IL GENERALE VANNACCI, LE DUE DIVERSE CENSURE E LA MAGGIORANZA SILENZIOSA (di Matteo Fais)
“Il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni.” (Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando Editore).
È scoppiato un casino che la metà basterebbe. Il Generale Roberto Vannacci, reo di essersi autopubblicato questo libro intitolato Il mondo al contrario, ha perso il posto – onore a lui che non ha rinnegato niente, dimostrando di essere un uomo d’onore. Inutile pure consultare i Codici del Diritto, perché sono pieni di parole vaghe e indefinite che lasciano troppo spazio alla libera interpretazione, quindi ai magistrati.
La cosa che lascia basiti è la corsa alla censura richiesta da tutta la Sinistra. Il vero problema è che a Destra ci sarebbe la stessa risposta, uguale e contraria, se solo non mancasse la forza data dall’egemonia culturale. Praticamente, in Italia, ci troviamo sempre a dover scegliere tra due opposte forme di coercizione che si contendono il territorio, una vera e propria sfida tra cani a chi piscia di più sul palo.
Cosa manca in tutto questo quadro, suscitando sincera preoccupazione nelle poche persone sane di mente? Giusto la democrazia liberale, un complicato sistema, di cui tanto bene parlò Karl Popper, secondo cui a ognuno, in una società aperta, è permesso di proferire la propria opinione pubblicamente, senza andare incontro a censura, fintanto che non si dà vita, per porla in essere, a una banda armata.
Insomma, manca la tolleranza, il rispetto, la dialettica, tante tantissime cose che renderebbero più sana questa perversa società, evitando la fascinazione per i regimi autoritari – secondo il ragionamento folle dei più “se non ho massima libertà, tanto vale vivere dove questa viene totalmente repressa”.
Il caso del Generale Vannacci – che, questo è bene sottolinearlo, parla a nome di sé stesso e non dell’Arma – è sintomatico di un Paese culturalmente allo sbando, in cui regnano mafie intellettuali che decidono cosa può e cosa non può essere detto. Ma la soluzione non può trovarsi nel prevalere dell’una sull’altra, perché il risultato è comunque totalitario.
Cionondimeno, quanto scritto da lui è tranquillamente sottoscrivibile, in particolare perché non è stato ritrattato, rinneggato e ridiscusso: “Quando gli occupanti abusivi delle abitazioni prevalgono sui loro legittimi proprietari; quando si spende più per un immigrato irregolare che per una pensione minima di un connazionale; quando l’estrema difesa contro il delinquente che ti entra in casa viene messa sotto processo; quando veniamo obbligati ad adottare le più stringenti e costosissime misure antinquinamento, ma i produttori della quasi totalità dei gas climalteranti se ne fregano e prosperano; quando le città si trasformano in luoghi per single benestanti e alternativi mentre lavoratori, operai e Famiglie sono costretti ad abbandonarle; quando definirsi padre o madre diventa discriminatorio, scomodo ed esclusivo perché urta con chi padre o madre non è. Molti chiamano questa condizione Civiltà e Progresso. Ecco, questo libro è dedicato a tutti gli altri!”. Il fatto che sia stato rimosso prova – come se servisse una dimostrazione – che una qualche forma di lobby esiste realmente nel nostro Paese.
Un discorso a parte, poi, merita il pubblico di Destra, quello che alle parole del militare ha avuto un moto erotico, quasi un alzabandiera, al cospetto della divisa, per chi esprime rozzamente opinioni del valore di quelle promosse dal vecchio zio ubriaco, durante i pranzi delle feste comandate. Basta scorgervi qualcosa di vagamente contrario al negro, alle femministe e via dicendo, perché vi sia una sbandata letteraria.
Qualcuno ha paragonato il successo del libro a una sorta di rivolta, o almeno manifestazione, della maggioranza silenziosa. Niente di più odioso di questa realtà umana che vive rifiutando ogni rischio e compromissione. L’unica cosa positiva del Generale è, infatti, aver messo a rischio la sua vita professionale per le proprie idee, invece di vivere serenamente entro il proprio status e rifiutando il pericolo di una presa di posizione autentica, in faccia al mondo, che metta in discussione la serenità di un’esistenza mediocre da servitore dello Stato. In tal senso, onore a lui. Di solito, un italiano di merda lo distingui perché è uno di quelli che, qualunque regime ci sia al Potere, non finirà mai di fronte al plotone d’esecuzione.
Matteo Fais
Che te devo di’ Matteo, viviamo in quel girone dell’inferno dove, quando ci capiti per la prima volta, vedi un’infinità di persone immerse nella merda fino al collo e allora ti convinci che un po’ di puzza non è il peggio che ti possa capitare se confrontato alle fiamme e a tutti gli altri orribili supplizi. Peccato che nel momento in cui hai preso posto tra gli altri, il demone di guardia ti dica: “ragazzi, la ricreazione è finita. Tornate a sedervi”.