L’ASSURDA IDEA DI CONSENSO DELLA VON DER LEYEN (di Matteo Fais)
Nel mondo che si prospetta davanti a noi, che tutto è fuorché libero, liberale e libertario, anche i rapporti umani andranno incontro a una sempre maggiore burocratizzazione – con tutti gli inconvenienti che di solito questa comporta. La questione del consenso sessuale, di recente risollevata dalla Von der Leyen si muove proprio in tal senso.
L’ossessione della signora per la trasparenza ha qualcosa di morboso e perverso, si potrebbe osare dire di “molto europeo”, in cui tutto va stabilito e concordato secondo parametri comuni – tutto ciò che a lor signori conviene, sia chiaro. Anche una materia così sfuggente come la sessualità non poteva non finire sotto la lente della volontà di controllo diffusa.
Da qui la sua proposta per rendere legge la necessità di un consenso precedente alla copula, un consenso esplicito. Già così, la confusione sotto il cielo si fa immensa. Cosa rende il consenso tale? Ogni volta, prima di sfiorare i fianchi della propria moglie, compagna, fidanzata, convivente, bisognerà far firmare una liberatoria? E, anche qualora si dovesse essere forti di un pezzo di carta con tanto di firma in calce, chi garantirà che la sottoscrizione non sia stata estorta a mezzo di coercizione?
Secondo la cara Ursula, “no significa no”. Verrebbe da dire, “d’accordo, purché questa contrarietà sia esplicitata in modo inequivocabile”. Non può essere che, se Gino comincia a baciare Pina sul collo, mentre questa sta passando lo sgrassatore sul banco della cucina, e tra un mugugno e l’altro finiscono per consumare, poi, lei si alzi dal letto e gridi “QUESTO È STUPRO”.
Tra parentesi, sarebbe curioso sapere quanti uomini – e donne -, nell’avanzare la sacrosanta richiesta di una scopata alla persona con cui condividono la vita, pongano in modo apertamente la domanda “Ci stai?”. Che morte tragica della poesia! Praticamente, come strangolare l’erotismo.
Ma non è ancora questo il punto. Casomai, il problema è la potentissima arma di ricatto che stiamo ponendo nelle mani di ogni svalvolata in circolazione. Qualsiasi femmina fragile e vendicativa, vedendosi lasciata, magari alla soglia dei 35, pensando che entro pochi anni sopraggiungerà la menopausa, potrebbe pensare di passare all’attacco e farla pagare all’infido ex.
Le contingenze possono essere tante, la situazione sfuggire totalmente di mano, i tribunali ritrovarsi intasati. Nel 90% dei casi, peraltro, si tratterebbe della parola femminile contro quella maschile. Potersi difendere diventerebbe impossibile. Se si perde la distinzione netta tra stupro reale e mesta esperienza, il gioco va a puttane, l’ansia sale, diventa ingestibile e bisognerà cominciare a guardarsi anche dall’essere umano con cui condividiamo le lenzuola. Le persone si troverebbero costrette a installare telecamere a circuito chiuso dentro casa e ad archiviare traccia di ogni rapporto. Una pazzia totale, un manicomio tra le mura domestiche!
Purtroppo si fanno largo sempre di più movimenti maschilisti e femministi il cui sogno è il controllo sulla sessualità altrui, tra chi auspica donne sottomesse con il velo, costrette a darsi anche a uomini che non amano, e femmine impazzite che vorrebbero imporci di trovare attraenti le ciccione o, appunto, di vivere nel timore anche di approcciare una tizia qualsiasi, perché tutto può risolversi in violenza sessuale.
Intanto, la stravaganza dilaga e c’è chi, come Hélène Gateau, con il suo libro Pourquoi j’ai choisi d’avoir un chien (et pas un enfant), loda la propria scelta per un cane in luogo della maternità e vorrebbe seriamente far credere che le due esperienze siano anche solo assimilabili. Il tutto prima di asserire che “Quando si sceglie un animale entra in gioco una sorta di estensione di sé stessi. Il mio bisogno di controllo, la mia paura degli aspetti imprevedibili della vita e il mio individualismo spiegano senza dubbio la mia decisione di avere un animale piuttosto che un bambino. In un certo senso è meno rischioso”. Insomma, più una questione psichiatrica che altro. Se dovesse passare l’idea del consenso esplicito, la situazione non potrà che peggiorare in tal senso e saranno tanti a preferire il cane alla possibile galera. Anche chi ancora non è pazzo, alla fine, sarà costretto a diventarlo.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.