativa data dalla madre) si può “conoscere gli stati superiori dell’essere” e mantenere in piedi un ordine sociale e politico “di tipo superiore”, che sia perché, come lo correggerebbe Nietzsche, la biologia (e non lo spirito) è la base di tutto e in essa siamo noi “spermatozoi senzienti” (e non già gli ovuli, per i quali basta il semplice esistere) il sesso per cui vita e vittoria coincidono (e per cui quindi la vita deve essere continuo superamento di sè e non semplice conservazione) e grazie a cui la distruzione si fa creazione, la guerra nazione, l’agone omerico splendido edificio di civiltà ellenica o che sia più prosaicamente perché, come sostengono gli incel, un regime “patriarcale”, limitando lo strapotere sessuale femminile, garantisce a tutti gli uomini di buona volontà una “sexual reward” e quindi, al contrario del matriarcato (dove solo il 5 percento degli uomini ha cittadinanza sessuale ed è quindi incentivato a contribuire al bene pubblico) può contare sull’apporto fattivo e inventivo di tanti uomini che, per quanto non belli, possiedono virtù più utili allo stato, alla civile convivenza e al progresso tecnico, rispetto ai muscoli e alla “dominanza” con cui selezionano le donne secondo la bruta natura, resta il fatto che la distruzione del patriarcato sta coincidendo con la sparizione etnica (non più con la sola decadenza) dell’intera civiltà europea (e non è, come detto, che l’ultimo caso nella storia). Quindi, per piacere, evita anche di fare paragoni fra quanto si dice fra i “conservatori” dalla manosphera ed i deliri del femminismo post-Cecchettin. In questo caso siamo su piani metastorici ben diversi. Come la realtà ci mostra. La stessa realtà che Nietzsche chiamava a testimoniare nell’Anticristo, a proposito della morale da Signori dei Greci e dei Romani che aveva permesso all’uomo di tendere verso l’alto “con tutto il buon gusto del mondo” contrapposto alla morale degli schiavi portata dal cristianesimo e basata sull’irrealtà (oltre che sul risentimento) con la quale l’umanità occidentale subì un regresso di secoli… Il “pensiero reazionario” non si può ridurre ad un mero “coping” per dare senso alla vita di qualche sfigato o di qualche folle, anche se, certo, rileggere tutto Nietzsche e scoprire Evola ha fatto molto bene alla psiche di uno come me, che dopo lo “stupro psicologico” di una Chiara di Notte (e i suoi proclami sull’uomo destinato ad estinguersi come i dinosauri perché inutile in un mondo tecnologicamente evoluto) pensava davvero al suicidio ed invece… da incel e basta è diventato incel-fascist!

    PUNTO TERZO
    Capire Nietzsche significa altresì comprendere come la dimensione temporale non sia una retta in cui esistono solo il progresso o il regresso, ma una sfera, in cui in ogni momento le forze in campo (scontrandosi) possono decidere fra tante direzioni (nessuna delle quali necessitata, tutte implicanti prospettive diverse, compresa in cui il passato diventa meta e modello per il futuro). Più in soldoni: non tutti noi “reazionari” della manosphera siamo necessariamente orientati ad un ritorno al passato, alle tradizioni cavalleresche dei “ruoli di genere” (incluso il corteggiamento), alla sessuofobia medievale (incluso il mito della donna “pura”), alla misoginia di stampo biblico. Molti, come me, farebbero volentieri a meno di certi “ruoli” (tipo quello del conquistatore amoroso), di certi “doveri” (tipo morire in guerra per una società di cui le donne colgono i frutti senza dover rischiare la vita), di certi “stereotipi di genere” (perché, come aveva capito Nietszsche, “le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono, gli uomini sembrano crudeli, le donne invece lo sono”). E vedono la lettura dei grandi pessimisti come Leopardi e Schopenhauer quale utile strumento per capire quanto di male c’è nella società tradizionale italiana (la donna italiana che è sempre tale e quale i tempi in cui il Leopardi è stato a Roma, dove “disprezzano tutti, anche i giovanotti belli e ben vestiti, si divertono solo loro e non si sa come e non la danno”) e quanto di buono potremo in futuro riprendere da una civiltà altra come l’Islam (la legalizzazione della poligamia, che eliminerebbe tante ipocrisie e al contempo farebbe abbassare la cresta alle “dame”, e la distruzione della figura della dama stessa, “mostro della società occidentale e della stupidità cristiano-germanica di cui tutto l’oriente ride come ne avrebbero riso i Greci”). E nemmeno sta scritto che dobbiamo essere tutti contrari alla libertà femminile. Anzi: a me, ad esempio, piace talmente tanto che anche io la voglio. E se, per averla (per avere, dico, la