QUELLI CONTRO LA FERRAGNI SONO FORSE MIGLIORI? (di Clara Carluccio e Matteo Fais)
Il semplice definirsi contrario a qualcosa non rende automaticamente l’oppositore migliore di ciò che contesta. La natura più vera dell’antagonista si manifesta nei fatti e nelle soluzioni proposte che seguono il proclama iniziale – per dirlo in termini marxisti, a una teoria deve seguire una prassi.
Chiara Ferragni e Fedez, indiscussi catalizzatori dei più idioti agglomerati umani, con il recente gran galà milanese per il sequel del loro reality coniugale, hanno stuzzicato le fantasie dittatoriali di tutte le menti perversamente dedite alla correzione sociale forzata: “la gente non deve andare all’evento”, “non deve seguire la coppia sui social”, “non deve acquistare i loro marchi” e – immancabile – “in Russia, questo non avviene”. “Non deve sapere che i Ferragnez, come molti altri, esistono” – cosa che, com’è noto, è per loro fondamentale, come in ogni regime dittatoriale.
Quello che, invece, secondo questi, le persone dovrebbero fare è lasciarsi immobilizzare – con molta compiacenza e senso della gerarchia – a una sedia ed essere costrette a visionare quello che uno Stato, il leader di una comunità, o di una fazione politica, ha deciso essere per loro il Bene. Una sorta di trattamento Ludovico, nello stile immaginato da Anthony Burgess, in Arancia meccanica – in cui Alex, il protagonista, non rinuncia consapevolmente alla violenza, solo gli viene forzatamente impedito di praticarla, pur continuando a nutrirne il desiderio. Particolari, tranquilli – “sofismi”, come dice il Ministro”!
Non potendo attuare uno sterminio di massa, i devoti sostenitori del modello sinistro, che corre dalla Cina a Cuba, passando per la Corea del Nord, auspicano l’arrivo di un grande leader per una decisiva correzione comunitaria.
In attesa del padrone, trascorrono il tempo sbeffeggiando non solo i fan dei Ferragnez, ma anche coloro che difendono la libertà individuale, senza, di fatto, proporre un esempio morale e intellettuale alternativo. Si oppongono alla cosiddetta deriva con spocchiose e aggressive pretese di limitare le scelte altrui, senza neanche capire che, così facendo, accrescono – grazie al cielo – solo la fuga dalla propria visione del mondo.
Già, ma loro cosa fanno per essere antitetici? Cosa propongono? Letture di testi poetici, romanzi, saggi illuminanti? No, solo parate oceaniche, sfilate di carri armati, braccia tese e urla idiote dalla folla. Insomma, una forma più disciplinata e militaresca di quanto avviene durante gli eventi organizzati dalla famiglia di influencer.
Sì, c’è poco da dire, si tratta di due facce della stessa triste medaglia. Esseri individualmente deboli, intellettualmente succubi, che si radunano al cospetto di una figura forte per non implodere su sé stessi. Entrambi, non avendo abbastanza sostanza ontologica per sussistere autonomamente, si riempiono da una fonte esterna, apparentemente traboccante, ma in verità vuota di essenza in modo grottesco.
Ciò che gli invasati non capiscono è che alle masse non serve una guida, ma gli strumenti per accrescere il proprio senso critico. Quello, cioè, che permette agli individui di formarsi un giudizio individuale su fatti, persone, opere artistiche di ogni sorta, e conseguentemente, di affermare la propria personalità, le proprie opinioni, i propri gusti. In una parola, esistere. Loro non cercano esseri umani, ma sostenitori politici e follower privi di materia grigia.
Che si chiami Ferragni, Kim Jong-un o Vladimir Putin – altro messianico Salvatore atteso con fervente trepidazione -, sempre di influenzatori si tratta. Di un uomo o una donna celebri e al comando, mainstream, che decidono come debbano vivere, pensare, vestire e copulare tutti gli altri. In due parole, cosa va censurato e cosa può essere visto.
Tra parentesi, mentre, se non altro, i seguaci della Ferragni portano su di sé la responsabilità di aver seguito – e perseguito – un modello disdicevole, il popolo cinese, cubano e coreano è costretto manu militari a stare a un certo gioco – insomma, paradossalmente, sono persino più sfigati.
Non bisogna, quindi, imporre un’alternativa, ma esserlo, senza tentare di cancellare l’avversario – che è la scelta più facile. Bisogna andare a costituire il parametro della differenza. E, nel mondo libero, si può fare: si può comprare “Poesia” di Crocetti – lo conoscete? Ne dubitiamo! -, o guardare la serie dei Ferragnez.
Per sviluppare il senso critico bisogna stimolare le persone al ragionamento, il che rappresenta, senz’altro, la via più lunga e difficile. Ed è tutto ciò che la scuola non insegna, limitandosi a pretendere la fredda ripetizione di ciò che proviene dalla cattedra. La risoluzione dei problemi sociali, nello stile dei paesi comunisti, non può che costituire un accomodamento per deboli, per lobotomizzati simili ai tanti follower dei Ferragnez.
Clara Carluccio e Matteo Fais
GLI AUTORI:
Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.
Telefono: +393516990430
Email: claravirgola@gmail.com
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
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