I GIORNALI DI SINISTRA PREOCCUPATI PER L’EGEMONIA CULTURALE DELLA DESTRA (di Matteo Fais)
Ben due articoli in una sola domenica, su “Corriere” e “Repubblica” – e dove altrimenti?! –, sulla questione dell’egemonia culturale della Sinistra messa in serio pericolo dall’avvento del Governo dei cattivi che cerca di ricostruire il Minculpop. Uno a firma di Aldo Grasso, caratterizzato dalla profondità di un post su Facebook vergato da un ragazzetto delle medie, e l’altro dalla cara zia Concita De Gregorio la quale, per una volta, non ha esattamente tutti i torti.
Certo, tale preoccupazione è assolutamente un’idiozia. Con buona pace del corrierista critico televisivo, non è vero che “l’egemonia culturale della sinistra è già da tempo defunta, caduta sotto i colpi dell’industria culturale (le amene polaroid dei Vanzina, i cinepanettoni, i bestseller di consumo, il pop, la Milano da bere), scossa dall’impatto con il berlusconismo amplificato con perizia nelle tv (Rai compresa), dal declino delle élite e dall’idolatria del consumo e dell’individualismo”.
L’involontaria falsità di tale affermazione risiede nel fatto che la cultura o meglio antropologia del consumo è talmente effimera da non lasciare segno del proprio passaggio, neppure una traccia. Alla fin fine, i cinepanettoni durano quanto la settimana bianca e nessuno se li calcola fuori dal perimetro dello Stivale. Essi non hanno un messaggio, non lanciano un’estetica, non creano un linguaggio. Sono paglia che brucia in pochi istanti, ma senza incendiare un bel niente.
La Sinistra – e di ciò bisogna darle merito – ha costruito qualcosa che resterà. Certo, ha aggiunto anche tanto contorno di personaggi organici ma mediocri. A Destra non si vede niente di simile e, più di tutto, niente di attuale, se non forse in qualche frangia disastrata del rossobrunismo che, oramai, mescola qualsiasi cosa in un minestrone indigeribile.
Sarà pur vero che il grande influsso della Sinistra ormai sopravvive solo “in qualche anfratto di RaiRadio3, nelle congreghe degli scrittori che si recensiscono tra di loro, negli orfani della rivista «Il Politecnico»”, ma provate a farvi largo in quei settori per vedere se vi lasciano anche solo varcare la soglia – tra parentesi, non è vero che il loro influsso si ferma lì, ma lasciamo andare.
Più interessante e fondato, invece, il discorso della cara vecchia Concita che, seppur facendo la maestrina con la penna rossa, ricorda ai destronzi che l’egemonia non è solo “una questione volumetrica” – come a dire che non basta avercelo grosso, se poi non lo si sa usare – e che non servirà neppure occupare spazi per il mero gusto di farlo, bisogna “indicare una rotta che sappia diventare desiderio condiviso”. Tra l’altro, non fa male a smontare la falsa logica meritocratica sbandierata dalla Meloni: “O è finita l’epoca dei clan, o adesso è il turno del vostro: nel primo caso sarebbe un proposito benemerito, nel secondo è uguale a sempre a parti inverse”.
Tanto più che la Destra ha il problema di non avere gli uomini per ridimensionare l’influenza culturale degli altri. Ha ragione l’ex Direttrice di “L’Unità” quando dice che “Se Calvino è Calvino, e Pavese e Primo Levi e Umberto Eco e l’autore dell’Amica Geniale chiunque egli sia, e Sorrentino e Martone e Guadagnino e Alice Rhorwacher e Marco Bellocchio sono apprezzati nel mondo non è perché sono di sinistra, ammesso che lo siano o siano stati. (Molti no, Pasolini non era ortodosso né organico, segna ancora oggi l’orizzonte). È perché erano e sono fuoriclasse. Siamo ansiosi di conoscere i fuoriclasse della nuova classe dirigente di destra”. Considerato che ha avuto il buongusto e l’umiltà di escludersi dal novero, non le si può proprio dare torto.
Per cancellare l’influsso e la pervasività diffusa della parte avversa, ci vorrebbero dei Calvino, Pavese, Sorrentino, Bellocchio e Pasolini, gente che dalla nostra parte, solo a immaginarli, ci vengono gli incubi e le vertigini. In ultimo, anche se dovessimo cacciare fuori a pedate i loro uomini dai luoghi di potere, non riusciremmo a fare di più che ritrovarci con delle stanze vuote.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).