INDI GREGORY E LE DUE IDEOLOGIE CHE GRAVANO SUL CORPO DI UNA POVERA BAMBINA (di Matteo Fais)
In questo mondo, oramai, non esistono più esseri umani verso cui nutrire compassione, ma solo corpi intesi come campi di battaglia, su cui ideologie diverse e contrapposte si contendono il potere.
Indi Gregory è una bambina, una neonata inglese affetta da una patologia mitocondriale che non le garantisce alcuna possibilità di sopravvivenza. In buona sostanza, si tratta di una dead (wo)man walking. Malauguratamente, la condanna a morte grava su di lei senza possibilità di appello.
La povera bambina, data la sua situazione, è divenuta oggetto del contendere delle due ideologie più stupide che possano esserci, quella per la morte ad ogni costo e quella per la vita sia quel che sia.
Chi ama un pensiero forsennato non guarda alla realtà, ma alla sua fede che si sovrappone ad essa. Il problema non è che la povera Indi viva o muoia, ma che attraverso lei si riaffermi la validità di un pensiero, una visione del mondo, l’idea di cui sono vittime i corpi di chiunque, anche quelli dei moribondi.
Se la povera bimba avesse anche solo una remota possibilità, come purtroppo pare non sia, i sostenitori dell’eutanasia la sacrificherebbero volentieri sull’altare della loro convinzione. Similmente, anche se questa fosse in preda ai dolori più atroci, alle pene dell’inferno in terra, quelle incommensurabili facce da cazzo dei pro life la farebbero volentieri gridare da qui all’eternità, pur di asserire per l’ennesima volta la loro ottusa convinzione sul valore della vita.
Il governo italiano e la sua falsamente preoccupata Premier, ovviamente, non potevano che cogliere la palla al balzo per recitare il solito copione da de-stronzi tedofori della vita che trionfa su ogni cosa. Pertanto, le è stata conferita la cittadinanza italiana per poterla trasferire qui sullo Stivale, al Bambin Gesù, e farle proseguire la sua agonia.
Intanto, l’unica cosa che conta è che abbiamo un’infante indifesa che soffre e patisce, senza poter dire niente, al di là della luce dei riflettori e dell’esaltazione di qualsiasi ideologo.
Il dolore è una cosa seria, e la carne che si contorce e spasima, ma nessuno di loro vuole pensare realmente a questo. Tutti quanti pretendono di far gravare su quel corpo una causa politica che non gli appartiene. Mentre ognuno si esalta nella battaglia, è lei a percepire il tormento che nessuno degli ideologi sa neppure cosa sia.
Amaramente, tutti pensano a sottrarle l’esistenza o a vederla per un altro anno patire, sempre e solo per un principio che trascende lei e il suo strazio. Disgraziatamente, non è unicamente chi muore ad essere in balia di chi resta, costretto a veder ridiscutere ciò che è stato senza possibilità di replica, ma anche chi giace in un letto, ancora vivo, è vittima di questa terribile cosa chiamata umanità.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.