LIDIA RAVERA: DALLA LIBERTÀ SESSUALE AL DISCORSO SULLA VECCHIAIA (di Clara Carluccio)
“Sarà un mondo piú felice quello da cui sarà scomparsa la vecchiaia?”: è la domanda che pone Lidia Ravera, la famosa autrice di Porci con le ali, ai lettori del suo ultimo libro, Age Pride (Einaudi), un cantico all’età matura, in cui scrive a cuore aperto e senza vergogna sul disagio da sopportare dopo aver varcato la soglia dell’età senile.
L’aumento dell’aspettativa di vita è stato un effetto collaterale, mal digerito, del mondo moderno, specie in tempi di bollori politici dove si è arrivato a proporre la revoca del diritto di voto agli anziani, pur di liberarsene, indipendentemente dal loro stato cognitivo: “Siamo la prima generazione che arrivata a sessanta ha altri trent’anni da vivere […] Nessuna donna prima di noi, nessuna donna e nessun uomo, è stata vecchia o vecchio cosí a lungo, in accettabile salute e lucidità”.
La celebre femminista, nell’esternare il dramma dell’invecchiamento vissuto, in particolare, dalle donne, ci riserva un onestá intellettuale rara per le attiviste di ultima generazione le quali, pur di combattere il patriarcato – vivo solo nelle loro paranoie – stanno distruggendo anche il buon gusto e quel minimo di gradevolezza estetica necessario per non essere confuse con delle clochard.
Negano persino la lusinga che struscia sull’ego di ogni donna quando riceve apprezzamenti maschili, convertiti in molestie da una snervante campagna contro il sessismo prendendo il nome di catcalling: “Siamo cosí fragili, noi donne, di fronte alla perdita della bellezza […] È lunga l’elaborazione del lutto […] scagli la prima pietra chi non ha avvertito come una diminuzione, dopo una certa età, il velo che il tempo ha steso sulla sua persona fino a renderla invisibile ai maschi”.
Ha inizio, così, la fallimentare guerra contro il deturpamento fisico. “Pomparsi il seno”, “spianarsi la pelle”, “mettersi il vestito della festa”, tutto per sembrare un’altra o per richiamare alla ragazza che si è stata. Ciò avviene per un’atavica tendenza femminile a lasciarsi guardare, corteggiare, ad aspettare di essere prese.
L’autrice propone un nuovo atteggiamento – in realtà, già entrato nel costume contemporaneo – di percepirsi come soggetti sessuali, agenti, attivi e non come oggetti: “Basterebbe esporre con orgoglio le poderose conquiste dell’intelligenza, del gusto, dell’ironia, della leggerezza […] Osiamo parole diverse, altri gesti, tenerezze spudorate e imprudenti […] potete farcela, a vivere per voi, ad attivarvi sessualmente se vi va, a darvi degli obiettivi, a scegliere, a corteggiare, a proporre, a disporre”.
Da anni, ormai, sono state sdoganate le relazioni occasionali tra donne mature e uomini molto più giovani. Ciò non toglie che, pur con un’emancipazione estrema sia maschile che femminile, il cambio di mentalità non può sostituirsi all’attrazione fisica la quale, piaccia o no, ha i suoi limiti anagrafici ed estetici.
Lidia Ravera esprime le paure e le tenerezze degli anziani (“il razzismo che discrimina gli esseri umani in base a un dato anagrafico”), ne difende i diritti e le necessità, favoleggia la formazione di un ministero delle politiche senili che trovi soluzioni all’emarginazione, la povertà, la solitudine: “censire i vecchi, ascoltarli […] sia concesso agli ultrasessantasettenni anche il lusso, il privilegio marcatamente giovanile, di cambiare lavoro”. Una cosa che, alla lunga, potrebbe stuzzicare la volontà di controllo su una fascia di popolazione sempre più sfuggevole, meno attiva, poco produttiva, comprensibilmente stanca, ma non ancora defunta, quindi, bisognosa di supporto. Allungare il tempo lavorativo insieme a quello di vitale.
Interessante l’abbattimento del mito di una santificazione acquisita d’ufficio con la fine delle pulsioni fisiche (“A mano a mano che il corpo discende verso il suo declino, l’anima si eleva verso il suo apogeo”). “Non contateci”, ribatte la scrittrice, “non è affatto garantito. È improbabile che diventiamo tutti buoni, sereni, saggi e profondi per assenza di tentazioni. Gli acciacchi possono peggiorarti il carattere. Rischi di arroccarti in difesa, di diventare insensibile a ciò che non ti riguarda. L’invidia generazionale verso chi possiede, almeno teoricamente, un futuro tre volte piú lungo del tuo”.
E qui, l’autrice, pone la seconda domanda ai lettori ma, soprattutto, alle lettrici: “È piú facile, per noi donne, restare belle che diventare buone?”.
Qualunque sia il pensiero o lo stato d’animo che attanaglia l’essere umano, nell’attraversamento della vecchiaia, l’unica forma di felicità, per Lidia Ravera, è nel sollievo.
La cessazione del disagio, la risoluzione dell’ansia, l’attenuarsi del sintomo. Il sollievo che si prova nel veder, finalmente, rientrare a casa il figlio adolescente, dopo averlo aspettato tutta la notte. Il sollievo dell’influenza che se ne va e ci fa tornare a respirare. Il sollievo di non attaccarsi più a qualcosa che se ne sta andando, o è già andato perduto. Il sollievo di lasciare andare tutto, anche l’età, anche la vita.
Clara Carluccio
L’AUTRICE
Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.
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