CHIARA VALERIO CONTRO IL MERITO, PER LA MEDIOCRITÀ (di Clara Carluccio)
L’ordinarietà, per Chiara Valerio, l’amica della Murgia, è tutto. In occasione del Salone del Libro di Torino, ha rinnovato un suo vecchio discorso sull’importanza di essere mediocri che, se mai dovesse convertire in una tesi, reciterebbe più o meno così: “Dall’invidia di classe all’invidia del merito – Come fare di tutta l’erba studentesca un unico fascio senza qualità”. Roba da fischio accademico finale – catcalling consentendo.
La donna, che da brava progressista vede nell’avanzamento del singolo il nuovo sterco del demonio, pur avendo alle spalle una formazione universitaria brillante e dei premi letterari – che non ha certo rifiutato -, da qualche anno, storce il naso di fronte alle lodi per le virtù altrui.
Sostiene che l’attuale sistema di giudizio formativo andrebbe abolito in quanto provocherebbe nei giovani un senso di inadeguatezza e inferiorità tale da condurli, con certezza matematica, dritti nel settimo girone dell’inferno, insieme a tutti i suicidi della storia umana.
Meritocrazia, prima piaga d’Italia? Difficile crederlo, considerando la più che nota “fuga dei cervelli” in cerca di opportunità professionali che scarseggiano in questo Paese. Poi, il sistema mafioso dove lo mettiamo? Gli odierni valori progressisti portano a dimenticare persino quell’apparato di favoritismi che sputa in faccia al diritto di avanzamento maturato nel tempo. Ma, l’importante è fare la guerra al merito.
Invero, uno dei drammi del sistema scolastico, al netto della somiglianza con l’istituzione carceraria, è rappresentato dalla formazione di masse acritiche dedite al mero nozionismo mnemonico e dozzinale.
La scuola non ha mai indotto negli individui la facoltà di ragionamento e osservazione. Gli insegnanti si limitano ad interrogare attenendosi al programmino prestabilito dal Ministero della lobotomia. Gli studenti, in cerca di compiacimento dalla figura genitoriale trasferita sul Prof, si esibiscono in atti cultural-masturbatori che poco hanno a che fare con l’emancipazione intellettuale.
Senza parlare della sudditanza verso pseudo divinità incontestabili, che sfocia nel silenziamento verso ogni forma di dubbio (vedi la scienza con il green pass). Come pure l’editoria, con le sue pubblicazioni scadenti ma decantate dal lettore medio che nemmeno si accorge della bassezza che ha tra le mani (vedi Marco Missiroli).
Ma l’aspetto forse più tragico dell’istituzione scolastica è il rischio di lasciare i nostri talenti in uno stato di fatale assopimento. Questa, infatti, non è in grado di riconoscere e valorizzare i doni dei singoli allievi affinché sviluppino appieno le loro potenzialità. Cosa che, invece, si prefigurano le scuole steineriane che aboliscono il voto per concentrarsi sui talenti.
Quelli come la Valerio vorrebbero eliminare il punteggio senza, però, considerare tutte le altre questioni. Auspicano, infatti, una parità tra allievi non considerando il potenziale di ognuno di loro.
Il male non è dato dal merito in sé, ma dalla sua errata contestualizzazione. Inoltre, una gerarchia fondata sulle capacità viene vissuta male solo da caratteri insicuri. Quelli nella norma, invece, vedono nel più bravo un esempio da perseguire e uno sprono al miglioramento personale. Eliminare il merito significherebbe precludere a tutti la possibilità di crescere e realizzarsi.
Discutendone come di un’entità astratta, gli si attribuisce una natura quasi demoniaca che nulla ha a che fare con la reale entità di questo. Parlare, semmai, di persone meritevoli, conduce al reale problema: l’invidia per il successo altrui.
Ma rendiamo grazie alla pluridecorata e prolifica scrittrice che si immola sempre per le cause più giuste: meglio uno Stato mafia che uno Stato merito.
Clara Carluccio
L’AUTRICE
Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.
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