I VERI NICHILISTI SONO QUELLI CHE NON DISTINGUONO TRA DEMOCRAZIA E BARBARIE (di Davide Cavaliere)
Siamo in una guerra. Una guerra tra barbarie e civiltà. Tutto il resto è un dettaglio. Israele è solo il primo fronte. I fondamentalisti islamici sono inconsapevolmente «schmittiani», dividono il mondo in due spazi contrapposti: dar al-Islam (il territorio dell’Islam) e dar al-Harb (il territorio della guerra). Nel primo, regna l’Islam; nel secondo, questo va imposto con la guerra. I Fratelli Musulmani, il più radicato e attivo gruppo fondamentalista sunnita, aggiungono il dar al-Da’wa, la terra della missione, dove i musulmani, momentaneamente minoritari, devono diffondere l’Islam nel rispetto, almeno formale, delle leggi locali.
Ciò che abbiamo visto in Israele, dove i terroristi di Hamas hanno violentano, mutilato e profanato cadaveri, è l’ennesimo, sanguinoso, campanello d’allarme. Ne verranno molti altri. Al di là della politica e della geopolitica, non abbiamo ancora ben compreso ciò che ci combatte.
La barbarie di uccidere donne, bambini, animali domestici, prendere civili in ostaggio e pubblicare le foto dei loro cadaveri sui social media, non è un sottoprodotto della guerra, bensì il normale modus operandi di questo tipo di terrorismo. La verità dell’Islam viene affermata attraverso la guerra e la morte. Quando i jihadisti conquistano e violentano gli «infedeli» intendono dimostrare che l’Islam è vero, dunque trionfante, e che le religioni dei vinti sono false.
Decapitazioni, roghi umani, torture, mutilazioni e crudeltà varie sono l’essenza di quel credo. Non di un Islam «deviato», bensì purissimo. Questo è il modo in cui è stata praticata la guerra islamica a partire da Maometto. È così da oltre mille anni, sia che si tratti dell’Isis che combatte altri musulmani, delle truppe azere che uccidono gli Armeni, di Hamas che attacca gli Israeliani o dei terroristi islamici che tramano una carneficina nelle nazioni occidentali.
La domanda è una sola: in che modo le società civilizzate devono affrontare la barbarie?
Per prima cosa, l’Occidente dovrebbe smetterla di colpevolizzarsi. Non sono il capitalismo e il colonialismo ad aver trasformato i musulmani in barbari, lo erano già. In secondo luogo, gli Occidentali, o almeno alcuni di essi, dovrebbero smetterla di pensare di vivere nel «peggiore dei mondi possibili».
Fuori dal settore Ovest del pianeta, dove pure non mancano le imperfezioni, ci sono gli assassini di bambini islamici o russi – a nulla vale l’argomento secondo cui, in alcune guerre, Americani e Israeliani hanno ucciso dei civili. Negli Stati Uniti, come in Israele e in tutta Europa, simili atti incontrano la riprovazione dell’opinione pubblica, altrove sono incoraggiati ed esaltati. I comportamenti etici non sono riservati ai santi. I nostri difetti dovrebbero motivarci, non paralizzarci.
I veri nichilisti, gli autentici decadenti, siano essi di estrema destra come di estrema sinistra, sono coloro che non voglio vedere le differenze morali sussistenti tra democrazia e totalitarismo, laicità e teocrazia, tra coloro che sono costretti a fare la guerra e coloro che la amano e invocano il martirio.
Quando le civiltà dimenticano quale sia la differenza tra loro e i barbari, smarrendo il senso del bene e del male, non riescono a comprendere il nemico e la sua ferocia. Di fronte ai peggiori crimini immaginabili, possono persino, ed è il caso dei tanti sostenitori occidentali di Hamas, trovare argomenti a favore dei criminali.
Li conosciamo bene. Sono gli stessi che tifano per Putin, come tifavano per Saddam e il macellaio alawita Assad, che a Israele preferiscono Hezbollah e Hamas; coloro che, quando non manifestano spudoratamente queste preferenze, come i defunti Gianni Vattimo e Michela Murgia, coltivano l’equidistanza, condannano i carnefici islamici, ma poi parlano di «occupazione» o «colonialismo», come i vivissimi Alessandro Orsini e Patrick Zaki.
Civiltà significa riconoscere l’umanità del nemico, ma per trattarlo umanamente, per l’appunto, una volta sconfitto, non per tollerare o comprendere i suoi genocidi, i suoi massacri, le sue violenze.
Poi, ci sono quelli che, per coprire il fetore della loro morale decomposta, si imbellettano con la «difesa dell’interesse nazionale», omaggiando, per quanto inconsapevolmente, Samuel Johnson, quando disse che la patria «è l’estremo rifugio delle canaglie». Quelli che vorrebbero dire agli Uiguri, ai Siriani, ai Curdi, agli Armeni, ai meravigliosi cittadini dell’Ucraina e di Israele, che possono pure morire, a loro importa solo di avere il gas a basso costo. Fingendo di non sapere che la prosperità economica si basa su un sistema internazionale stabile, dove a nessuno è permesso aggredire il proprio vicino.
Il relativismo morale estremo, le ramanzine sulle colpe storiche, il pacifismo, l’isolazionismo, rischiano di disfare la delicata trama della civiltà. Per questo, non si può che stare con Israele contro Hamas, con l’Ucraina contro la Russia putiniana. Le democrazie non sono sempre il campo del bene, ma sicuramente i suoi nemici sono quello del male.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Ottima analisi, come del resto le altre che ho letto su questo prezioso canale.