WILDERS E IL RISVEGLIO DEI CONSERVATORI OLANDESI (di Davide Cavaliere)
Il 22 novembre, diciassette anni dopo la sua fondazione da parte di Geert Wilders, il Partito per la Libertà (PVV) ha ottenuto un’importante vittoria alle elezioni olandesi. Il PVV, con il 23% dei voti, è passato da 17 a 37 seggi su una Camera dei Rappresentanti composta da 150.
Il commentatore conservatore britannico Paul Joseph Watson lo ha definito “il più grande terremoto politico in Europa dai tempi della Brexit”. I candidati della Sinistra, al termine delle elezioni, hanno mostrato shock e dolore, assumendo espressioni grottesche, simili a quelle degli elettori di Hillary Clinton, al Javits Center, la notte del 2016, quando vinse Donald Trump.
Il vincitore è stato subito accusato di “islamofobia” e “xenofobia”. Qualcuno ha anche suggerito che le rigorose misure di sicurezza con cui Wilders deve convivere potrebbero rendergli difficile il lavoro di Primo Ministro.
Il politico olandese, infatti, riceve circa 600 minacce di morte all’anno, da 20 anni, per le sue critiche all’Islam. La sua amica Ayaan Hirsi Ali, attivista somala contro la mutilazione genitale femminile, è dovuta fuggire dall’Olanda negli Stati Uniti per vivere tranquillamente. Geert Wilders, invece, è rimasto, accettando un’esistenza fatta di case blindate, giubbotti antiproiettile anche in televisione, travestimenti, l’esercito a guardia dei suoi spostamenti.
Il PVV, subito dopo i massacri del 7 ottobre in Israele, è balzato dal 12% al 23%. Gli Olandesi, come dimostrano diversi sondaggi nazionali, temono la violenza islamica e il terrorismo.
La popolazione musulmana dei Paesi Bassi è aumentata vertiginosamente – da quattordici anni, il sindaco della sua seconda città più grande, Rotterdam, è un marocchino di nome Ahmed Aboutaleb – e le preoccupazioni su dove tutto questo porterà non hanno fatto altro che intensificarsi. Gli attacchi di Hamas contro Israele hanno dato vita alle peggiori immaginazioni degli Olandesi (e non a torto).
Wilders, come suggeriscono i suoi critici, se vuole essere un “politico responsabile”, dovrà moderare le sue posizioni sull’immigrazione e dovrà comportarsi in modo gentile con i musulmani, ossia accettare le loro prepotenze. Secondo qualcuno, con la sua volontà di salvare l’Olanda dall’islamizzazione, starebbe “prendendo a calci un alveare”.
Le élite politiche e intellettuali conosco il pericolo rappresentato dall’Islam ma, per quieto vivere e paura, preferiscono ignorarlo. I Paesi Bassi si contorcono in una crisi esistenziale. Ventuno anni fa, Pim Fortuyn, un eloquente sociologo diventato politico, che aveva fatto del pericolo dell’immigrazione di massa musulmana il perno della sua attività, a nove giorni dalle elezioni che avrebbero dovuto portarlo alla presidenza, fu brutalmente assassinato. Quel giorno, la causa della libertà olandese di fronte all’islamizzazione avrebbe subito un colpo mortale, se non fosse stato per Wilders e il suo Partito.
Dopo anni di alti e bassi, adesso, finalmente, il PVV potrebbe entrare nelle stanze del potere. Avrà, ovviamente, bisogno di tutto l’appoggio possibile. Un sostegno, però, che l’Italia, Nazione pavida per eccellenza, non sembra pronta a fornire.
Wilders, come Zemmour in Francia, è innamorato in modo commovente della sua terra, della sua storia e cultura. È orgoglioso del ruolo che l’Olanda ha avuto nel far avanzare la libertà e la prosperità dell’Europa. Dopo i massacri di Hamas, questa necessità, la sentono anche gli Olandesi.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.