UN’ANTOLOGIA SULLA POESIA ITALIANA ODIERNA, CON IL PENSIERO RIVOLTO A SIMONE CATTANEO (Matteo Fais intervista Roberto Addeo)
La poesia è probabilmente la cosa più inutile che esista sulla terra, proprio perciò è il massimo contributo che un essere umano possa dare al mondo con la propria inanità: un insieme di parole che si aggiunge a milioni di discorsi, cercando di dire il mistero.
Al contempo, la lirica è l’espressione più intima del proprio animo. Per questo, ho sempre avuto estremo riserbo nel far leggere i miei componimenti ad alcuno. Solo Roberto Addeo è riuscito a smuovermi, con l’idea della sua raccolta, Pasti caldi giù all’ospizio – Antologia degli opposti, appena uscita per Transeuropa.
Finalmente, i miei versi sono in un libro, insieme ad altri autori, più o meno famosi, grazie allo sforzo di convincimento che l’amicizia di Roberto è riuscita a suscitare. Non potevo dunque non intervistarlo, chiedendogli conto di ciò a cui, almeno in parte, ho contribuito anch’io. Non ne avevamo parlato in precedenza – non così approfonditamente. Adesso, è arrivato il momento.
P.S: sta per uscire la mia prima raccolta poetica, ma di questo ne parlerò a giorni.
La domanda è capitale: che bisogno c’era di una nuova antologia di poeti?
In verità non credo che attualmente il mondo della poesia, in fin di vita anche a causa dell’esorbitante numero di titoli pubblicati, abbia bisogno di una nuova antologia di poeti. Semmai, credo abbia bisogno di un’antologia di poeti nuova. Come ho già detto altrove, stiamo affogando in un mare magnum di partigianeria e favoritismi, a ogni livello. È in atto uno scatenamento immotivato di “soliti ignoti”, che dal basso tentano di ricalcare le dinamiche relazionali dei “soliti noti”, facendo sì che la messa a fuoco delle problematiche che attanagliano tutti – autori, lettori e addetti ai lavori – risulti sempre più complicata. Ho pensato che, provando a nuotare controcorrente, tentando dunque a ribaltare i codici di tale meccanismo ormai sintomatico di questo ambiente, si potesse produrre qualcosa che rispecchi lo stato odierno della poesia italiana e altresì che dia, a quegli autori degni di considerazione, l’opportunità di confluire in un’opera di largo respiro, insieme ad altri più conosciuti. Un’antologia che, a suo modo, vuole essere la cartina al tornasole per indicare voci interessanti ma relegate ai margini.
Parliamo di Giulio Milani, deus ex machina di Transeuropa e ora noto schiaffeggiatore pedagogo dell’ex Presidente Conte: perché ti sei rivolto a lui per questa pubblicazione?
Seguo Transeuropa da anni, i motivi sono tantissimi. Innanzitutto perché è una casa editrice nata nel segno di Pier Vittorio Tondelli, tra i miei scrittori preferiti. Poi perché ha lanciato autori italiani a me cari, tra cui Brizzi e Genovesi – per non parlare del meraviglioso romanzo sulla generazione trap, Ultimo stadio di Francesco Negri… Ma ce ne sarebbero diversi da menzionare. Giulio Milani, che ha tutta la mia stima in quanto intellettuale anticonformista e talent scout svincolato dalle logiche dell’editoria industriale, dopo il celebre “buffetto pedagogico”, è diventato una sorta di eroe nazionale per tutti quelli che, come me, si sono sentiti ingannati dalla gestione pandemica di Conte & Company. Un grande esempio di disobbedienza civile. Credo sia l’unico editore indipendente, oggigiorno, in grado di vedere più in là del proprio naso e di fare ricerca in maniera concreta. Pertanto, voglio rispondere alla tua domanda rimarcando in parte il responso di Milani alla mia proposta di pubblicazione: mi pareva quasi ovvio che l’unico posto di ristoro per Pasti caldi giù all’ospizio fosse Transeuropa.
Con che criterio hai scelto i poeti che hanno partecipato a questa antologia?
