IL MIGLIORE DEI TEMPI POSSIBILI (di Matteo Fais)
La bellezza del passato deriva dal fatto di non essere presente, dunque di risultare soggetto alla libertà dell’immaginazione. Esso è fantasia nei giovani e una dolce immagine, leggermente fuori fuoco, per i vecchi.
Il presente, di contro, è il depositario di tutti i mali, perché è. Concreto e da attraversare giorno dopo giorno, annoia e sfianca. La differenza è più o meno simile a quella tra l’amante attuale e colei che ha il privilegio di essere solo ricordata.
Quasi tutti, oggigiorno, stanno male. È sempre stato così, in realtà, solo che loro, per ignoranza, non lo sanno. La condizione risulta, per così dire, esistenziale, ontologica, al di là del tempo. In ogni periodo, c’è stato chi rimpiangeva i fasti che furono. Sicuramente, quando qualcuno inventò la ruota, ci fu chi disse al suo vicino “Eh, ma quanto era bello trasportare le cose in spalla e guadagnarsi con fatica la soglia di casa”.
In certi casi, la cosa assume contorni grotteschi che fanno persino sorridere. Pensate a Julius Evola che, nel ’34, scrisse Rivolta contro il mondo moderno. Oggi, la maggior parte dei reazionari considera quel periodo come appartenente alla fantomatica tradizione.
Oramai, tutti maledicono i social per aver reso la nostra esistenza virtuale. Al principio degli anni ’90 del secolo scorso, c’era chi denunciava la solitudine dell’uomo contemporaneo con in tasca un cellulare – per niente simile al nostro smartphone, bensì molto più primitivo. E, sempre allora, c’era già chi tuonava contro il computer, quando i social non erano neppure ipotizzabili, e questo si adoperava solo per gioco o lavoro.
La verità è che il nostro tempo è adesso – o mai più. Abbiamo possibilità inconcepibili ancora cinquant’anni fa. Certo, se non c’è più bisogno del linotipista che materialmente componga l’articolo sulla pagina, o di una macchina da scrivere per battere e ribattere lo stesso pezzo a ogni correzione, è pur vero che scrivere è ancora attività che concerne l’ingegno del singolo e il meccanismo interno di ognuno può incepparsi o conoscere un infelice arresto. Cionondimeno, anche il Signor Nessuno, al momento, può essere letto finanche in Australia, cosa che a suo tempo non sarebbe stata facile neppure per Montanelli.
Persino la protesta è potenzialmente più semplice. In passato, senza sindacati – cioè senza un’organizzazione collusa con Potere, quindi inutile – o senza un’esplosione di rabbia incontenibile, il popolo non avrebbe mai potuto organizzarsi in autonomia. Neanche la seppur poco fruttuosa reazione alla follia vaccinista e all’abominio illiberale noto come green pass avrebbe avuto corso senza Telegram. Questo è un dato, non un’opinione.
Gli sfortunati, poi, ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Nessuna epoca ha garantito la felicità a tutti e l’uomo è programmato per sentirsi infelice, per non accontentarsi. L’evoluzione è fondata sul malessere, ma non bisogna prendere la prima cosa che si vede e attribuire ad essa la radice del proprio disagio e incapacità. Nessuno è solo perché esistono i social o lo smartphone. Nel mondo che ci ha preceduti, se lo sarebbero dimenticato nel bosco e tanti saluti.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.