Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL POPOLO DEI SOCIAL È VERAMENTE SPAVENTOSO E LE REAZIONI ALLO STUPRO DI PALERMO L’HANNO DIMOSTRATO (di Matteo Fais) 

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“E non ti convince per niente il programma che stanno dando/ Ma che strano, nessuno lo può più cambiare col telecomando/ Perché è sangue su sangue, sangue su sangue soltanto” (Francesco De Gregori, Sangue su sangue).

Se Epicuro fosse vivo, oggi, certo consiglierebbe come non mai di vivere nascosti, di non lasciar tracce, sicuramente di cancellarsi da Facebook. I social sono come le stalle con i maiali: concentrando la massa, generano il fetore. La stramberia che, fino a trent’anni fa, veniva letta solo sul giornale – per chi lo leggeva, ovviamente – oggi viene riproposta in mille salse dall’algoritmo, attraverso i titoli delle testate online e gli stati degli utenti. Similmente, la rabbia del vecchio zio che fa considerazioni razziste al bar, contro il negro e il terrone, si riverbera in mille milioni di Italiani che mettono per iscritto le stesse sciocchezze.

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Quanto successo pochi giorni fa a Palermo, il terrificante stupro compiuto dai sette ragazzi, ha fatto venire a galla tutta la rabbia repressa che abita lo spirito dell’italiota medio, animato da una sete di sangue inconcepibile per un essere in teoria civilizzato. Le facce dei giovani esposte, il desiderio folle di vendetta con cui il seppur minimo barlume di ragione non ha niente a che fare, l’augurare a quei giovani di subire a loro volta uno stupro, di marcire in galera, le minacce di morte alle loro famiglie di provenienza, la madre di uno esposta al pubblico ludibrio…

No, tutto ciò non è sano, non è normale. È piuttosto il piacere della Crocifissione che prova ogni Barabba, il ripudio di qualsiasi senso di pietà, la furia primitiva che, dalla notte dei tempi, ci porta a versare sangue su quello già caduto. “Sei ancora quello della pietra e della fionda,/ uomo del mio tempo/ […] E quell’eco fredda, tenace,/ è giunta fino a te, dentro la tua giornata.”, per dirla con il poeta.

Quest’odio alimenta l’algoritmo, lo fa girare come un proiettile che rimbalza impazzito di palo in palo. Il meccanismo criminale nutre un circuito di livore disumano in nome del Dio Denaro, per cui chi scrive qualcosa di sensato – e certo non prende molti like da chi alla ragione preferisce il verso intestinale – non viene fatto circolare. L’uno rintuzza l’altro, gli conferma che la sua bava alla bocca non ha niente di sbagliato perché è la stessa che si trova su tante altre bocche. Chi agisce in nome del male cerca sempre dei sodali, solo il bene si può fare anche da soli – essendo una scelta che proviene dal profondo del cuore del singolo.

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Questo è il mondo con cui abbiamo a che fare, questa la gente che ci circonda, quella che dopo più di 2000 anni di pensiero ancora crede in un’unica legge, in cui la spada divide irreparabilmente, senza speranza di ricucire; in cui il passato non è mai solo passato, ma diviene eterno presente con la vendetta che lo rinnova quotidianamente.

Interessante – tanto quanto aberrante – è notare nel popolo la presenza di una rabbia che ha probabilmente un’infinità di motivi per esistere ma che tende, di volta in volta, a incanalarsi verso il caso del giorno – il nuovo assassinio, il recente femminicidio, lo stupro più gettonato tra gli hashtag di Twitter. 

Così facendo, la furia potenzialmente pericolosa contro il Sistema si dissipa in mille rivoli, in questioni che sono gravi solo perché mediaticamente esplosive ed esplose – quante nigeriane, ogni giorno, nella sola Italia, vengono violentate dai propri aguzzini, eppure non si sente granché indignazione presso le masse perché tv e giornali evitano di parlarne, proprio come del precariato e di tanti altri temi massimamente presenti che non trovano rappresentazioni sui nostri schermi in 4k. 

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A margine, fa sorridere pensare alle donne che, in preda all’indignazione per l’atto bestiale, hanno deciso di postare i propri autoscatti con l’hashtag #iononsonocarne. Come se un uomo capace di attendere la sua vittima nel vicolo buio, o sequestrarla per abusarne, si lasciasse dissuadere da un selfie. O come se un uomo civilizzato credesse nel dovere di rispettare la libertà femminile sulla base di qualche migliaio di tweet. Suvvia, evitiamo almeno il ridicolo!

Matteo Fais 

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81

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Email: matteofais81@gmail.com

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

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