Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

PERCHÉ GUARDARE IL DISTOPICO “IL MONDO DIETRO DI TE” (di Matteo Fais)

Sembra che il sentimento di Ungaretti, in Natale, quando dice di non aver voglia di tuffarsi “in un gomitolo/ di strade”, sia condiviso dalla maggior parte della popolazione, a giudicare dalle vie deserte. A ogni modo, complice la noia dei giorni festivi, bisognerà pure trovare qualcosa da fare. Se non siete fanatici della felicità a ogni costo e non vi spaventano le emozioni negative che si insinuano tra gli addobbi, potreste vedere il film Il mondo dietro di te, un distopico del 2023 presente anche su Netflix – per i pochi lettori rimasti nel Belpaese, c’è anche il romanzo omonimo di Rumaan Alam (La Nave di Teseo).

Tutto il popolo del web ne parla, complice lo scadimento generalizzato del gusto anche a livello cinematografico, per cui le pellicole sembrano sempre più serie televisive create su base industriale e queste ultime sempre più film concepiti senza nessuna intenzione artistica. Ed effettivamente, per esempio a livello estetico, l’opera è tutt’altro che eccellente, al massimo ben confezionata.

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Presumibilmente per realizzare il tutto in tempi stretti ed evitare eccessive complicazioni, le vicende si svolgono per la maggior parte in interni, senza effetti speciali, ma ambientando il tutto in una dimora speciale, per così dire da sogno, che possa riempire gli occhi dello spettatore sviandolo dal fatto che si tratta di un semplice teatro di posa di quelli che si potrebbero trovare anche in una buona produzione a luci rosse. Insomma, niente di troppo elaborato e che non si riesca facilmente a filmare con le nuove tecnologie digitali – con la pellicola non sarebbe stato altrettanto easy.

I due protagonisti, Amanda e Clay Sanford – interpretati da un sempre inquieto e navigato Ethan Hawke e dalla monoespressiva Julia Roberts –, con i figli, un maschio e una femmina, decidono di regalarsi una vacanza improvvisata fuori città, nel distretto di Long Island. Lì vengono raggiunti in piena notte da un padre e una figlia, due persone di colore, proprietari della dimora, che chiedono accoglienza, adducendo come motivazione un blackout generalizzato in città. Da quel momento, sarà il pandemonio, in un crescendo di eventi anomali che mettono in guardia rispetto all’approssimarsi di una qualche situazione emergenziale. Inutile, comunque, stare qui a ripercorrere la trama scena dopo scena.

Per chi sia abituato alla dimensione distopica, oramai ampiamente battuta in ambito letterario e cinematografico, le sorprese saranno scarse e prive di impatto. Il regista, Sam Esmai, si tenta anche la carta della Natura in rivolta che si riprende i suoi spazi rubati dall’uomo tecnologico, con strane incursioni in scena di animali che ricordano da vicino il Lars von Trier di Antichrist e Melancholia ma, non avendo il talento ossessivo e maniacale del genio danese, si riduce a propinare una trovata da epigono che, francamente, fa sorridere, non certo venire la pelle d’oca.

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Come di consueto, fedele alla strisciante tradizione tecnofobica che va da Heidegger, passando per la Scuola di Francoforte, fino a tutte le antiutopie più recenti, il film contiene una serie di situazioni piuttosto didascaliche sui pericoli di questi strumenti che oramai sono divenuti parte integrante della nostra esistenza e che, da un momento all’altro, potrebbero abbandonarci, facendoci sentire il corpo che abitiamo come inutile.

Interessante, nella scena conclusiva – cercando di fare meno spoiler possibile – è contenuta anche una velata critica al mondo netflixiano in cui non si possiede più niente di stabile, a livello di supporti materiali, non un film, un disco o un libro, e tutta la fruizione è fluida. Argomento in parte non del tutto balzano, non fosse che il possesso delle opere in tale forma ha un costo decisamente alto per gli utenti medi e non garantisce possibilità così vaste come quelle date, per esempio a livello musicale, da un semplice abbonamento a Spotify.

Il centro nevralgico del film, o meglio l’unico punto che renda la pellicola interessante a livello contenutistico, è la riflessione che l’uomo di colore – il quale palesemente sapeva qualcosa fin dal principio – fa a Clay, delineando lo scenario che probabilmente si stanno trovando a vivere. In sostanza, sarebbe in atto un colpo di Stato. Questo si articolerebbe in tre momenti. Il primo consisterebbe nell’isolare le persone, facendo cadere le comunicazioni e sabotando la possibilità degli spostamenti. Il secondo nel creare un caos sincronizzato, tra attacchi improvvisi e inspiegabili, la diffusione generalizzata della disinformazione a mezzo di messaggi contradditori. Prive di un nemico chiaramente identificabile, le persone si rivolteranno le une contro le altre. A quel punto, arriverebbe il terzo momento, ovvero il colpo di Stato, la guerra civile e il collasso.

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Il pensiero è certo tanto angosciante quanto improbabile lo scenario – soprattutto in America, un Paese in cui il Patriottismo ha ancora una certa forza e, nel quale, come insegna la storia, quando la condizione mondiale generale volge contro i propri interessi, di solito, si imbracciano le armi.

Detto ciò, è chiaro che la situazione è filmica, la teorizzazione iperbolica. Cionondimeno, qualcosa di simile potrebbe capitare e, inutile nasconderlo, il film lusinga le inquietudini di un certo fronte complottista sempre più vasto. Non è stupido far notare, a ogni modo, che senza i comuni confort a cui l’umanità è normalmente abituata, molti non sarebbero in grado di sopravvivere per mezza giornata, incapaci fondamentalmente di provvedere al proprio sostentamento. La questione è chiara, tanto quanto l’ammonimento da prendere e portare a casa senza discutere. Inutile dirlo, magari spinti dalla paranoia – che è sempre ingiustificata, ma chissà! –, sarebbe il caso di riscoprire la saggezza della mano.

Matteo Fais

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Telefono e WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

Un commento su “PERCHÉ GUARDARE IL DISTOPICO “IL MONDO DIETRO DI TE” (di Matteo Fais)

  1. È anche interessante che il film sia stato prodotto dagli Obama. Ma è un film trumpiano od obamiano? Di sicuro è un film che fa sue alcune teorie del complotto, ma denuncia anche un razzismo strisciante che mina la solidarietà che dovrebbe essere naturale nei momenti di difficoltà.

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