PURTROPPO, C’È UNA GIORGIA SOLERI IN QUASI TUTTI GLI ITALIANI (di Matteo Fais)
Un tempo, le star erano star – eccentriche, sopra le righe – e qualcuno aveva anche una mezza qualità che giustificava il suo stare sotto i riflettori. Oggi, una star non è distinguibile da un Gino Magnano o una Serena Brambilla qualsiasi. Entrambi, famosi e non – ma chi non ha un suo pubblico ultimamente?! – hanno le braccia completamente tatuate – fossero solo quelle, peraltro! –, vestono allo stesso modo e mantengono pure, spesso, la medesima postura.
Il muratore giovane che lavora davanti a casa tua, non è distinguibile da un Damiano dei Maneskin. Praticamente, è come se, guardando una vecchia foto di tuo padre, degli anni ’60, avessi visto un uomo conciato come Mick Jagger in camicia hawaiana o Paul McCartney in Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Giorgia Soleri è in tal senso, al di là della sua nota relazione appena conclusa, l’emblema dell’italiana media. Ha gli stessi disegni sulla pelle della ragazza che ti passa davanti al mare, indossa abiti altrettanto microscopici, mostra le stesse foto con il culo di fuori su Instagram e scrive pensieri altrettanto idioti spacciandoli per profondità abissali – ok, lei vorrebbe pure passare per poetessa, ma non è che la maggior parte delle poetesse della sua età sia migliore o più vestita.
In sostanza la ex di Damiano quasi non è più una star, ma più che altro la donna media che ce l’ha fatta. Non tutte hanno il suo successo, ma ognuna è come lei. Giorgia Soleri è tutte e nessuna. La differenza la fa il numero di follower. Per il resto, l’una come le altre, quando si lasciano con il ragazzo, commentano pubblicamente l’avvenimento, sui social, a mezzo di una storia. Persino le parole sono spaventosamente simili, come se le avesse generate la stessa chatGPT. Presuntuose e moderatamente belle – ma mai bellissime come una Anita Ekberg –, si credono tutte sto grandissimo cazzo.
Di contro, a ogni modo, non è che ci sia niente di trascendentale. Se possibile, i critici di Giorgia Soleri sono persino peggio della summenzionata. Ignoranti e rozzi, tuonano contro gli articoli che compaiono sul suo conto, ma non fanno nulla per migliorare il mondo intorno a sé. Spesso, non sono meno tinteggiati a livello epidermico e non hanno neppure una cultura nettamente superiore a quella invasata che si è definita la nuova Alda Merini.
Per farla breve, è una sfida senza vincitori, una sconfitta della civiltà epocale. Comunque la si giri, non c’è scampo. Il web non ha inventato Giogia Soleri, l’ha tratta dall’inconscio degli Italiani. Il narcisismo vacuo e senza sostanza non muta. Cambiano i ristoranti in cui sono scattate le foto dei piatti mangiati, ma l’influencer, come quella influenzata con aspirazioni da influenzante, sono altrettanto smaniose di condividere le proprie pietanze con il mondo dei decerebrati che le seguono.
L’Italia non è uno stivale, è il manichino di un’influencer con i peli sotto le ascelle, il femminismo d’accatto o accattone, e l’ansia di cosa pubblicare tra qualche ora nel prossimo post. E no, non è colpa di quelli che stanno alla Silicon Valley! È che a voi piace e non potreste, anche volendo, fare di più.
Matteo Fais
Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais
Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81
Facebook: https://www.facebook.com/matteo.fais.14
Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.