IL PESTAGGIO DELL’INDIANO, A ROMA, NON È GIUSTIZIA (di Matteo Fais)
L’italiano è una creatura strana. Se le tasse sono alte – follemente alte -, lui cerca di evadere quel che può per campare in pace, senza mai impegnarsi in una battaglia civile che garantisca una misura di equità comune, all’insegna del principio “si salvi chi può”. Se gli mettono il green pass obbligatorio, lui si vaccina perché “che ci posso fare”.
Tutto, qualsiasi cosa pur di non doversi impegnare in modo serio. Similmente, invece di fare qualcosa che smuova davvero l’opinione pubblica contro il degrado delle città, in mano a bande di immigrati sbandati, anziché chiedere pene più severe – fino a ottenerle -, lui, se becca lo scippatore, come successo al Quarticciolo, in Roma, parte con il linciaggio.
Una scena di pura follia e degenerazione urbana. Basta guardare il posto, nelle riprese fatte da quella signora che urla e bestemmia, per capire come da un luogo simile non possa venire fuori niente di meglio. Le botte, la violenza, la rabbia paiono fuoriuscire direttamente da quei muri, dall’assenza di cultura e di senso civico.
Invece di fermare il ragazzo autore dello scippo, che peraltro non ha opposto resistenza, si è proceduto a massacrarlo – addirittura uno si è esibito, volutamente mancandolo, in una serie di mosse da arti marziali. La scusa avanzata da tanti commentatori social è che la gente ha di simili reazioni perché sa bene che i criminali – e, anche in questo caso, così è andata -, una volta presi, vengono messi fuori dopo un paio di ore. Non che quest’ultimo aspetto non sia vero, ma è altrettanto certo che gli Italiani non hanno mai fatto niente per imprimere un diverso corso alla giustizia – se non recarsi a votare per la Meloni, sperando che ripristinasse misure fasciste capici di permettere, come ai bei tempi andati, “di uscire di casa lasciando la porta aperta”.
No, signori, in una democrazia evoluta, le cose non funzionano esattamente in questo modo tra calci volanti, tirapugni e fucilazioni sommarie. Bisogna battersi per un Paese in cui la giustizia sia giustizia, in cui chi sbaglia paga con la reclusione, non con il far west, le sparatorie e i cazzoti di un branco di persone – come quelle del video – sovente ancora più sbandate e malavitose del delinquentello in questione.
La giustizia non è un hobby come il bricolage, non esiste nella versione fai da te. Richiede una struttura, Leggi serie e sensate, chiare, che non lascino troppi margini alla libera esegesi di una magistratura ideologizzata. Soprattutto, si realizza nelle aule dei tribunali, non in strada e meno che mai con scontri tra bande armate.
Meglio ripeterlo: l’esistenza di una criminalità di importazione, feroce e senza remore, non giustifica l’italico lassismo. La risposta violenta delle masse può esistere solo come extrema ratio al cospetto del silenzio della Politica. Ma, prima di poter parlare di questo, la gente deve alzare la voce sul serio e su base democratica, manifestando, agitandosi, non recandosi al bar e, tra un caffè e una birra, tenere un comizio a uso e consumo di 4 pensionati ciucchi, intenti a giocare a carte.
Purtroppo, molte persone sono convinte che basti lamentarsi con gli amici, mentre si fa colazione, per assolvere al proprio dovere civico di cittadini. Ma, no, questa non è ancora giustizia, bensì solo un’altra faccia del degrado.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.