stessa libertà sessuale de facto, la stessa possibilità di scelta, la stessa forza contrattual che le donne hanno in amore per natura) devo ricorrere ad un sistema politico opposto all’attuale e ad un’ ideologia diversa da quella mostrata come “inevitabile” dai Fukuyama di turno, non esisto ad abbandonare il fronte liberale (cosa da me fatta nel 2008 dopo l’episodio del “condannato per uno sguardo” che mi fece aprire gli occhi sul vicolo cieco in cui la società occidentale si era ficcata). Bisogna avere cento prospettiva davanti, dietro, sotto di se, come diceva lo zio Friedrich. Per me le ideologie politiche e le idee filosofiche sono come i vestiti: quando non ci stiamo più dentro o possono essere allargate o devono essere buttate e sostitute. Ed io come sostituta del mondo liberale venduto al femminismo ho trovato la Tradizione. Come vedi nessun dogmatismo, nessuna nostalgia, nessuna chiusura e tanta voglia di sperimentare nuove vie. Però, se abbandoniamo discorsi anagogici e giochiamo a fare gli eudemonici (come tu fai criticando la protagonista dell’articolo e i formasti della manosphera: “tutti cerchiamo solo di vivere bene”, io ti sto solo seguendo, perché se parlassi di spirito o di vita ascendente mi prenderesti in giro), allora torniamo al discorso di prima: sposarsi è follìa. I ricchi non si devono sposare perché rischiano la ricchezza, i poveri non si devono sposare perché rischiano di perdere anche quel poco che hanno e di non più poter almeno vivere tranquilli seguendo i propri hobbies. Lo diceva già Arthur a inizio Ottocento, figuriamoci oggi ad inizio Duemila! Il bravo ragazzo-tipo di questo secolo ha passato la sua verde etade a fare all’amore col telescopio (perché le coetanee, su cui già fioriva la bellezza, non erano attratte – fatta eccezione per i boys al top per look – dai loro corrispettivi maschi che ancora non potevano possedere money e status), ha in molti casi speso di sè e del proprio tempo primo “la miglior parte”a studiare duramente (nella speranza di ottenere per merito un accesso al mercato del lavoro in grado di dargli un giorno ricompensa economica e preminenza sociale tali da risultare interessante ad occhi femminili) e proprio ora che (se gli è andata bene) ha non dico la ricchezza e la fama per scopare gratis delle modelle, ma almeno la possibilità materiale di divertirsi (e far divertire con un certo stile di vita) qualche sugarbaby, o anche solo di farsi qualche sana chiavata con una escort di un certo livello, e tu lo vorresti sposare a quelle stesse normocarine pretenziose che lo hanno snobbato da giovane, che si sono divertite (se non alle sue spalle, almeno lasciando lui al palo) per tutta l’età scolare, che hanno vissuto il pieno del loro “cazzosello” facendo il bello ed il cattivo tempo nei primi approcci all’amore, sballandosi e facendosi sbattere (dai chad) tutti i sabati in discoteca mentre negli stessi luoghi e nelle stesse circostanze lui doveva andarsene.o reprimersi, guardare e non toccare, lasciarsi irridere e prendere in giro, umiliare e perculare, o comunque stare al gioco senza potere per poi essere scartato? Se anche non esistesse il “contesto giudiziario sfavorevole” al matrimonio di cui si parlava al punto precedente, basterebbe il ricordo della ben diversa condizione esistenziale giovanile a suggerire la risposta negativa. Ora tocca a noi goderci la vita. Se non ora quando (tanto per rubare uno slogan a loro)? Ha ancora una volta ragione il redpillatore: accettare di “prendersi le proprie responsabilità” (di fatto, le responsabilità di scelte altrui, quando si tratterebbe di dare nome e mantenimento a figli fatti con altri) sposandosi o comunque mettendosi assieme ad una donna significa fare come chi, escluso da una festa fino a cinque minuti dalla fine, viene fatto salire quando il meglio è già stato bevuto e mangiato con l’invito: “è rimasto qualche avanzo e poi ci sono da lavare i piatti”. Fra l’altro, già che la purezza, di una donna interessa la bellezza e quelle “troppo in là” con gli anni o con le esperienze se la sono troppo spesso sciupata. Il patriarcato aveva il merito, almeno di dare una donna mediamente più giovane e più bella (oltre che disposta ad accudirci). Oggi, invece, dovremmo (per via del minore potere contrattuale maschile) accontentarci di una più brutta di noi, spesso più vecchia (le più giovano se la spassano con i bellocci su Tinder) e sempre senza alcuna voglia di “fare la donna” (se non quando c’è da farsi pagare la cena o da farsi corteggiare). Che qualche fortunato conservatore d’oltreoceano abbia trovato qualche perla rara non cambia il discorso. Dobbiamo