COME CONCILIARE DEMOCRAZIA E VALORI FORTI, INTERSOGGETTIVI: IL PENSIERO DI TZVETAN TODOROV (di Davide Cavaliere)
La libertà, nel mondo contemporaneo, è un problema per tutte le famiglie politiche, anche se non sempre in modo esplicito. Non la sopportano a Sinistra, dove è considerata un insidioso ostacolo alla marcia del nuovo «Progresso» razzial-sessuale; non la ama una Destra nostalgica e passatista, desiderosa di un po’ di sano e vecchio «ordine», solitamente incarnato da un leader risoluto a cui votarsi anima e corpo.
Certo, non si può negare che, nel corso degli ultimi due secoli, l’uomo moderno abbia conquistato la sua libertà, compresa quella di darsi da sé i propri valori e di conoscere il mondo senza preoccuparsi di ciò che gli antichi o i testi sacri hanno da dire al riguardo. Ma, tale libertà, è stata pagata a un certo prezzo, consistente nella rinuncia a forti valori comuni, a una tradizione consolidata e, talvolta, persino a un Io coerente e responsabile.
Il problema è presto delineato: come conservare la preziosa libertà dei «moderni», ossia quella privata e individuale, senza abbandonare valori, storie, patrie e pure a un’idea di «uomo» che sia qualcosa di più di una «macchina desiderante»?
Un abbozzo di risposta ha provato a fornirlo Tzvetan Todorov, l’intellettuale franco-bulgaro scomparso nel 2017, con un libro, mai tradotto in italiano – quando gli editori nazionali si risveglieranno dal loro torpore intellettuale sarà troppo tardi -, intitolato Le Jardin imparfait: La pensée humaniste en France (letteralmente “Il giardino imperfetto: il pensiero umanista in Francia”). Todorov propone una risposta che non è né conservatrice né utopista, bensì schiettamente umanista, e lo fa chiamando in causa alcuni «amici» di lunga data: Montaigne, Rousseau, Constant e Tocqueville.
Muovendo dall’assunto che gli uomini siano imperfetti, un kantiano «legno storto», come amano ripetere i reazionari di ogni tempo, sempre pronti a enfatizzare l’egoismo e la crudeltà umane, è altrettanto vero che nell’uomo esistono sentimenti e passioni di segno opposto, per questa ragione il pensiero umanista ci invita a scommettere sulla parte migliore dell’uomo, senza cedere all’illusione di un futuro radioso o a quella di un passato mitico. Al soggettivismo morale della modernità, Todorov non oppone un rinnovato principio di autorità, ma propone una morale intersoggettiva, che ricerchi un consenso razionale intorno al bene e al male.
L’autore sottolinea come gli esseri umani siano capaci di fornire un senso alle loro azioni, ed è questa capacità che chiamiamo «autonomia dell’io», che contempla anche la possibilità di rendere un’altra persona il fine dei propri atti («finalità del tu»). L’universalità di questi due elementi fonda un’antropologia basata sulla socialità, che assicura la compatibilità dell’autonomia umana con l’esistenza sociale, i valori condivisi e la stabilità del sé. Todorov associa questa antropologia a una struttura istituzionale che ne consenta l’espressione: la democrazia liberale. L’umanesimo è la filosofia della democrazia. Solo quest’ultima è capace di conservare gli aspetti positivi dell’autonomia umana.
Quello della democrazia liberale si è dimostrato l’unico regime in grado di consentire l’esercizio della libertà individuale, compresa quella di critica dell’esistente, entro una cornice di valori minimi a cui tutti devono attenersi. L’umanesimo laico di Todorov insegna a diffidare tanto dei regimi autoritari, destinati ad avere vita breve perché incapaci di soddisfare il bisogno umano di libertà e autonomia, quanto dei falsi profeti di una liberazione «totale», impossibile entro un orizzonte immanente.
La moderazione, dunque, intesa come sophrosyne, ossia come autocontrollo, una certa rassegnazione all’imperfettibilità delle cose, unite a una sollecitudine verso gli altri, fatta anche di tolleranza per quelle abitudini che non condividiamo, sono per Todorov gli elementi da cui cominciare per esercitare la nostra libertà nel pieno rispetto del prossimo.
Una proposta che parrà insufficiente solo a coloro che ancora sognano l’Eden, perduto o da conquistare che sia.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.