SEDICENTI TRADIZIONALISTI E ARRABBIATI VARI (di Melania Acerbi)
Gli Italiani sono un popolo di noiosi e di annoiati. Di quest’ultima categoria fanno parte quelli convinti che si debba loro un paio d’ali solo perché, stufi di camminare, vorrebbero poter volare; dell’altra, invece, sono quelli che si sfiniscono a maledire i primi nella speranza che ciò basti a trasformarli, per magia o per esclusione, in rari esemplari di purosangue nazionale. Poco cambia tra gli uni e gli altri, perché, in fondo, non si sente che un indistinto ragliare.
Se la natura delirante dei primi è evidente a chiunque non sia affetto da gravi sindromi, quella dei secondi sembra esserlo di meno solo dopo un primo e distratto sguardo. Fuor di metafora, gli arrabbiatissimi, i contro-tutto, i delusi, i protestatori di mestiere, sono, con ogni probabilità, più scemi di quelle attiviste coi capelli blu che, a ogni piè sospinto, si inventano nuovi diritti da rivendicare.
Un ridicolo rancore, quotidianamente rinvigorito da notizie tagliate su misura, sembra essere il metro del loro stare al mondo, l’asse attorno al quale costruire tutta una vita, lo scoglio cui ancorare una altrimenti incerta identità. Ebbene, loro sono il popolo dei mille NO, che, però, non va mai oltre a quelli – e grazie al cielo. Impegnati come sono a convincersi che non vi sia alcuna differenza tra l’esser saggi e il lamentarsi pubblicamente della comunità LGBT, della cultura woke, di Netflix, di un generico Occidente e degli occidentali, dei maschi o delle femmine. Non si rendono conto che, senza gli oggetti dei loro malumori e delle loro scontate denunce, non avrebbero, verosimilmente, niente da dire. E il niente ammazza più dei cannoni, delle malattie e degli amori perduti.
Viene da pensare che il forte risentimento che nutrono verso il mondo intero sia, in realtà, nutrimento per loro stessi, quasi l’antidoto per meglio sopportare un’esistenza vuota e destinata, come l’impero di Momigliano, a cadere senza far rumore. Per gli eterni corrucciati non c’è spazio per la leggerezza, per l’ironia, per una battuta: tutto con loro diventa severo, pesante, greve come artiglieria cinquecentesca, come l’inverno, come le vite arrugginite che si trascinano appresso. Un cassetto vuoto dove custodire una vita solamente sognata è, per loro, uno spreco inutile, pragmatici come si credono.
Se vivere di niente, e in nome di niente morire, è tanto straziante, ancora peggio è attribuirsene la responsabilità, soprattutto perché una tale presa di coscienza porterebbe ad ammettere l’esistenza del libero arbitrio. Meglio, allora, aggiungere un po’di zucchero alla pillola novellando che la colpa d’ogni sciagura è degli Americani, delle circostanze, degli astri male allineati o, addirittura, di Dio, reo di averli fatti nascere nel secolo sbagliato.
I più noiosi tra i noiosi sono, non per niente, i sedicenti “tradizionalisti”, una specie che somiglia, per certi versi, al personaggio interpretato da Owen Wilson in Midnight in Paris. Non si capisce mai in cosa consista, di preciso, la tradizione che vorrebbero riabilitare, se non che appartiene a un passato indefinito – peccando di presunzione, si potrebbe quasi giurare che non lo sappiano nemmeno loro.
Come si può non provare, allora, una sincera cristiana pietas per la condizione umana che, forse influenzata dalla terrena forza di gravità, tende sempre e irrimediabilmente verso il basso? Quanto pesa l’ingratitudine che schiaccia il cuore di coloro che a caval donato guardano solo in bocca? Vista l’imminente Pasqua, si può dire che questi poveracci commettono lo stesso errore che commisero le Marie andando a cercare la vita tra i sepolcri, dimore di soli polvere e cadaveri.
Anziché impantanarsi nei crepacci infernali di questo mondo per contare, uno ad uno, quanti sono i diavoli che li popolano, non sarebbe assai più piacevole, per una volta, godere della grandiosa bellezza che c’è in superficie, dove la sabbia è ancora scossa da dolci brezze marine, dove le lacrime continuano a solcare, tiepide, il viso di chi perde un amore, o lo trova?
Melania Acerbi
L’AUTRICE
Melania Acerbi è nata a Pistoia, il primo di settembre del 1993. Storica dell’età moderna, laureata a Firenze. I suoi studi si concentrano sull’impatto del Nuovo mondo su quello Vecchio, sulla storia della cultura, delle idee e dei viaggi per mare. Fonda nel 2017, insieme a Piero Manetti e al professor Igor Melani, il Seminario Permanente di Storia Moderna che si tiene ogni anno al Polo di Storia dell’Università degli studi di Firenze (e in diretta streaming).
Contatti: mel.acer93@gmail.com
“Il popolo dei mille no”? A questa Melania almeno i no green pass vanno bene o cosa?
Se si potesse, metterei un bel LIKE all‘articolo. Giusto ieri ho detto a mio figlio che sono un conservatore ipocrita.