Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’ULTIMO TRAGICO ROMANZO DI WALTER VELTRONI (di Matteo Fais)

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Per salvare le sorti della letteratura italiana esiste una sola soluzione e questa è politica: bisogna restituire un ruolo apicale a Walter Veltroni, così da allontanarlo una volta per tutte dalla sua scrivania, in modo tale che non si possa dedicare compulsivamente alla scrittura seriale di gialli, come quelli che vedono protagonista il commissario Giovanni Buonvino.

Non essendo ancora avvenuto niente di tutto ciò, ci troviamo in libreria la sua ultima ed ennesima fatica, Buonvino tra amore e morte (Marsilio). Il testo comincia con un tentato omicidio, durante un rito civile, mentre il commissario sta per convolare a nozze con la sua compagna Veronica. Basta leggere come l’autore descrive il sangue sul vestito perché il lettore desideri di mettersi di fronte al fucile e prendersi lui la pallottola: “La luce dell’alba sembrava rischiararle, rendendole quasi allegre. Erano nelle pieghe della seta, come i puntini della varicella o la fantasia bizzarra di uno stilista alla moda. Solo una era più grande, pacchiana e offensiva”. Senza dubbio, Veltroni è più bravo a sparare supercazzole a livello politico che a creare similitudini in ambito letterario.

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L’ultimo tragico romanzo di Walter Veltroni, Bonvino tra amore e morte, Marsilio.

Fantastica peraltro la situazione di un omicidio, in una sala comunale, in cui non si trova l’assassino. Come prendere la scena iniziale di Kill Bill – visto che lo scrittore ama tanto il cinema – e farla riscrivere da un Tarantino che ha completamente perso il senso della realtà.

A ogni modo, poco importa soffermarsi sulla trama di quest’opera, perché tra i tanti aspetti è l’unico a stare vagamente in piedi. Il problema è, semmai, quel che Veltroni scrive e descrive, le considerazioni che mette in bocca ai suoi personaggi, come quando, durante le indagini su quanto accaduto alla celebrazione del rito, qualcuno avanza l’ipotesi che la donna sia stata vittima della vendetta di un qualche amante: “Si era chiesto […] come avrebbe dovuto reagire alla più feroce delle delusioni: alzando la voce e mostrando gelosia – un sentimento che razionalmente lo indignava, perché nessuno è mai proprietà di nessuno”. Ma questo è un romanzo o un post delle femministe di Non una di meno?

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Purtroppo, l’onorevole scrittore, come tutti gli improvvisati e i parvenu della letteratura, ha il difetto di proiettare sé stesso in ognuno dei suoi protagonisti, senza però l’arguzia – che appartiene invece, per esempio, a Houellebecq – di crearsi dei personaggi su misura.

Insomma, se dai voce a un operaio e gli attribuisci, per dire, la cultura cinematografica di un giornalista da rivista specialistica come “CIAK”, la cosa fa quanto meno sorridere. Si veda questo passo, in cui l’uomo sta esaminando attentamente i video del suo matrimonio alla ricerca del colpevole: “Buonvino, osservando diverse riprese, aveva avuto una sensazione spiacevole, come se ci fosse qualcosa di spiazzante, di anomalo. E si era ricordato del filmato in Super 8 girato da Abraham Zapruder, quello che Oliver Stone aveva sezionato nel suo Jfk, e poi di Blow-Up di Michelangelo Antonioni e di La conversazione di Francis Ford Coppola”. Questo, più che un commissario, sembra Veltroni che improvvisa un cineforum in commissariato.

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E non finisce qui, perché Buonvino, pur essendo un uomo delle Forze dell’Ordine, non è solo un esperto di pellicole, ma proprio un intellettuale – ovviamente di Sinistra – a tutto tondo. Infatti, si trova sempre coinvolto in profondissime ed erudite discussioni con chiunque, persino con il medico di turno, mentre veglia sulla sua amata in coma. Ecco come questo gli si rivolge “«La situazione non cambia, commissario. E io non so dirle se sia una buona o una cattiva notizia. Sa come diceva Saffo? ‘Affogo in questo limbo d’astrazione / con un piede nel fango / e le dita nel sole.’ Ecco, sua moglie sta con un piede nel fango e le dita nel sole. Ma noi, pure armati del sapere scientifico e medico, non possiamo dire con certezza se affogherà o risorgerà”. E, senza alcuna vergogna, per mascherare la pochezza con l’enciclopedismo scolastico, lo scrittore insiste. Sentite i pensieri del povero funzionario: “E mentre il dottore, sussiegoso, si chiudeva la porta dietro le spalle, a Buonvino venne in mente un’altra poesia, non di Saffo ma di Alda Merini: «E mi teneva dentro quel suo limbo, / dolce di sonno, come le colline / tengono dentro la città selvaggia»”. Realistico come entrare in un bordello, in Germania, e discutere con le puttane della metafisica di San Tommaso in De ente et essentia.

Inutile anche andare oltre, perché il mistero di questo giallo è chiaro, l’assassino della letteratura è Veltroni.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

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