CARA EGONU, PER CORTESIA, NON IMITI GLI ITALIANI ED EVITI DI PARLARE DI CIÒ CHE NON SA (di Matteo Fais)
L’istinto sarebbe di mandarla a fare in culo a urla, ma è sempre meglio conservare un certo decoro e non farsi prendere dalla rabbia più cieca. La ragione non ha bisogno di strepiti e grida, le basta sostenersi sulla forza della verità.
Certo, a ogni modo, la conferenza stampa di Paola Egonu, a Sanremo, aveva del surreale ad ascoltarla. Una straniera – perché straniera è, spiace, al netto di tutti i documenti – che è riuscita a nascere in Italia, da immigrati, vivere qui e diventare campionessa, ci parla di razzismo, esclusione, marginalità. Che coraggio barbaro!
Sicuramente, una cosa la rivela l’intervento della pallavolista, essendo lei cresciuta qui da noi: lo stato della nostra scuola – che, incidentalmente, anche lei ha frequentato. Si prenda la frase incriminata: “L’Italia è un Paese razzista, però questo non vuol dire che tutti quanti sono razzisti, o che tutte sono delle persone cattive, o che tutti sono ignoranti, però, sì, c’è razzismo […] È un Paese razzista che però sta migliorando”.
Già sul piano logico, una simile affermazione non ha senso e dimostra appunto una scarsissima capacità argomentativa. Se tutti, o almeno la massima parte dei suoi abitanti, non sono razzisti, l’Italia non può essere considerata un Paese razzista – ciò va da sé. Degli episodi di discriminazione razziale, non fanno di una Nazione una terra intollerante. Sarebbe come dire che, siccome sullo Stivale vi sono dei locali per scambisti, tutti gli Italiani hanno respinto la monogamia e vivono nel libertinismo più assoluto, affidando la moglie al primo che passa. Dei casi particolari, circoscritti e limitati, non possono essere portati a esempio per descrivere una situazione generale.
Il problema, però, prima ancora che di ordine logico, qui è di ignoranza, roba che una persona dovrebbe essere respinta in Terza Media, se non a conoscenza di determinate questioni – Egonu avrebbe fatto bene ad aprire qualche libro in più, invece di limitarsi a prendere a schiaffi dei palloni, visto che aveva la fortuna di risiedere in un Paese dove la scuola è gratuita e vi sono ottime biblioteche. Per fare un ripasso generale e molto veloce, basti sapere che il razzismo è una teoria secondo la quale a) esistono almeno due o più razze all’interno del genere umano; b) una tra queste è superiore alle altre e vanta dunque una sorta di diritto al sottomettere, se non addirittura eliminare, le altre ritenute inferiori (vedasi, a tal proposito, la mia intervista a Emilio Gentile, studioso del Fascismo e allievo di Renzo De Felice https://www.pangea.news/emilio-gentile-fascismo-matteo-fais/).
Per assurdo, insomma, uno potrebbe benissimo avere una sincera avversione verso i neri, o i Giapponesi, o i Cinesi e non essere razzista. Casomai, in tal caso si parlerebbe di xenofobia che, stando a quanto sostiene la Treccani, “significa paura dello straniero, paura che si manifesta attraverso comportamenti e atteggiamenti di rifiuto nei suoi confronti nella produzione del pregiudizio”. Sempre ragionando per assurdo, anche in una persona che dovesse asserire “A me quel pesce crudo che mangiano i Giapponesi fa schifo e non lo voglio neppure vedere. Non me ne frega nulla se tu mi dici che la loro è un’arte culinaria millenaria”, avrebbe in sé dei tratti xenofobi. Ciò, peraltro, non implica minimamente che la persona in questione debba assumere comportamenti potenzialmente lesivi dell’integrità fisica altrui – esattamente come si può detestare un proprio connazionale, senza mai aggredirlo o danneggiarlo.
Tra parentesi l’enciclopedia, nella stessa voce, più avanti, sostiene che la xenofobia “si presenta, con accentuazioni diverse, in tutte le società umane”. Per i Greci antichi, tutto ciò che stava al di fuori dei propri confini, era considerato barbaro e inferiore. In breve, casomai, in una certa parte della popolazione, vi sono delle tendenze xenofobe – e non solo verso i neri –, esattamente come vi sono degli odi personali, basati su un’antipatia cosiddetta ”a pelle”.
Il razzismo, insomma, non c’entra una sega, tanto per dirlo chiaro e tondo. Salvo quattro invasati, nessuno crede a certe cretinate e nessuno le teorizza più da almeno ottant’anni. Spiace che Egonu non abbia saputo cogliere l’opportunità che le abbiamo concesso, ospitandola in casa nostra, di imparare qualcosa di essenziale. In compenso, certo, il suo atteggiamento è tipicamente italiano: parla sempre, senza sapere un cazzo riguardo a quel che dice.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
Articolo fantastico