Il Detonatore

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SEBASTIÃO SALGADO E LA SUA AMAZÔNIA: VEDERE ATTRAVERSO GLI OCCHI DEL FOTOGRAFO (di Matteo Fais)

Che cos’è una foto, una foto fatta da un artista? La straordinaria possibilità di vedere attraverso i suoi occhi, di guardare il mondo come forse noi non lo vedremmo mai. Esaltante strumento la macchina fotografica! Un tentativo di fissare lo sguardo altrui, di farci osservare attraverso l’occhio di un altro, il sogno dell’empatia.

Ecco perché non ci si può negare il piacere di recarsi al “Salone degli Incanti”, in Trieste, per assistere alla mostra intitolata “Amazônia” del sommo maestro del mirino oculare, Sebastião Salgado.

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La nostra Terra vista attraverso i suoi occhi, si può stare certi, non è la stessa. Nessuno punta uno scorcio, un essere umano, come lui. Ci sono geometrie vertiginose e uniche che solo le sue iridi sanno scorgere. E, sicuramente, a mezzo dello strumento fotografico, egli raggiunge la vera possibilità della visione, quella perfezione che nella vita è celata, interdetta allo sguardo dell’uomo che si limita a esistere e muoversi tra ciò che è.

Salgado vede, non si fa passare le cose innanzi. In lui abita la meraviglia di cui parla Aristotele, quella che spinge l’uomo a filosofare. Nel suo sguardo le cose sono come al principio, prima che qualcuno si sia abituato a esse, a darle per scontate.

L’Amazzonia si impone al suo cospetto e lo interroga: vi è un ordine in questa natura esplosiva? La vegetazione, le montagne, i fiumi sembrano domandare di essere osservati e di scorgere in essi ciò che va oltre. Ecco spiegata la scelta del bianco e nero che gioca dialetticamente con la presenza imponente e, con il rispetto tipico solo della contemplazione, porta a galla l’essenza, il magico dietro il caos.

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L’aspetto interessante delle foto di Salgado è che, attraverso queste, egli guarda ed è visto. “Io sono” sembrano dire le cose e le creature che si dispongono al cospetto delle sue lenti. Lo sguardo e la risposta ad esso sono sempre umani, persino quando è la foresta a finire nel mirino. Egli è attonito: fissa perché non crede che ciò che ha di fronte possa essere vero nel suo splendore.

Nelle sue immagini, cielo e terra dialogano: la luce che cade dall’alto delinea le figure, le crea, genera un’atmosfera. Ciò che esiste emerge in mille sfumature di grigio, si staglia. Dalla foglia all’albero, passando per l’indigeno, niente si limita a un tratto netto e violento con cui dirsi. Sono milioni di miliardi di aspetti invisibili a darci quel che possiamo vedere.

Vi è un mondo in ogni immagine e la tensione che porta a cercare di cogliere quel tutto che ogni volta sfugge. Insomma l’arte è certamente altro da ciò che è vivente, dalla totalità, ma a sua volta crea un universo, uno spazio nello spazio in cui perdersi.

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La fotografia sintetizza il tentativo umano di essere nel mondo: dire le cose, dare un nome. L’universo non esiste se non nel dialogo tra noi e ciò che ci sta intorno. A mezzo di una foto, cerchiamo di fissarlo, come con le parole. La tecnica ci consente di restituire tutto ciò agli altri, la scrittura come la fotografia.

La mostra aprirà solo a maggio, per proseguire fino a circa la metà di ottobre. Non bisogna perdersela. In 200 immagini, ci sono alcune delle visioni migliori che un uomo possa avere nella propria vita.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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