COSA INSEGNARE ALLA BAMBINA DELLA PUBBLICITÀ DI ESSELUNGA (di Matteo Fais)
“Io non ho guai, vivo di rendita, non ho superiori, non ho moglie né figliuoli; esisto, nient’altro” (Jean-Paul Sartre, La nausea, Einaudi).
Tra i principali bersagli polemici del Signor Antoine Roquentin, il protagonista di uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale, La nausea di Sartre, sono gli sporcaccioni, così li chiama lui, i borghesi patriarchi che vede ritratti nel museo di Bouville e quelli che scorge la domenica passeggiare per le vie del centro. Cos’hanno costoro per suscitargli tanta riprovazione? Semplicemente, si sentono in diritto di esistere, rivendicano la propria autorità, la loro posizione sociale, il ruolo di padri di famiglia, modello per i figli e i giovani in generale, come quel suo zio di cui racconta che, sul letto di morte, disse alla moglie che lei sarebbe stata l’unica a non venir ringraziata, perché “hai fatto solo il tuo dovere”.
I progressisti, infatti, non hanno tutti i torti a criticare il modello patriarcale che fu – per quanto non abbia più senso citare ogni tre per due questo fantasma ormai morto. L’uomo che lo incarnasse sarebbe, oggi come oggi, ridicolo e patetico, come i poveri e sparuti disagiati che ancora lo rimpiangono con lacrimevole nostalgia.
Si tratta in fondo degli stessi miserabili che, di fronte alla pubblicità di Esselunga, finalmente rinvigoriti e comprovati persino dal marketing, sono saltati sul divano inneggiando alla famiglia tradizionale come unica via, alla bambina che ingenuamente afferma un modello “voluto in cielo e così in terra”, “la sola possibilità dall’inizio dei tempi”, “lo schema che ha fatto da base per la società da sempre”. Ci sono, insomma, tutte le ragioni, per chiamarli ancora, con il vecchio Sartre, “gli sporcaccioni”!
Questi esseri moralmente disperati dei tempi moderni sognano di vivere entro una struttura che dia loro un senso forte, che restituisca il baricentro perduto di un’esistenza che altrimenti rivelerebbe la propria pochezza e fragilità. Ma, per far ciò, bisognerebbe avere mogli sottomesse e casalinghe, dei figli che pendono dalle loro labbra. Sognano di vivere impartendo ordini, di essere l’ordine, la disciplina che non si discute, di uccidere Edipo, quello che per primo polemizza contro la rigida organizzazione da loro rappresentata.
Oggi, gli sporcaccioni hanno il volto un po’ provato di chi ha perso la battaglia, non sono più fieri e altezzosi come quelli dell’800 che vedeva Roquentin. Appaiono tristi come la bambina dello spot televisivo e non sanno più che pesci – o pesche, fate voi – pigliare. Più prosasticamente, non vogliono neppure ammettere che quel modello da loro tanto idealizzato faceva schifo, era triste e malsano, repressivo, fatto di donne di casa strafatte di pillole antidepressive e alcolizzate.
Certamente, non sarebbero in grado di insegnare a quella bimba come stare in questo mondo comprendendo che il culto del padre è esattamente quello che porta all’esaltazione dell’uomo forte, il condottiero della guerra e della vittoria, il salvatore in terra, il custode di una tradizione – anche se non è mai chiaro quale e in cosa si sostanzi.
No, questi relitti riemersi e portati a riva non potrebbero mai spiegare a quella povera piccola signorina che l’amore è scelta libera, non si può pretendere da nessuno e neppure costringere i genitori a una convivenza fondata sul principio del salvare il salvabile, in nome di una inviolabile sacralità, di un valore eterno. Altrimenti, l’infante non imparerà ad affrontare la realtà e, come tante donne ancora oggi, continuerà a ricercare un padre con cui condividere una vita erotica, una dolce metà che si risolva in un mesto e opprimente carceriere.
La naturale conclusione di tutto ciò è la storia di Klodiana Vefa, la donna albanese freddata dal marito, e di tante altre, di quelle che divengono stalker, che sono tossiche e non riescono a vivere se non entro tale tossicità, senza alcuna indipendenza emotiva e intellettuale.
Quando si ama non si diviene una cosa sola, si sta come due solitudini che scelgono di non avere paura dell’alterità dell’altro, della libertà che a questo appartiene e che può divenire anche negazione dell’amore, repulsione, rifiuto.
In quel video di pochi minuti, molti Italiani hanno proiettato il loro stanco miraggio di un universo infantile che, già negli anni ’50, manifestava tutta la propria inquietudine e squallore.
La bambina ha unicamente da imparare a vivere in uno spazio sociale in cui i punti di riferimento di altre epoche sono naufragati, l’orizzonte è stato cancellato. Dio è morto, il padre l’ha seguito di lì a breve. Non si esiste in quanto membri di una famiglia, poiché genitori o figli, a seconda del contesto, ma come individui. Il Muro di Berlino è caduto, una società è venuta meno – del resto, l’Occidente è proprio lì dove il sole tramonta e ci si prepara a un nuovo giorno.
“L’amore è da reinventare, si sa”, dice il poeta, Rimbaud, nel 1873: “Loro non possono volere altro che una posizione sicura. Raggiunta la posizione, cuore e beltà vengono messi da parte: resta solo un freddo disprezzo, alimento del matrimonio, oggi”. Si rassegni la giovinetta, domani, giustamente, nessun maschio sarà più così scemo da caricarsi a vita una domestica con cui copulare unicamente il numero di volte utile a generare una famigliola del cazzo.
L’epoca dell’Individuo sta arrivando – o speriamo che sia la volta buona. Finalmente, non avremmo più bisogno di qualcuno per definirci, di questa farsa dell’essere per forza qualcosa che stringe al collo come un cappio mortale. Entriamo finalmente, e con ingiustificabile ritardo, nel nuovo millennio.
Matteo Fais
Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais
Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81
Facebook: https://www.facebook.com/matteo.fais.14
Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.