REGOLAMENTARE GLI INFLUENCER? (di Matteo Fais)
La prima cosa da chiarire sarebbe cosa voglia dire influencer. La Treccani online, interrogata in merito, fornisce questa definizione: “Personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico”.
Tale ritratto risulta in vero molto fumoso e aperto a infinite ambiguità che, adesso, però, sarebbe inutile sviscerare analiticamente – dove si situa il confine tra popolarità e impopolarità? Sta di fatto che l’Agcom sta approntando a una regolamentazione del settore, onde evitare che si ripetano casi tipo quelli del pandoro griffato Ferragni.
Certo, una qualche forma di norma va posta, un codice etico e via dicendo, non fosse altro perché soggetti come la bionda più famosa d’Italia, a fronte dei neologismi con cui quelli come lei vengono appellati, fanno pubblicità a tutti gli effetti. Influencer potrebbe essere in teoria chiunque sia dotato di un minimo seguito social e proponesse a questo dei suggerimenti nei più disparati ambiti, dal make-up alla scelta dei romanzi da leggere.
La discriminante qui sta alla radice, anche se risulta in una certa misura difficile risalire alle intenzioni dell’utente. Volgarmente: X, quando suggerisce un libro, è solo uno dei tanti amici virtuali che parla di un testo, dopo averlo letto, oppure viene pagato da un certo editore per farlo? La situazione che si configura è totalmente differente.
Si tratta della stessa che intercorre tra l’acquisto di un paginone del “Corriere”, per segnalare l’uscita del nuovo romanzo di Baricco, e lo scrivere una più o meno lunga e dettagliata recensione per il puro gusto di farlo, o perché si lavora per conto di un giornale. In un caso si tratta di una réclame, nell’altro di una libera espressione di un’opinione che, in teoria, anche nel caso del giornalista, dovrebbe essere garantita dal fatto che questo non venga retribuito dagli interessati per parlare in merito a un determinato volume.
La faccenda dovrebbe essere abbastanza chiara, oramai: se si lavora per il venditore di un determinato prodotto, consentendo ad associare la propria immagine e seguito sociale ad esso, si sta facendo una campagna pubblicitaria, dunque ciò va segnalato esplicitamente. Tra parentesi, non ci sarebbe niente di male. È legale e basta pagare le tasse. Non serve neppure un nuovo termine per indicare chi svolge tale mestiere. In un passato relativamente recente, si parlava di testimonial e a farlo poteva essere chiunque nel mondo dello spettacolo, dall’attrice al calciatore.
Che poi, oggi come oggi, spesso chi presta la propria immagine sia anche colui che scatta la foto, magari con lo smartphone, poco importa. L’attività è la medesima e non è assimilabile a quella del ragazzo che, con il suo blog, o pagina social, in totale autonomia, parla di un articolo che ha acquistato, fornendo la propria opinione su di esso, nel caso inducendo qualcuno a comprarlo.
In verità, è da tempo che i social andrebbero regolamentati sotto tanti punti di vista e certo sarebbe necessario obbligare i content creator a rendere noto se agiscono con fini commerciali, o per puro diletto personale. Poi, è anche vero che, se si pende dalle labbra di una Ferragni qualsiasi, la quale è abbastanza chiaro che non consigli certi prodotti in modo del tutto gratuito, palesemente, il problema principale non risiede nell’influencer.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Molti YouTuber si autoregolano, dichiarando esplicitamente „sponsor“ o „non monetizzo“.