FEMMINICIDIO, UN PROBLEMA CHE LE DONNE POTREBBERO RISOLVERE (di Matteo Fais)
Si sa, già il termine, di per sé, è una cazzata: è un omicido. Nessuno attacca le donne in quanto donne – casomai, chi ha scritto un manifesto incitando all’assassinio del genere opposto era una femmina, e precisamente Valerie Solanas.
Ma si può ipotizzare – per una volta – di prendere per buona la parola, ormai entrata nel lessico comune e di cui nessuno sembra volersi sbarazzare. Lo si chiami pure femminicidio, allora.
Di chi è la colpa? Certamente di chi uccide, ciò è indiscutibile. Cionondimeno il femminicidio è evitabile, contrariamente a quel che si vorrebbe far credere. Non è neppure necessario “educare gli uomini”, come si sente spesso dire, visto che genericamente tutti i maschi sono stati introdotti al rispetto delle donne e nessuno vive segregato a distanza da queste. Tutti hanno avuto maestre, professoresse, amiche e si è convissuto con loro in assoluta tranquillità.
La questione è presto risolta, basterebbe guardare in faccia il killer di Sofia Castelli, tale Zakaria Atqauoi. Osservatelo. Voi comprereste un’auto usata da uno con quella faccia? Se siete sani di mente, è piuttosto improbabile. Altrimenti, ciò significa che siete stati abituati a trovarvi circondati da persone simili. Nel qual caso, è ovvio che qualcosa è andato storto fin da principio.
Insomma, per farla breve, se non ti accompagni a uno che palesemente è un delinquente, di solito non vai incontro a problemi. Se nel mondo c’è tanta gente di malaffare, è altresì vero che la maggior parte è tutto sommato costituita da persone perbene. Non saranno santi, non saranno esempi di kantiana lucidità morale, ma neppure vanno in giro con un coltello a rincorrere la fidanzata che li ha lasciati.
Sì, spiace dirlo ma è proprio così! Chi non insegue i delinquenti, nel 99 percento dei casi, vive una vita più o meno serena. Come dire che, se non ti catapulti nel centro dello spaccio, a comprare droga, è ben difficile che finisca in mezzo a una retata della polizia.
Easy peasy lemon squeezy, come dicono in territorio anglofono per indicare un’operazione particolarmente semplice. Se, poi, una è attratta da gentaglia manesca, stile Fratelli Bianchi, con quello sguardo che farebbe impallidire persino Freddy Krueger e Leatherface, la colpa non è del genere maschile, ma della propria idiozia.
Caso strano, non si ha notizia di un laureato in Matematica, Filosofia, Lettere e via elencando che abbia trovato la propria realizzazione menando la moglie, la fidanzata, o una qualunque ragazza incontrata al bar. Sarà che, solitamente, acquisito un livello medio di civilizzazione – cosa che dovrebbe essere comune tra chi aveva almeno il buongusto di stare seduto al suo posto, mentre il professore delle medie parlava – è difficile che si manifestino atteggiamenti antisociali tanto estremi. Nella peggiore delle ipotesi, il soggetto in questione potrebbe alzare la voce dopo aver trovato la propria compagna a letto con 5 uomini, mentre si intratteneva in una simpatica gangbang, per poi uscire dalla stanza con un’espressione da cane bastonato – cosa assolutamente comprensibile.
Scusate l’ovvietà ma, in un mondo capovolto, anche dire una cosa scontata può diventare un atto rivoluzionario.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
Stupendo, come sempre
E bravo Matteo, hai buttato il sasso e tutte le rane hanno cominciato a gracchiare… quel tanto per dimostrare che non capiscono nulla di pubblicità. Non importa se ne parlono bene o male, ciò che conta è che ne parlino.
(O. Wilde)
Emanuele Lottici (vedi commenti), mi auguro non si tratti di solo marketing.
Matteo scrive da tempo immemore e sempre senza voler compiacere la platea nella sua interezza. Parla di argomenti scomodi esperimendo opinioni personali razionalmente pesate e altrettanto scomode, generando inevitabilmente il malcontento di una parte dell’audience.
Oggi fa incazzare le donne, domani farà incazzare me forse, ma resta un piacere leggerlo.
Scrive per esprimere a mio avviso, e lo sa far molto bene, in modo tanto conciso quanto incisivo, lanciando messaggi e spunti di riflessione forti.
La pubblicità è altro
Sulle ovvietà siamo d’accordo. Il giorno che Fais produrrà un’analisi o addirittura un pensiero originale nevicherà a Petra e senza bisogno di geoingegneria o inseminazione delle nubi che dir si voglia.