LE ACCUSE DI VIOLENZA A ROCCO SIFFREDI E LA QUESTIONE DEL CONSENSO (di Matteo Fais)
Nell’ambito dell’anglosfera, sempre pericolosamente avanti, è in corso un acceso dibattito, per quanto a senso unico, sulla questione del consenso nel mondo del porno, che vede coinvolto anche quello che alcuni considerano l’eroe nazionale, Rocco Siffredi. È ben più che probabile, la cosa vada a impattare anche sulle nostre vite quotidiane – si pensi solo ai casi del figlio di Grillo e di quello di La Russa.
Come noto, il settore del cinema a luci rosse è stato in parte sdoganato, anche grazie all’impetuoso giro di denaro che gli ruota intorno, ed equiparato a un’occupazione vagamente peculiare, ma tutto sommato accettabile, lecita, quasi da normalizzare.
Ogni giorno, dall’America all’Europa, tante ragazze cercano di avere successo entrando nel giro, buttandosi, se non proprio in un girone infernale, quantomeno in un circuito non facile da affrontare. Il porno, fino a prima dell’ingresso di tutte queste nextdoor girls (ragazze della porta accanto), era per definizione il regno dell’abnorme e del mostruoso, dell’abominio e dell’immondo, popolato da strane creature, sorte di divinità oscure della sessualità – in Italia, per esempio, Moana Pozzi e Cicciolina, donne che avevano scritto in faccia di appartenere a un’altra dimensione dell’eros, una dimensione anomala, inassimilabile, distante anni luce persino dalla più movimentata sessualità extraconiugale.
Oggi, l’ambiente, “the industry” come la chiamano loro, è totalmente differente e la gente ha sviluppato una morbosa attrazione per lo spiare, dal buco della serratura, i presunti comportamenti e attitudini sessuali di quelle che, almeno potenzialmente, potrebbero essere ragazze normali, amiche, tipe intraviste in spiaggia o in qualche locale.
In tante si sono dunque buttate in the business, credendo che tutto sommato basti avere un poco di esperienza alle spalle per trovarsi di fronte a degli estranei che ti filmano mentre consumi un rapporto. Naturalmente, ciò non corrisponde al vero. L’amore estremo è un modus vivendi et essendi, richiede una particolare impostazione e predisposizione mentale, il superamento di un numero infinito di barriere e tabù, imbarazzi e limiti.
In troppe si sono illuse di potercela fare, tutte pensando secondo la formula del “it’s just a job”, cosa palesemente falsa. Succhiare cazzi per vivere non è esattamente come servire colazioni ai tavolini di un bar. Essendone dunque uscite moralmente e fisicamente devastate, hanno pensato bene di scatenare una battaglia per una maggiore regolamentazione – la parola chiave del nostro tempo è sempre questa – del settore.
Per quanto da noi la notizia non sia pervenuta, o sia rimasta nell’ombra – data la scarsa attitudine italica per la lingua inglese –, ciò ha condizionato anche la carriera di Rocco Siffredi. Un produttore, Tommie McDonald, che si diletta nel fare podcast sull’universo in questione, dal punto di vista e in difesa dei diritti delle attrici, dalle sue piattaforme, soprattutto YouTube – lo trovate registrato come LustCast –, ha lanciato tutta una serie di campagne in particolare contro chi, come Rocco o Pierre Woodman, praticano hardcore, cioè uno dei generi più estremi, che contempla anche atti quali il puking and pissing – roba tosta, insomma, e di cui, in America, il trapassato Max Hardcore è stato l’antesignano, arrivando a essere definito da alcuni un genio visionario, per quanto, francamente, stia appena un gradino più in basso di uno psicopatico.
Le ragazze, a ogni modo, lamentano di essere trattate come carne da macello – e voi che pensavate andassero a vendere il proprio corpo! –, di essersi sentite violentate dall’energico approccio di Rocco – stranamente, nessuna, prima di recarsi sul set, avrebbe visto un suo film, stando a quanto raccontano loro. Coadiuvate dall’intervistatore, palesemente appartenente all’aria woke-progressista, queste denunciano di non gradire sesso orale forzato, anale e tutta quell’altra serie di pratiche oggi tristemente in voga – verrebbe, infatti, da domandare loro cosa intendano per porno e, soprattutto, cosa ci facciano su teatri di posa.
A ogni modo, la cosa interessante e più problematica, quella che veramente potrebbe avere una qualche ricaduta sulle nostre vite, è la stramba idea di consenso che stanno propagandando e che, pian piano, va sempre più facendosi largo anche tra le persone comuni. Loro, per esempio, alla domanda sul perché non se ne siano andate, quando si sono trovate in una situazione evidentemente spiacevole, hanno tirato fuori mille argomenti dei più improbabili: “il mio consenso era condizionato dal senso di soggezione che suscita un figura famosa come Rocco”; “se non avessi finito la scena, non mi avrebbero pagata” – ma dai, vuoi essere retribuita per un lavoro che non hai portato a termine? –; “se dici di no, non verrai più scritturata”; “non avevo abbastanza soldi per potermi permettere di dire di no” – quindi, Rocco, prima di farti recitare con lui, dovrebbe pure indagare sullo stato delle tue finanze?
Come potrete ben capire, la situazione che si delinea è prossima al teatro dell’assurdo, con personaggi femminili che, al centro della sala di un bordello, vorrebbero preservare intatto il proprio imene. Molte pretenderebbero dunque di ridiscutere il consenso passato dato a certi video, accusare Siffredi per ciò che da 30 anni mette in scena nei suoi film. Una sorta di #metoo applicato alla pornografia – ci manca solo che qualcuna dica di averla dovuta smollare per lavorare!
Tutto ciò è chiaramente il derivato dell’aver fatto credere alle donne di oggi di non doversi mai tutelare, di poter aprire certe porte a cuor leggero, pensando di risultare sempre intoccabili. Se vai a girare un old goes young a 20 anni, con uno attore che ne ha 70, cosa speri di trovare se non un maniaco, un tranquillo nonnetto che va a dare da mangiare ai piccioni al parco?
Per non parlare di quelle che paiono catapultate un minuto prima da Marte e che, da giovanissime, sostengono di non aver immaginato come quel particolare video sarebbe stato visibile world wide, oggi che il web è praticamente il nostro spazio vitale principale e vi si trova di tutto.
Il consenso, per essere dato, presuppone una coscienza, la consapevolezza del sapere che cosa si sta facendo e spetta a ognuno di costruirsela. Non puoi pensare di guadagnare in una sera il corrispettivo dello stipendio di una cameriera, se non perché dovrai andare a compiere qualcosa che tanti altri non si sognerebbero neppure di mettere in atto.
Il punto è che, se permettiamo di ridiscutere ogni posizione presa a suo tempo, senza considerare che su un personale cambio di prospettiva non si può condannare qualcuno, facendolo passare da datore di lavoro a violentatore, sarà la fine e la distorsione totale, ovvero ciò che il femminismo sogna.
Bisogna assolutamente tornare a responsabilizzare le donne, o la situazione sfuggirà di mano, andando totalmente fuori controllo, e non solo per Rocco Siffredi, ma per ognuno di noi. È necessario far capire, almeno in ambito sessuale, per dirla con il geniale titolo di un’opera di Aldo Busi, che bisogna avere i coglioni per prenderla nel culo.
Matteo Fais
Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais
Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81
Facebook: https://www.facebook.com/matteo.fais.14
Email: matteofais81@gmail.com
Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.