GARDALAND – LICENZIARE QUALCUNO PER PRESUNTA OMOFOBIA, NON SARÀ FORSE IL MODO MIGLIORE PER ESACERBARLA? (di Matteo Fais)
La sensazione, guardando al mondo intorno e alle tensioni che lo percorrono, da quelle relative alla sessualità e al dibattito sul gender, come per ciò che concerne l’immigrazione, è che si stiano spingendo all’estremo certi discorsi e situazioni per arrivare allo scontro più duro.
Possibile che l’interpretazione delle contingenze sia forzata, o che certi effetti non siano propriamente desiderati, ma è indubbio che, nel malessere generale che attanaglia il Paese, tanta attenzione verso le istanze della comunità LGBTQ+ e degli immigrati, spinga inesorabilmente per un consolidamento dell’odio, per una polarizzazione senza via di uscita.
Prendete il caso di questo manager che a Gardaland sarebbe stato licenziato in tronco per aver dato della “principessa” a un altro dipendente omosessuale. Capite bene che, se in un’Italia in cui chi comanda, persino a livello di ristorazione, assume in nero o con contratti ridicoli, l’unica cosa che sembra avere rilevanza è una battuta da terza media, la gente si gira di coglioni – tanto più che non si va incontro a provvedimenti simili neppure per spaccio di droga.
Non c’è niente di strano: se le famiglie non arrivano a fine mese, o arrancano miseramente, con un’inflazione totalmente fuori controllo, e l’unico problema dei nostri governanti sembra essere il diritto di Tiziano Ferro e di tutti quelli come lui di comprare un bambino utilizzando una maternità surrogata, la rabbia ci sta tutta. Certo, l’uomo medio sbaglia a individuare il proprio avversario nell’omosessuale, o nel migrante, ma accade anche che ci si stanchi se le persone normali – e per quel che vale la presunta normalità – passano sempre in secondo piano.
Non per dire, ma con tutte queste cause fondate su buoni principi si sta vagamente esagerando. Uno che ha problemi a pagare le bollette – esistono persone in tale condizione – è facile che sia poco propenso a preoccuparsi per i presunti mutamenti climatici e a solidarizzare con quello che, invece di pensare a far battaglia per la propria retribuzione, si preoccupa di barzellette fastidiose.
Avanti così, è abbastanza chiaro che, pur rimanendo minoritario, il malessere, insieme alla rabbia più insensata, crescerà. La gente parlerà di una lobby omosessuale che sempre più si fa largo nei gangli del Potere, di un mondo del lavoro in cui si può essere, oltre che sottomessi impunemente, allontanati per non aver commesso fondamentalmente nulla. Che ci passino anche gli omosessuali è inevitabile.
In ultimo, la situazione non potrà che andare peggiorando. Non potendo aggredire chi realmente è responsabile, le persone comuni se la prenderanno con coloro che, in qualche strano modo, beneficiano della loro benevolenza a livello legislativo. Con un femminismo sempre più martellante, una difesa dell’omosessualità che sta assumendo proporzioni grottesche, e una tolleranza verso l’immigrazione che rasenta la cecità, gli atti di violenza non potranno che aumentare. Le persone non cercheranno una soluzione democratica ma, come sempre, si arrangeranno a modo loro.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.