GÉRARD DEPARDIEU – ELOGIO DELL’UOMO CHE RIFIUTA IL GALATEO DELL’ESTABLISHMENT CULTURALE (di Davide Cavaliere)
In Gérard Depardieu c’è qualcosa di disgustoso, eppure di liberatorio. Quest’uomo, dal “corpo rabelaisiano”, come dice Richard Millet, non ha mai avuto paura di mostrarsi nudo, di mettere in scena i propri pantagruelici appetiti, sia gastronomici che sessuali.
Depardieu è l’uomo dello scandalo. Figura debordante i confini del cinema, ma anche quelli del buon gusto e della politica. Con il suo corpo sfida l’igienismo del presente, riaffermando la bestialità del maschio, tema oggetto di un film bello e dimenticato, L’ultima donna di Marco Ferreri.
Il gigante francese, nonostante le eccellenti qualità attoriali, ha sempre mantenuto un notevole distacco nei confronti dei suoi personaggi, ai quali ha sempre imposto il proprio vissuto personale, come il peso del proprio corpo indisciplinato, obbediente al solo principio del piacere. Sul set di Novecento, il capolavoro di Bertolucci, per sua stessa ammissione, tagliava la corda per andare a bere e mangiare coi contadini parmensi.
La cifra di Depardieu è la sfida alla convenzioni sociali. Le sue dubbie amicizie politiche, con Putin e Kadyrov per esempio, sono espressioni di questa sfida. Non hanno un autentico contenuto ideale, salvo la volontà di scandalizzare il perbenismo televisivo.
Eppure, questo non significa che l’attore non abbia valori e sia solo una macchina generatrice di scandali. Con il suo corpo che rutta, scorreggia, ansima, vomita e ride rumorosamente, Depardieu dà voce alle province francesi, la cui umanità è minacciata dal salutismo, dalle mode, dalla corruzione multiculturale.
Così come le sue dichiarazioni sulle donne, che non sono i deliri di un vecchio satiro ormai privo di freni inibitori, ma una tenzone lanciata alle femministe, ai codici antisessisti, agli inquisitori del desiderio sessuale, che nella loro indubbia volgarità mantengono un’eco agreste: “molto folta, molto pelosa. Ha già l’odore di una giumenta”.
Depardieu è uno degli ultimi a far sentire la Francia profonda in tutte le sue forme. Il suo omicidio mediatico, che viene tentato da anni, è il tentativo di uccidere in effige quel che rimane di una terra d’oltralpe ancorata alla sua identità. Il suo corpo è diventato il corpo di un delitto simbolico.
È odiato non per le sue affermazioni su Putin o sulle donne, bensì per il suo rifiuto di sottomettersi al galateo dell‘establishment culturale, al quale continua a ruttare in faccia senza curarsi delle conseguenze. Depardieu, infatti, è troppo grande per essere cancellato od obnubilato dai burocrati del “culturame” europeo.
Eppure, al tempo stesso, è l’attore che, invitandosi alle prove di Tous les matins du monde, il bellissimo film di Alain Corneau tratto dal romanzo di Pascal Quignard, guarda Daniel Auteuil con parrucca e vestito d’epoca che recita faticosamente la parte, e lui, in giacca di pelle e jeans, si siede al suo posto, afferra la viola da gamba e improvvisa il ruolo con un genio e una grazia ineguagliabili, che lo identificano subito interprete ideale del compositore Marin Marais.
Questo è Depardieu. L’ultima incarnazione dei difetti e della qualità della Francia.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Che dire, guardo con una certa invidia l’uomo che riesce a far sentire gli altri (uomini) al pari di eunuchi. Castrati che si affrettano a vergognarsi della loro mascolinità, perché uno squilibrato rapisce e massacra (ribadisco massacra) una ragazza che non ne vuole più sapere di lui. Vorrei tanto che si discutesse di rispetto verso la sessualità di ambo le parti, ma farlo toglierebbe i presupposti della divisione perpetua tra guelfi e ghibellini che tanto serve a coloro che su di essa costruiscono le loro “miserabili” fortune. Il suo coraggio, la sua irruenza testimoniano la fragilità del conformismo che obnubila le nostre menti.