CARA PROFESSORESSA DI CESARE, BENVENUTA IN DEMOCRAZIA (di Matteo Fais)
Brutta bestia la democrazia! Questa uccide l’autorità, l’ipse dixit. Tutti possono sostenere la propria, avanzare dubbi, fin quando non si trascende nella violenza. Può parlare il verduraio, il postino e il netturbino. Poi, ci sono alcuni – tipo i docenti, specie quelli universitari – che contano di aver guadagnato il diritto alla sentenza ultima.
Spiace, ma nel mondo libero non funziona così. La professoressa Donatella Di Cesare lo sta capendo sulla propria pelle. Se è lecito che lei saluti, seppur in nome di una vaga comunanza ideologica, Barbara Balzerani, ex terrorista rossa, deve contemplare la possibilità che qualcuno avanzi un qualche dissenso di fronte alle sue opinioni e fascinazioni.
Certo, è assurdo dover spiegare tutto ciò a una docente di Filosofia così rinomata, la quale, al cospetto di un flash mob silenzioso dei giovani di Forza Italia, grida alla “intimidazione squadrista”, alla violazione della “sacralità dell’aula”. Belle parole, non c’è che dire. Le avrebbe potute fare sue anche Kim Jong-un, prima di spedire i dissidenti al campo di rieducazione.
La professoressa, fuor di dubbio, è una platonica pura, considera la democrazia “un variopinto mantello ricamato a fiori di ogni sorta”, insomma un casino totale, in cui tutti possono proferire la loro. Molto meglio che parli solo chi è tributato a farlo, i veri maestri come lei. Bisogna riconoscerle, a ogni modo, che non è la sola a vivere entro un tale orizzonte intellettuale che rasenta il manicomiale, il delirio del megalomane.
Sta di fatto che in una democrazia liberale, per definizione antiplatonica, l’aula può essere desacralizzata, il docente può parlare ma non pontificare senza contraddittorio. Anche se lei non se n’è accorta, viviamo in un universo postmoderno da circa cinquant’anni. La grande narrazione dell’individuo illuminato che funge da guida per i poveri popolani è miseramente crollata da tempo, soprattutto dopo che qualcuno si è reso conto di quanto la cultura ufficiale sia un’emanazione del potere dominante – in questo caso la Sinistra.
Se lei ha giustamente rivendicato il suo diritto ad affermazioni anche controverse – ed è sacrosanto che un docente non perda il posto di lavoro solo perché le sue prese di posizione infastidiscono, o risultano addirittura ributtanti entro un regime che respinge la violenza e il terrorismo –, deve comunque entrare nell’ordine di idee che queste possano generare una reazione – finché si resta nei limiti del civile.
Certo, poi, risulta quantomeno prossimo al cortocircuito intellettuale salutare una donna che ha scelto la via della lotta armata per affermare il proprio credo, passando sopra le Istituzioni e i propri rappresentanti, per poi inneggiare improvvisamente alla legalità e alla “tutela” da parte degli “organi competenti”.
La verità è che la professoressa rappresenta esattamente la Sinistra – tutta, nessun elemento escluso, da quella moderata alla più estrema – che tuona ogni volta contro l’assenza di democrazia, per poi desiderare di togliere radicalmente la libertà di espressione agli altri. Lei è la versione di coloro che, dopo aver inneggiato a ogni abominio, da Pol Pot alla Cuba vecchio stampo, sostengono che la Società Aperta non lasci loro alcuna libertà. Con tutto il dovuto rispetto, ma ci vuole una faccia da culo non da poco.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).