PRIMA DI COMMENTARE, POSTARE E DIRE CRETINATE, LEGGETE, PER DIO! (di Matteo Fais)
Internet avrebbe potuto essere un magnifico strumento, forse il migliore che l’umanità abbia mai inventato, al pari solo della ruota e, ovviamente, della scrittura, il primo vero medium genuinamente democratico. Peccato che attraversarlo sia peggio di farsi un giro in discarica, con tutta la merda che vi viene depositata.
Basterebbe prendere un qualsiasi articolo, pubblicato da noi come dal “Corriere”, “Repubblica” e chi più ne ha più ne metta, e leggere i commenti. Vi si possono trovare stronzate di ogni tipo che, peraltro, sovente non c’entrano niente con il contenuto del pezzo.
Quasi mai la gente si prende la briga, in prima istanza, di consultare lo scritto e, poi, nel caso, opporre la propria contro argomentazione – il problema quindi, per chiarirlo, non consiste nel non sopportare le critiche, ma che siano almeno costruttive. Vi è, evidentemente, presso il popolo, una diffusa volontà di manifestare la propria esistenza a mezzo di gesti insensati e gratuiti, come appunto apporre un segno sotto qualsiasi contenuto, dalla ricetta della pasta al burro al conflitto israelo-palestinese. Inutile precisare che la cosa risulta stupida come uno di quei graffiti bruttissimi e per niente elaborati che si vedono un po’ su tutti i muri delle nostre città.
Anche se la cosa più incredibile è quando qualcuno, basandosi sul lancio del pezzo, commenta immediatamente contrapponendo la stessa tesi sostenuta da chi ha compilato l’articolo – capita più volte di quanto si possa credere. Il tutto senza alcun rispetto verso chi ha speso il proprio tempo curando in modo maniacale punteggiatura e forma. Tanto più che la didascalia che accompagna la pubblicazione non può essere la summa di quanto contenuto al suo interno – esattamente come quasi mai una pagina e mezzo di Word può esaurire tutti i punti relativi a un determinato argomento.
Meglio evitare di parlare di quei i menomati mentali che hanno rilanciato, per giorni, la notizia di un presunto libro a fumetti, sull’educazione sessuale, che sarebbe stato adottato in tutte le scuole elementari italiane. Interrogati da qualche altro utente leggermente più sveglio, quelli che avevano diffuso la notizia garantivano che l’informazione fosse vera, senza mai però indicare l’istituto in cui il testo in questione sarebbe stato inserito in programma. Non avete idea di quanti si siano bevuti la balla.
Tutto ciò, a ogni modo, non deve stupire. Parlandoci fuori dai denti, l’utente medio è un povero idiota senza speranza. Basti vedere chi ha maggior successo sui social, ovvero gentaglia che scrive pensierini semplici e semplicistici, di una riga, che facilmente potranno incontrare il favore di gente incapace di andare oltre la lettura di poche sillabe. L’ambiguità, il paradosso, la complicazione non possono essere contemplati dalla gente che entra sui social per il puro gusto di scambiarsi like con altri dementi, o commentare il prima possibile, per colpa di un vuoto che brucia loro sui polpastrelli.
Davvero, internet e i social network avrebbero potuto fungere da contraltare a una narrazione ufficiale – o, come si suol dire oggi, mainstream –, ma la verità è che manca la materia prima, cioè persone capaci di scrivere, avendo tesi antitetiche a quelle ufficiali e dotate di un qualche valore – cioè che non siano complottismo spicciolo.
Fa sorridere, comunque, che quasi quotidianamente si legga, su Facebook e altre piattaforme simili, la stigmatizzazione di ogni forma di giornalismo professionistico. Addirittura, qualcuno sostiene che, in altri tempi, testate come il “Corriere” avessero firme quali Pasolini, Testori, Moravia e via dicendo. Se è per quello, abbiamo avuto sugli organi nazionali – che, anche in illo tempore, non erano certo alieni all’influenza del Potere – firme come Sergio Quinzio, Mario Praz, e Anthony Burgess. Provate a chiedere ai vostri amici virtuali se hanno la minima idea di chi siano stati costoro e vedrete quanto vale la loro cultura tanto sbandierata. Tra parentesi, in questi giorni, “Repubblica” ha pubblicato Daniel Barenboim, David Grossman e Bernard-Henri Lévy – per non parlare di quando sono apparsi Michel Onfray e Michel Houellebecq. Li avete letti, li conoscete? Se, come suppongo, non è così, forse siete voi a dovervi vergognare profondamente, non l’informazione ufficiale.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
Idioti insopportabili. Danno fastidio a me che non scrivo articoli, immagino voi.