Il Detonatore

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GABRIELLE BLAIR, “EIACULATE RESPONSABILMENTE”: ECCO UN’ALTRA FEMMINISTA CHE VUOLE DARE TUTTA LA COLPA AI MASCHI (di Matteo Fais)

Femministe e maschilisti hanno una strategia comune, quella che in inglese è chiamata Keep Your Hands Clean. Tale prassi consiste, in estrema sintesi, nel far ricadere tutte le colpe e le ragioni delle proprie sventure sul genere opposto, trovando un capro espiatorio, e figurando così, ogni volta, come irreprensibili, moralmente integerrimi. Questo tattica è, ovviamente, perfetta per deresponsabilizzarsi.

La tecnica in questione è la stessa adottata da Gabrielle Blair in Eiaculate responsabilmente – 28 buone ragioni (Feltrinelli). Per chi non la conoscesse, l’autrice è “una donna credente, madre di sei figli, diventata quasi per caso una opinion maker nel 2006, quando il mio neonato blog, Design Mom, ha spiccato il volo […] è stato nominato sito web dell’anno dalla rivista “Time”, ha vinto il premio Iris come blog dell’anno, e un mio libro (intitolato pure quello Design Mom) è finito nella classifica dei bestseller del “New York Times”. Omette però di precisare l’aspetto più importante, che emerge malgrado i tentativi di farlo passare sotto traccia, ovvero il suo essere femminista, come si evince da i riferimenti sparsi al patriarcato (“Ovunque, nel mondo, vige ancora una società patriarcale imperniata sul piacere degli uomini”).

La “tesi chiave” del testo è resa esplicita fin da principio: “il 99 per cento degli aborti” è “il risultato di una gravidanza indesiderata e […] i responsabili di tutte le gravidanze indesiderate sono gli uomini”, pertanto l’onere della contraccezione dovrebbe ricadere in prima istanza su di essi. Tale posizione sarebbe motivata dal fatto che i maschi sono più fertili delle femmine: “gli uomini hanno circa cinquanta volte più giorni fertili rispetto alle donne. Quasi sempre, quando fa sesso, una donna non può restare incinta, perché i suoi ovuli non sono fertili. Mentre un uomo – essendo sempre fertile – potrebbe ingravidare la partner a ogni rapporto. In teoria, in un anno, potrebbe mettere incinta una diversa donna fertile (o più di una!) al giorno, causando 365 (o più!) gravidanze. In quel medesimo anno, una donna può portare a termine un’unica gravidanza”. Insomma un bel salto dalla dimensione descrittiva a quella assiologia, come sempre del tutto arbitrario.

Ma non sono tanto le sue ovvietà sulla fertilità femminile e maschile, o le considerazioni quali “L’ovulazione è involontaria. L’eiaculazione è intenzionale”, a costituire il nocciolo duro e tossico del volumetto. Più interessante è il consueto tentativo di dipingere le donne in chiave vittimistica – anche in questo caso, esattamente la medesima prassi, in forma rovesciata, adottata dai maschilisti.

Per esempio, quando si parla di contraccezione femminile, in relazione al fatto che sulle donne graverebbe tutto il peso di evitare gravidanze indesiderate, viene delineata una situazione simile alla tortura, o comunque intollerabile, a cui queste sarebbero sottoposte: “Gli anticoncezionali femminili […] richiedono una ricetta. Il che significa che, per procurarsene uno, le donne devono fissare un appuntamento con un medico e sottoporsi a una visita […] chiamare il call center per la prenotazione; aspettare talvolta anche mesi per il primo appuntamento disponibile; racimolare i soldi per pagare il ticket; prendervi un permesso di lavoro […] e poi stendervi su un lettino con le gambe sulle staffe mentre il ginecologo esplora le parti più sensibili del vostro corpo con i suoi gelidi strumenti di metallo. Dopodiché dovrete andare in farmacia e farvi una bella coda di quarantacinque minuti”. Mon Dieu, ma come si può pretendere da una preziosissima principessa che vada addirittura dal medico? Perché non spedirglielo a casa – gratuitamente, è ovvio – che, altrimenti, fatica troppo a camminare sui tacchi fino allo studio. E, poi, addirittura, povera vittima della bramosia sessuale maschile, dovrebbe finanche attendere in fila alla farmacia – 45 minuti, per di più, manco fosse alla Caritas. Perché non crearle una corsia preferenziale?

E non finisce qui perché la saggista, quando le conviene, ama dilungarsi su tutte le pastoie che potrebbero presentarsi: “Se il contraccettivo prescritto dal medico causa effetti collaterali, tocca fissare altri appuntamenti, per discutere le possibili alternative o rettificare dosaggi o posizionamenti […] Anche se va tutto liscio, la trafila della visita medica andrà ripetuta con cadenza regolare per il rinnovo della ricetta […] L’elenco degli effetti collaterali […] è lungo e impressionante, e comprende depressione, spossatezza, emicranie, insonnia, sbalzi d’umore, nausea, dolori al seno, vomito, aumento di peso, acne, ritenzione idrica, trombi, infarto, ipertensione, cancro del fegato e ictus. In aggiunta, a seconda del momento nel ciclo mestruale, possono volerci da due a sette giorni perché l’anticoncezionale inizi a essere efficace […] Con i dispositivi intrauterini di rame, alcune donne soffrono di sanguinamenti quotidiani per mesi di fila, fino a oltre un anno […] Tutto questo richiede tempo, energie e risorse, e l’accumulo è esponenziale”.