avere statistical reasoning: non possiamo ragionare in base alle eccezioni. Ancora una volta, non si può vivere confidando di aver pescato il biglietto della lotteria. Infine, pur non cedendo alla demonia dell’economia di cui sono vittime marxisti e liberali, non possiamo non fare i conti con… i conti. Fa presto l’Americano (o il nordeuropeo) a dire che ci si può sposare, quando là il primo stipendio per in laureato top è 100.000 dollari all’anno o 5000 euro al mese. Per noi, che, ai primi impieghi, navighiamo fra i 1000 e i 2000 (con prevalenza nella parte bassa), anche solo “andare fuori di casa” significa sputtanare tutto lo stipendio per housing, bollette e vita spiccia. E rimandare a data da destinarsi quel minimo godimento della vita in prospettiva del quale abbiamo fatto fin da fanciulli tutti i nostri sacrifici di studio. Sono solo le normocarine che hanno goduto (in ogni senso, come da loro ammesso) pienamente la giovinezza a poter fare queste scelte dicendo “ora è il tempo del dovere”. Ma per chi dalla giovinezza, pur senza essere né brutto né sfigato, ha avuto solo attese, illusioni e delusioni, deve invece venire finalmente il tempo del piacere. E, purtroppo, con tutta la frustrazione che “le stronze ipergramatrici” ci hanno fatto accumulare negli anni, ci vogliono molte ricchezze da spendere in escort per “tornare in pari”. Altro che affitti, bollette, asili nidi, ecc.
    Detto questo, poiché alla fine non sono quel misogino che mi si crede, io non me la sento di “condannare” questa Hannah Pearl Davis perché si è goduta la vita ed ora vuole fare la santa. Tutti siamo portati, da giovani, a seguire i modelli in voga e solo con l’esperienza di vita capiamo quanto essi siano sbagliati. E’ capitato anche a me: anche io, da giovane, credevo nel capitalismo, nel giacobinismo, nel liberalismo…nella meritocrazia, nello studio, nell’impegno… e solo ora capisco che ho sbagliato a non iniziare prima a godermi la vita. D’altronde, non è la prima a fare così. Avresti potuto citare, come esempio principe, quello di Valentine de Saint Point, prima autrice del manifesto della donna futurista (quello dell’esaltazione per i soldati conquistatori e distruttori che poi “ricreano la vita con lo stupro” e del “donne, siate crudeli”) e poi allieva (e forse anche concubina) di René Guenon (altra guida spirituale di noi reazionari assieme ad Evola), convertita all’Islam. Mi sarei aspettato una citazione dotta del genere, da te. Non è che a forza di frequentare l’anglosfera (luogo antifilosofico per antonomasia, come diceva lo zio Friedrich) stai perdendo colpi?

  2. P.S. Intendevo ovviamente dire: “al contrario del matriarcato, […] il patriarcato può contare sull’apporto fattivo e inventivo di tanti uomini che, per quanto non belli, possiedono virtù più utili allo stato, alla civile convivenza e al progresso tecnico, rispetto ai muscoli e alla “dominanza” con cui, secondo la bruta natura, le donne selezionano…”

  3. “conservatori seri, come Matt Walsh, respingono la sua posizione avanzando giustamente la considerazione che, se è giusto lottare per cambiare il Diritto così sbilanciato a favore della donna, non si può abbandonare ogni istinto vitale, prima che le cose mutino, privandosi così di una discendenza e delle possibili gioie legate alla paternità – essendo, peraltro, che niente esclude la possibilità che il proprio sia un matrimonio fortunato.”
    Sono un ex padre separato (figlio ormai grande e autonomo), single; non conosco Matt Walsh e non ne metto in dubbio la statura intellettuale; la sua affermazione estrapolata mi fa accapponare: in Italia – e forse nel resto dell’occidente post-moderno – siamo, fra cessazioni di matrimoni e cessazioni di convivenze, a “uno su due”: una roulette russa con tre proiettili nel caricatore.
    Ho conosciuto diversi uomini con una “filosofia” alla Matt Walsh, che, tradotta nella banale prassi del vivere, significa adottare la strategia del “chiodo-schiaccia-chiodo” (“La prima m’era riuscita male per sfortuna”); ebbene: erano tutti uomini ai quali, dopo l’alleggerimento, “gliene avanzava ancora” (in fatto di status).
    Sarebbe interessante capire cosa Walsh intenda per “matrimonio fortunato” (quello intimamente vissuto o quello che appare all’esterno?): con un’equipe di ricercatori l’avevamo sondato nel 2011-2012, con l’unica indagine statistica italiana: https://www.vittimologia.it/rivista/articolo_macri_et_al_2012-03.pdf ; questo è il verminaio che gli uomini nascondono – per pudore e orgoglio – dietro le sembianze di matrimoni non ancora deflagrati.

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