GROTTESCO RUSSO: IL FOSCO FUTURO DELLA FEDERAZIONE, DOPO IL MANCATO COLPO DI STATO (di Davide Cavaliere)
A un anno e quattro mesi dall’inizio della guerra per conquistare l’Ucraina, la Russia appare sempre più in difficoltà, mentre l’autorità di Putin s’incrina progressivamente a causa dei continui fallimenti militari e delle difficoltà economiche.
Venerdì notte, Yevgeny Prigozhin, ex cuoco di Putin e ora capo dei tagliagole della compagnia Wagner, gli sgherri al soldo del Cremlino impegnati a seminare morte e terrore in Ucraina (e non solo), ha tentato di rovesciare l’ordine politico russo e di estromettere i suoi nemici politici dal Ministero della Difesa. Prigozhin, affermando di avere sotto il suo comando 25.000 combattenti, ha avviato una “Marcia della Giustizia” sul Cremlino, arrivando a poche miglia da Mosca prima di abbandonare la rivolta sabato, grazie alla mediazione del vassallo Lukašenka.
Un regime totalitario o semi-totalitario come quello russo si fonda sulla presunta infallibilità del Capo Supremo. Il mancato Colpo di Stato, implicitamente ed esplicitamente, ha messo in discussione l’unità di comando di un esercito in guerra, rivelando la disorganizzazione e la mancanza di una visione coerente degli obiettivi da perseguire da parte dei vertici militari russi.
All’inizio della sfortunata operazione, sui canali ucraini, molti scherzavano sulla situazione, dicendo che la guerra del Cremlino per cacciare il Presidente Zelensky, “ebreo e nazista”, si sarebbe potuta concludere con un mercenario ebreo (Prigozhin è di origine ebraica) che elimina il dittatore “antinazista” della Russia. Tralasciando i motti di spirito, prima della loro brusca decisione di abbandonare la rivolta, i mercenari della Wagner si sono avvicinati a Mosca più di quanto chiunque si aspettasse, dimostrando, come si diceva, la fragilità dello Stato russo e della leadership di Putin.
Prigozhin, prima della strana marcia, ha lanciato accuse furiose contro l’esercito russo per aver colpito, non si sa quanto erroneamente, una base della Wagner con alcuni missili. Gli obiettivi della sua furia erano il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e il Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov, recentemente nominato Comandante Generale delle operazioni militari russe in Ucraina. Putin aveva precedentemente permesso a Prigozhin d’insultare, pubblicamente e senza conseguenze, il Ministro della Difesa e il Capo di Stato Maggiore.
Diversi membri della Wagner, inoltre, da lungo tempo, accusavano l’esercito russo, da cui dipendono per munizioni, supporto logistico e aereo, di privare la compagnia dei rifornimenti necessari. Il 10 giugno, il Ministero della Difesa ha sfidato i signori della guerra, chiedendo a tutti i russi che combattono per compagnie militari private di firmare contratti con il Ministero della Difesa entro il primo luglio.
Putin, alla disperata ricerca di carne da cannone da spedire in Ucraina, si è reso troppo dipendente da mercenari come Prigozhin e Kadyrov. Al termine della battaglia di Bakhmut, probabilmente irritato dai pessimi risultati ottenuti, il Cremlino ha ordinato alla Wagner di allontanarsi dalla città e ha tagliato le comunicazioni con il suo capo. Prigozhin, dunque, ha preso le sue decisioni mosso da un senso di disperazione. Il suo tempo stava per scadere e la Wagner stava per essere assimilata dall’esercito regolare russo. Come Lenin dev’essersi chiesto “Che fare?”. Per un militare come lui, la risposta non poteva essere che un’azione di forza.
Nel corso del putsch, le truppe della Wagner hanno occupato Rostov, sede del quartier generale militare meridionale dell’esercito russo. Nel giro di poche ore, Prigozhin e i suoi uomini hanno preso il controllo del centro di comando russo che coordina le operazioni militari in Ucraina. La Wagner, tuttavia, non aveva uomini e mezzi sufficienti per conquistare una città delle dimensioni di Mosca. La velocità, l’efficienza, la disciplina del blitzkrieg hanno permesso alle forze della Wagner di avvicinarsi alla capitale. Molti osservatori hanno notato che il loro assalto è stato eseguito in modo ben più professionale rispetto a quello messo in atto da Mosca per far capitolare Kyiv l’anno scorso.
Alla fine la crisi è rientrata, ma il caso di tradimento che il procuratore generale ha aperto contro Prigozhin rimane aperto. Tanti commentatori hanno congetturato intorno a un presunto complotto “Prigozhin-Washington”, ma si tratta di una fantasia ben poco originale e fondata. Il sistema di potere russo non è dissimile da quello di uno Stato africano, con fazioni, clan, signori della guerra e tribù in perpetuo e latente conflitto tra loro.
Il professor Robert C. Tucker, storico e sovietologo ormai deceduto, ha spiegato come la storia russa si svolga in cicli di riforme, controriforme, rivoluzioni, controrivoluzioni. Con tutta probabilità, ci troviamo dentro un ciclo “controrivoluzionario”, dove mercenari ultranazionalisti operano per scalzare Putin dal potere. Il futuro è quanto mai fosco.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.