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Le lunghe citazioni sono volte a dimostrare il livello di paranoia della narrazione femminista, così ironicamente vicino a quello dei bugiardini dei medicinali, elencando una serie di effetti tra i più estremi, senza specificare la rarità con cui questi si verificano. Difficile ritenere che non ci sia il preciso intento di fare terrorismo psicologico, per convincere le giovani donne di essere martiri di un potere patriarcale che sadicamente godrebbe nell’usare loro violenza, anche quando sembra garantire la libertà. Il risultato è, manco a dirlo, l’inasprimento della guerra tra i generi che già si è fatta oltremodo preoccupante. Esattamente come i maschilisti immaginano la selettività femminile alla stregua di una prassi nazista – come se il desiderio, in generale, non fosse basato per natura sul tracciare un discrimine –; similmente le femministe scorgono, negli unici ritrovati scientifici al momento disponibili, gli strumenti di soggiogamento e umiliazione del potere virile. Un bel manicomio, non c’è che dire!

La soluzione proposta è quella di passare il cerino acceso nelle mani dell’uomo. A evitare le gravidanze indesiderate dovremmo essere noi, al limite ricorrendo alla vasectomia che lei qualifica come un intervento abbastanza semplice, comunque meno impattante di qualsiasi trattamento ormonale perpetrato ai danni delle donne e meno invasivo di una eventuale chiusura delle tube di falloppio, oltre che ampiamente reversibile. In verità, pur essendo un’operazione non esattamente perigliosa, la possibilità di tornare indietro è assolutamente problematica – immaginate, dopo aver tagliato e annodato una corda, di doverla ricucire.

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Altrimenti sarebbe dovere del maschio, in qualsiasi caso, di far uso del preservativo. Direte voi che con tale dispositivo medico non si sente un cazzo – è proprio il caso di dirlo –, ma la Blair – che un cazzo non ce l’ha – ci tiene a sfatare questo mito: “Quant’è diverso il piacere del sesso con o senza il profilattico? Immaginiamo una scala in cui 0 indichi nessun piacere e 10 il massimo piacere fisico […] Al 7. Se non addirittura a un 8. Dunque la questione non è che il sesso con il preservativo non dà piacere; è solo che ne procura un po’ meno. Un 8 invece di un 10”. Insomma, si tratterebbe di una leggenda metropolitana che usarlo è come fare l’amore con una busta di plastica. Strano che molte donne lamentino a loro volta una riduzione nell’intensità del piacere. Saremo tutti vittima di una gigantesca illusione di massa. Peraltro cosa volete che sia, dopo esserselo infilato, mentre ci si sente sto pezzo di carne stretto in una morsa, avvertire forte nelle narici l’afrore della plastica e accarezzare i capelli di lei con le mani unte di vaselina. Niente di meglio per immergersi nella spiritualità dell’atto.

Comunque, è tutta colpa dell’uomo quando non se ne fa uso. A detta della scrittrice, le donne acconsentirebbero perché altrimenti i maschi potrebbero divenire pericolosi: “Non è un segreto che alcuni diventano violenti se vengono respinti. Ma pur sapendo tutto questo, chissà come gli uomini restano convinti che per una donna sia facilissimo esigere che il partner usi il preservativo, o negarsi se lui non lo fa. Se fossero loro a trovarsi nella stessa posizione delle donne – costretti a fare una richiesta sgradevole a una persona grossa il doppio e che potrebbe imbestialirsi –, sarebbero disposti ad avanzarla comunque?”.

Vi chiederete – e anche lei lo fa – “‘Perché le donne non si scelgono meglio i partner? Perché continuano ad avere rapporti con uomini violenti?’. E io vorrei rispondere: avete una lista, per caso? L’elenco con tutti i nomi degli uomini da cui le donne dovrebbero tenersi alla larga?”. Naturalmente non è colpa loro se vanno con i fratelli Bianchi, invece che con quelli che rientrano nel novero del civile consesso, ma di tutti i portatori sani di pene dispersi sulla faccia della terra.

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Niente da fare, il libro è tutto un profluvio – e una gigantesca scusa – per dire peste e corna di un genere. Per cui, malgrado l’uomo possa essere chiamato alle proprie responsabilità anche dopo anni, con un test del dna – mentre, se scopre successivamente che i figli non sono suoi, non può rinnegarli –, il principio, secondo lei, è che “Loro possono lavarsene le mani. Le donne no”. E se i lavori più umili, spesso scelti per portare il pane a casa, sono prevalentemente maschili, dal suo punto di vista, “Mettere al mondo un bambino è un’impresa rischiosa. Forse la più rischiosa in assoluto”.

Parliamo di una che si lamenta persino per la pillola del giorno dopo, perché “è sua responsabilità (della donna) procurarsela e pagarla (di tasca sua o chiedendo un prestito)”. Un prestito? Ma se costa dai 15 ai 30 euro. Capirete bene che qui non ci sono i margini per prendere una simile interlocutrice sul serio e tentare di ragionarci.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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