LA CULTURA WOKE È MARXISTA, NON LIBERALE (di Davide Cavaliere)
Secondo taluni saltimbanchi, la cancel culture e tutta l’ideologia che, come pappagalli, hanno imparato a chiamare woke, sarebbero un prodotto del liberalismo americano. In genere, chi fa questa considerazione non ha mai letto né Hayek né Aron, figuriamoci i fondatori del liberalismo, Hobbes e Locke.
Il misunderstanding nasce, con tutta probabilità, dal fatto che traducono erroneamente “liberal”, etichetta associata a politici come Obama e Harris, con “liberale”. In realtà, gli iconoclasti di Black Lives Matter, Meetoo e i loro compari, si definiscono progressive, ossia progressisti e, talvolta, persino socialist. Un noto liberal americano, Leon Wieseltier, ribadisce spesso la differenza tra le due definizioni (ciò non toglie che alcuni liberal come Biden abbiano cavalcato l’onda progressista).
La torma barricadera che ha abbattuto le statue del Generale Lee si richiama, esplicitamente, a pensatori od organizzazioni marxiste e maoiste, anticolonialiste e terzomondiste. Il tentativo di fare tabula rasa del passato ha caratterizzato tutti i regimi comunisti, non le forme di stato liberale. Basti pensare ai templi buddhisti di Lhasa fatti distruggere da Mao o al furore iconoclasta di Lenin.
Esemplare, in tal senso, è la vita della rivoluzionaria Angela Davis. Nata nera in Alabama nel 1944, negli anni del conflitto razziale, grazie a una borsa di studio arriva alla alla Brandeis University di Waltham, dove diventa allieva di Herbert Marcuse, il teorico marxista del Sessantotto. La Davis è una delle principali teoriche del femminismo intersezionale e tuttora una militante comunista. Tutto il suo pensiero è una variazione sul tema della “lotta di classe”.
La suddetta ha sostenuto Black Lives Matter, un movimento che elogia il regime comunista cubano e definisce il Venezuela di Maduro come uno dei “sistemi migliori al mondo”. Le fondatrici di BLM, Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, si sono definite marxiste e sono affiliate alla Freedom Road Socialist Organization, un gruppo di matrice maoista e marxista-leninista.
Un terzo esempio è rappresentato da Alexandria Ocasio-Cortez, la popputa enfant prodige della sinistra radicale statunitense. Dopo essersi rammaricata per le violazioni dei diritti umani a Cuba, ha specificato che: “Dobbiamo anche nominare il contributo degli Stati Uniti alla sofferenza cubana: il nostro embargo di sessant’anni”. Se castrista Díaz-Canel ha la mano pesante ma, alla fine, la colpa è dell’embargo americano, mica dell’ideologia comunista e delle sue disastrose ricette economiche.
Eppure, secondo i nostri antiamericani a tempo perso, tutto questo sarebbe un prodotto purissimo e sine glossa del liberalismo americano, quando, in realtà, si tratta del solito pattume marxista. Il Sessantotto, preludio alla degenerazione attuale, è stato una grande rivoluzione che si voleva antiborghese e anticapitalista. Le sue anime erano situazioniste, leniniste, trotzkiste, maoiste, anarchiche, guevariste, non certo liberali. Gli intellettuali ispiratori della grande rivolta dello scorso secolo, da Sartre al già citato Marcuse, passando per Adorno, Foucault, Derrida e Said, erano, nonostante le differenze di orientamento filosofico, acerrimi nemici della borghesia, del liberalismo, dell’Occidente, proprio come gli attuali sostenitori del progressismo.
Il wokism, come la sua matrice marxista è negativo e negatore. È l’ennesima forma di una rivolta gnostica contro l’esistenza, il “qui e ora”, in nome di un “nuovo mondo” indefinito e utopico di perfetta uguaglianza. Per una curiosa eterogenesi dei fini, i comunisti occidentali hanno prodotto la società degli uteri “in affitto”.
Se proprio non vi piace questo mondo, fatto di suprematismo nero e misandria militante, prendetevela coi marxisti di ogni risma, non certo coi liberali.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
C’é un problema nella comprensione del temine “liberal” per come viene usato dagli americani. In effetti, non corrisponde al nostro “liberale”.
Sicuramente gli attuali movimenti woke e la cancel culture hanno un’ispirazione marxista, tutt’altro che rispettosa della libertà d’espressione.
Ma oltre a ciò, io ricordo che già nelle elezioni presidenziali del 1988 (ero negli USA per lavoro) G.Bush padre accusava l’avversario, il democratico Dukakis, di essere un liberal, “tax and spend”. In altre parole, per liberal intendeva un politico incline a tassare i cittadini per ridistribuire il reddito. Noi chiameremmo “socialdemocratico”, non “liberale” un programma del genere.