SE PENSI ALL’IMPERO ROMANO OGNI GIORNO, È PERCHÉ HAI UN DISAGIO – L’ULTIMO TREND SOCIAL (di Melania Acerbi)
Cosa non si legge sui social! Ogni giorno, una buffonata degna di quest’epoca di pagliacci e mezze seghe. “Quante volte pensi all’Impero Romano?”: ecco la domanda che Arthur Hulu, utente e ricercatore svedese, noto online come Gaius Flavius, chiede alle follower di Tik Tok di porre agli uomini a loro vicini, siano essi mariti, padri, fidanzati. Tale quesito gira vorticosamente sul web, negli ultimi tempi. Un fenomeno – da baraccone – mondiale. Viene citato addirittura sul “New York Times”, “Washington Post” e sulla rete “Fox News”.
A quanto pare, gli uomini sembrano dirigere spesso i propri pensieri all’Impero in questione. Alcuni sostengono anche più volte durante una stessa giornata. Praticamente come al porno (categoria mommy e femdom), all’acquisto di foto di piedi su OnlyFans o al sollazzo che dà loro fare i money slave.
Perché? Senza dubbio, il mito di Roma e dell’Impero forte, guerrafondaio, dominante, dell’esercito invincibile, di soldati disciplinati e di impavidi guerrieri gioca la sua parte nell’immaginario collettivo, andando a stimolare l’universo mentale disturbato del maschietto medio, celibe involontario, spalle strette, alieno a qualsivoglia attività fisica, seduto in cameretta a frignare perché ghostato su Tinder, quando sognava di conquistare Nazioni e lande smisurate. Come non figurarselo, in effetti, armato di scudo e spada, mentre fa a pezzi un avversario dal volto truce, quando sicuramente non ha fatto neppure il militare!
Probabilmente, in molti percepiscono l’epoca in questione come depositaria di un ordine andato e persino socialmente giusto, perché ognuno, allora, stava al proprio posto: uomini e donne anzitutto, s’intende – “allora, non c’erano i social….”.
Il gladiatore è modello di mascolinità: ammazza uomini, animali feroci, cavalca orsi… Ah, no, quello è Putin! Putin è un gladiatore, non può essere altrimenti – già qui, si sente puzza di omoerotismo a distanza di chilometri. Oppure Putin è virile come Giulio Cesare, il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti? Come lui, infatti, è alla guida di un grande Impero civilizzatore, no?
D’altronde, si sa: Mosca è la Terza Roma. Poteva andare peggio, almeno è sul podio. Scherzi a parte, l’Impero Romano ha sempre suscitato, giustamente, grande interesse ed è da sempre oggetto di idealizzazioni e mistificazioni, nonché centro ispiratore di innumerevoli narrazioni ideologiche. Basti pensare al mito di Roma costruito durante il Ventennio.
Non si prenderanno di certo in considerazione testimonianze come quelle di Ammiano Marcellino che scriveva, tra le altre cose, di degrado culturale e morale, di corruzione, di barbari, di orge e di puttane in giro per le strade della Capitale. Men che meno le taglienti parole di Tertulliano, un apologeta del cristianesimo che inveiva contro i pagani e contro le loro pratiche abiette (“Parimenti, dove si trovano coloro che, per guarire dall’epilessia, succhiano, durante uno spettacolo di gladiatori, con avidità sitibonda, il sangue ancora caldo scorrente dalla gola dei prigionieri sgozzati nel circo? […] Voi che mangiate di queste cose, di quanto siete lontani da quei festini che imputate ai cristiani?”).
Roma (quella imperiale) come origine e come telos della Civiltà Occidentale? Può darsi che sia questo il mito di riferimento, in parte da sfatare, come ogni mito. “Roma” è per molti sinonimo di “nobiltà”: del potere, dell’uso della forza, della legge e del diritto, dell’uomo con la sua dignità, dei valori civili. Roma, in una parola, è il contrario di barbarie.
Del simbolismo imperiale si sono serviti, a più riprese, un po’ tutti nel corso della storia, come fosse di per sé sufficiente a mostrare una volontà tesa a ciò che, in fin dei conti, è giusto.
Impossibile non notare, però, certe coincidenze, se non altro in Italia: chi esalta l’Impero Romano, spesso, è un sostenitore del Cesare delle Steppe – nonché di un noto pittore frustrato di Braunau am Inn, in Austria, e di un nostro connazionale che amava urlare e gesticolare dai balconi.
Che il nuovo Zar sia considerato l’ultimo portatore di tutti quei valori civili e, soprattutto, virili propri della romanità che ci appartiene e che dev’essere tramandata ai posteri? I requisiti sembrano esserci tutti: la celebrazione della patria (“la Grande Russia”), della forza, dell’esercito, della tradizione (qualunque cosa significhi in questa circostanza), della Storia (attenzione, con la S maiuscola!).
Putin rappresenta per i suoi fan l’unico Uomo capace di riportare ordine e disciplina, che, idealmente, è ciò che più si avvicina a quell’ordine che fu, e a cui la Gayropa devirilizzata del ventunesimo secolo deve immancabilmente tendere.
Senza rischiare di esagerare troppo, si potrebbe affermare che tra i nostalgici dell’Impero, spesso fuorviati da ideologie e da mistificazioni cinematografiche e infantili, si contano sostenitori di regimi energici e totalitari, amanti di uomini robusti – forse troppo amanti – e visionari (a modo loro). In altre parole, non ci resta che piangere.
Melania Acerbi
L’AUTRICE
Melania Acerbi è nata a Pistoia, il primo di settembre del 1993. Storica dell’età moderna, laureata a Firenze. I suoi studi si concentrano sull’impatto del Nuovo mondo su quello Vecchio, sulla storia della cultura, delle idee e dei viaggi per mare. Fonda nel 2017, insieme a Piero Manetti e al professor Igor Melani, il Seminario Permanente di Storia Moderna che si tiene ogni anno al Polo di Storia dell’Università degli studi di Firenze (e in diretta streaming).
Titolo clikcbait e articolo dai toni altezzosi, se ne parlano solo certi giornali americani e noi non ne sapevamo niente fino ad oggi è perché è un ‘trend’ che non riguarda l’Italia. Era solo una scusa per parlare male dei Putiniani, il che va anche bene ma sinceramente i pezzi di questa signora non li aprirò più, si crede accattivante ma è solo spocchiosa. Ho ben capito il tipo di donna.
Meglio pensare all’antica Roma (in contrasto con quella attuale) che farsi dettare gli spunti di riflessione da tictoc.