SE CI TOCCA PURE DIFENDERE LA DE GREGORIO POLITICAMENTE SCORRETTA (di Matteo Fais)
Avete presente quando chiamate il vostro amico che, da 20 anni, ha confessato a tutto il gruppo di essere omosessuale e vi rivolgete a lui dicendogli: “Ehi, vecchio culattone, come stai?”. Oppure, quando contattate un’amica storica, e così, senza motivo, le fate: “Ciao, vecchia troia ciucciacazzi”. Non è che ce l’abbiate contro i gay o le mignotte, è che semplicemente si scherza, come quando l’amico frufru ti dice, anzi ti squilla, nell’orecchio: “Ehi, puttaniere, come te la passi?”.
Tutto ciò è ovviamente consuetudine tra le persone normali e sane di mente, quindi non tra i compagni che, disperati per l’assenza di argomenti di discussione, durante il periodo estivo, salvo i 90 anni di Toni Negri – per chi se ne è reso conto -, si sono ridotti a fare le pulci ai pezzi scritti al cesso, col cellulare, in dieci minuti, da Concita De Gregorio.
Il casus belli è l’intervento, su “Repubblica”, dell’ex direttrice dell’Unità, intitolato Il valore di un selfie, in cui la bella signora stigmatizzava il comportamento incivile di quei ragazzi che, per farsi una foto da pubblicare sui social, hanno sfregiato un’antica statua nel Varesotto.
La giornalista, evidentemente dimentica della demenza che affligge la mente dei compagni, probabilmente in preda alla fretta, ha parlato di questi giovani come di mongoloidi afflitti da un deficit cognitivo.
Apriti cielo! I sinistri suoi amici sono tutti insorti gridando allo scandalo, per il parallelo tra quei poveri cretini del selfie e i ragazzini che hanno bisogno dell’insegnante di sostegno. Ovviamente si trattava di una metafora, un’immagine semplice, palesemente buttata giù in fretta e furia, non certo di un articolo dai toni abilisti.
Niente, a Sinistra proprio non ce la fanno! Per quanto politicamente corretto uno possa essere, c’è sempre uno più politicamente corretto che lo epura. È prassi di lungo corso tra quei mongoloidi dei compagni di darsi addosso l’un l’altro: come quando il Fascismo stava per prendere il potere e quei deficienti, a causa del loro deficit cognitivo, non riuscivano a fare di meglio che accusarsi l’un l’altro di essere fascista.
Insomma, Concita si è trovata suo malgrado dalla parte dei cattivi. A Sinistra, dopo questo intervento, non la possono più vedere. È tutto un profluvio di insulti da “ignorante” a “sottoprodotto culturale del PD”. Da quelle parti, si sa, ognuno è sempre più a sinistra dell’altro, in un processo senza fine tale per cui nessuno può mai fino in fondo essere portavoce del pensiero del Partito perché ce n’è sempre un altro che la sa più lunga di lui. Ecco dunque che, come per magia, persino la fedelissima maestrina del politicamente corretto, sempre armata di penna rossa e inchiostro concentrato di buoni sentimenti, può ritrovarsi sotto processo da parte dei suoi sodali – un po’ come le BR che, in carcere, interrogavano e giudicavano alcuni tra loro per eccessiva eterodossia.
I Rossi direbbero che tutta questa è solo autocritica interna. In verità, come si può ben capire, si tratta di sintomatiche manifestazioni del disagio psichiatrico che non lascia scampo a quella parte politica. Da Destra, non resta che farsi quattro risate. Si seppelliranno da soli.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.