Nessun criterio in particolare, se non quello di puntare sul merito effettivo dei singoli componimenti, cercando il valore al di là dei gusti personali, all’insegna dell’imparzialità. A casa mia non può esserci spazio per quel tipo di amicizie cosiddette “a convenienza”, né tantomeno per le cricche basate unicamente sugli scambi di favori. Quando c’è stima, e per stima intendo la consapevolezza che dall’altra parte ci sia voglia di mettersi in discussione e cooperare affinché l’opera a cui si sta lavorando possa fare un salto qualitativo lampante, allora sì che può aprirsi anche la porta dell’amicizia. E tu ne sei testimone: ti ho invitato perché apprezzavo il tuo modo nello scrivere, poiché ho fiutato un’intensità poetica – e avevo ragione. L’insegnamento più importante ricevuto dal movimento degli Imperdonabili, ossia essere severi prima di tutto con sé stessi, mi è servito parecchio. Non ti nascondo di aver accolto anche autori e autrici con cui condivido poco o nulla, ma questo non ha alcuna importanza per me. Ciò che conta è l’opera nella sua interezza. Un altro aspetto fondamentale è che sia aperta a interpretazioni e persino a malintesi: l’arte, di qualunque natura essa sia, dovrebbe fronteggiare il suo beneficiario, mai imboccarlo. Nessun paletto: è un’antologia libera da qualsivoglia dominio.
Che immagine viene fuori della poesia nazionale, a tuo avviso, leggendo il prodotto letterario a cui hai dato vita?
Da un lato, un’immagine di divisione: quintessenza di una nazione soggiogata tuttora dal principio del “divide et impera”. Dall’altro un’idea nietzschiana, in cui solo un grande caos può partorire una stella danzante. Volendo unire le due immagini, direi che ne viene fuori il disegno di una morte profonda che coincide con un altrettanto profondo disegno di fiducia e rinascita. Ogni poesia di questa antologia ha la funzione di comporre, in quanto cellula di un organismo più grande (e, si spera, più alto), uno sguardo trasversale su ciò che sta accadendo oggi in ambito poetico. Non solo per quanto concerne i temi trattati, ma anche – per dirla alla Milani – per quanto accade nel linguaggio. Da solo, non avrei potuto dare vita a niente di tutto questo. Bisogna ringraziare gli autori e le autrici che hanno partecipato a questo progetto e l’editore che ha deciso di pubblicarlo. Autonomamente, non si va da nessuna parte. Colgo l’occasione per esprimere la mia gratitudine a Gabriela Fantato, Anna Leone e Francesco Permunian per le dritte che mi hanno dato nella fase di ricerca.
Perché questo titolo, Pasti caldi giù all’ospizio, tratto da un verso di Simone Cattaneo?
Il titolo, a mio parere molto significativo, è saltato fuori durante una lunga discussione tra me e Giovanni Succi, entrambi appassionati ammiratori della poetica di Cattaneo. Giovanni mi ha proposto tre versi estrapolati da tre poesie diverse del compianto poeta e, dopo mille ripensamenti, ho deciso di optare per questo. Alla fine, abbiamo concordato che fosse il titolo più ficcante per una raccolta di poesie e prose poetiche. Amo la polisemia. Come ho detto sopra, l’arte ha il dovere di aprirsi a più livelli di significato. A ciascuno quello che merita. Tentare di spiegare questo titolo secondo parametri personali, sarebbe come falsificare tutto il processo misterioso che l’ha portato a imporsi. Per quanto mi riguarda, posso dirti che riesce a rischiarare molti recessi della mia interiorità, a infondermi un certo calore. Tornando all’immagine, credo che Pasti caldi giù all’ospizio sia dannatamente attuale: una dolceamara malinconia che incede sottobraccio con un vivo desiderio, oltre ogni speranza. E poi ci tenevo ad omaggiare un giovane e straordinario poeta come Simone Cattaneo, il cui contributo di rottura con la tradizione è stato fondamentale per il rinnovamento della poesia italiana. L’Italia non lo meritava, e neanche oggi lo merita. L’Italia non sopporta di essere svecchiata.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.