BISOGNA DIFENDERE IL DIRITTO DEL GENERALE VANNACCI E DELLA GIUDICE APOSTOLICO DI PENSARLA COME PREFERISCONO (di Matteo Fais)
In una democrazia liberale… Meglio prendere un bel respiro: IN UNA DEMOCRAZIA LIBERALE, ogni persona dovrebbe essere libera di agire, pensare e dire quel che preferisce, se non altro finché non rappresenta altri che sé stessa. È il Sistema, la struttura a dover garantire che questa non venga mai meno ai propri doveri.
In sostanza un giudice dovrebbe poter speculare liberamente sui più svariati argomenti; così come un Generale avere le proprie opinioni, per quanto controverse o politicamente scorrette. È chiaro, poi, che nella sua attività il primo deve limitarsi a mettere in atto le Leggi e similmente ha da fare il secondo. Esattamente come un impiegato dell’Agenzia delle Entrate può ritenere indistintamente che le tasse siano troppo alte o troppo basse, ma nell’esercizio della sua professione deve applicare le norme così come stabilito, senza piegarle alla propria visione.
Qualcosa di molto simile dovrebbe valere per la giudice Iolanda Apostolico e il generale Roberto Vannacci. Pertanto, non si capisce come coloro che, anche giustamente, hanno difeso la libertà di espressione del secondo, ora facciano il tifo per limitare quella della prima, dopo che è venuta fuori, a mezzo di un video pubblicato da Salvini, la sua partecipazione a una manifestazione pro-migranti.
Il problema, in Italia, è sempre lo stesso: si lavora e si fatica affinché le persone si sentano in dovere di tenere il grugno chiuso, invece di dare a ciascuno, giudice, generale, od operatore ecologico la libertà di proferire le proprie posizioni senza ansie. Basterebbe che, al contempo, ci fossero organismi di controllo che impedissero alle persone di far prevalere le idiosincrasie sulle Leggi e i doveri imposti dalla professione che svolgono.
Sullo Stivale, invece, l’unica speranza è che nessuno faccia niente per limitare gli eventuali danni che potrebbero scaturire da una qualunque azione. Ciò avviene perché la Legge non è certa e la trasparenza nell’azione della magistratura ancora meno – oltre ad esserci norme scritte con i piedi che volutamente si prestano alle più fantasiose interpretazioni, cosa che, nel tempo, è convenuta anche alla gentaglia del Centrodestra.
Del resto, è semplicemente stupido pensare che i singoli non abbiano convinzioni, o addirittura pregiudizi, del tutto infondati. Quel che bisogna insegnare ai più – oltre a essere ciò per cui uno Stato dovrebbe battersi con le unghie e con i denti, punendo severamente i trasgressori – è di essere super partes nell’esercizio del proprio dovere. Un bigliettaio di Destra, non può negare l’accesso a un museo a uno di Sinistra; esattamente come un professore di Sinistra, nel valutare un allievo, fosse pure un pericoloso scapestrato della Destra più estrema, ha da considerare unicamente le sue competenze, con atarassico distacco, senza mai tenere in conto la passione ideologica dello studente.
Se ciò non avviene, una democrazia non è matura e ci si ritrova ogni volta a rischio di cadere in un regime distopico, in cui alcuni hanno paura di parlare e ad altri è concesso di dire fin troppo. Il sospetto è che la gente di Destra, che dovrebbe essere liberale, quindi tutelare la possibilità per ognuno di esprimersi, sia vagamente confusa.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.