DIFENDERE L’INDIFENDIBILE – ELOGIO DI ALAIN ELKANN, ANTITESI AL POPULISMO NOSTRANO (di Davide Cavaliere)
Lo confesso: adoro Alain Elkann. Ammiro questo dandy fuori tempo, erede di quel maestro di stile che fu l’Avvocato, a suo agio tanto a New York quanto a Locarno e Torino. Mi piacciono persino i suoi libri, che mescolano Moravia e Philip Roth, cravatte ed ebraismo. Anche io vorrei intervistare grandi letterati, visitare mostre di arte contemporanea, pubblicare con Bompiani. Insomma, invidio ad Alain la possibilità di oziare similmente a un antico romano.
Come Elkann – ed è forse l’unica cosa che ci accomuna – ho l’abitudine di leggere quando viaggio in treno e sono profondamente disturbato dalle cacofonie adolescenziali. Capisco persino il suo fastidio nel non essere notato. Io, se incontrassi il canuto Alain, gli chiederei di parlarmi di Arbasino e Montanelli, non penserei certo alle italopiteche da “beccare”. Le ragazze sono tutte disastrosamente simili, mentre di Alain ce n’è uno solo.
Il brillante autore di Anita e Piazza Carignano non ha scritto un articolo classista, è troppo aristocratico per disprezzare i poveri, il classismo infatti è per gli arricchiti mica per i ricchi, si è limitato a ricusare uno sbraco e una volgarità diffusi, ormai ubiquamente, presso tutti i ceti sociali. I ragazzi descritti da Elkann, non certamente dei poverelli d’Assisi, dato che viaggiavano in prima classe, condividono coi loro coetanei delle periferie la medesima ignoranza e la stessa povertà lessicale.
Chi, come Alain, ricco o povero che sia, abbia a cuore la cultura e il bello stile, nelle lettere come nell’abbigliamento, non può che rimanere turbato dallo scenario attuale. In tal senso, “l’uomo dai capelli bianchi” viene, davvero, da “un altro mondo”. Non quello della sinagoga o della grande industria, bensì da quello di una decency che, un tempo, era patrimonio comune.
Elkann non sta “snobbando” i poveri, categoria strattonata da destra a sinistra, tutt’altro, sta prendendo atto di una linea di demarcazione ben più profonda di quella censitaria, una faglia che separa un tempo di ieri fatto di orologi da polso, stilografiche, cartelline di cuoio, alta cultura; da quello di oggi che ammonticchia iPhone, lattine di dolciastro tè freddo e terrificanti scarpe Nike.
I mezzi pubblici sono una proiezione di tale bruttezza dominante e chiassosa. Fare un viaggio in treno è incontrare questa negazione del meglio dell’umano, da tempo smarrito tra night e pessima musica. I rancorosi populisti nostrani accusano Elkann di essere “distaccato dalla realtà”, ma è proprio questa separatezza che lo salva, che lo rende migliore dei suoi compagni di viaggio. La sua indignazione è una manifestazione di salute mentale e di accresciuto senso estetico. Impariamo anche noi, nei limiti delle nostre possibilità, a secedere da questo mondo di tatuaggi e lattine.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
L’autore qui si è dimenticato di citare il figlio Lapo. E andiamo…