UNA PARANOIA CHIAMATA “NEOLIBERISMO” (di Davide Cavaliere)
«Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini». (F. A. Hayek, La via della schiavitù)
«Neoliberismo»: se esiste un termine usato fino alla noia dalla propaganda populista e scamiciata di destra come di sinistra, è proprio questo. Cosa sia di preciso nessuno lo sa, i suoi contorni sono incerti, per la Sinistra è accostabile al Fascismo, mentre per la Destra è l’elemento portante di un’altrettanto fumosa ideologia «globalista» – ma vai a spiegare a questi cultori delle ossa e del suolo che, alla fine del XIX secolo, nessun Paese europeo chiedeva il passaporto alla frontiera.
Insomma, cosa sia questo «neoliberismo» nessuno lo sa, men che meno i suoi avversari, al quale imputano persino l’autoritaria e statalissima gestione della pandemia da Coronavirus, che certamente non è stata una vittoria postuma di Margaret Thatcher. Di contro sappiamo cosa sia il «liberismo», ossia quella teoria economica imperniata sulla libertà economica e la dottrina dello Stato minimo. Se il «neoliberismo», come suggerisce la semantica, intende essere una riproposizione dell’economia di mercato, i suoi oppositori non hanno di che preoccuparsi, da noi, in Italia, non ha mai attecchito.
Sotto il sole dello Stivale, non vi sono mai state autentiche politiche «neoliberiste». In questa «penosa penisola» hanno sempre e solo avuto corso legale le ricette assistenzialiste e semi-socialiste, non di rado condite da un nazionalismo banale e tutto culinario, come quello che circonda la nozione di «Made in italy».
Prendiamo il caso della concorrenza, totalmente assente in Italia, dominata da monopoli statali o para-pubblici. Il nostro parlamento, che secondo alcuni sarebbe dominato da banchieri e pirati della finanza, dal 2009 ha l’obbligo di produrre, ogni anno, una legge sulla concorrenza. Peccato che sia stata fatta una sola volta, perlopiù dal governo Renzi, che dopo quasi mille giorni ha partorito un mostro giuridico. Parlare di «neoliberismo», presentando l’Italia come una giungla capitalistica è, semplicemente, ridicolo. A toccare, invece, il tema della pressione fiscale, che si aggira intorno al 40 per cento del PIL, ci si sente male.
I Masanielli anti-neoliberismo, nostalgici della classe operaia o dell’autarchia, piangono ancora per le privatizzazioni avvenute negli anni Novanta. È certamente vero che, al tempo, si privatizzò parecchio, ma va anche ricordato che la Cassa depositi e prestiti, controllata per oltre l’80 per cento dallo Stato, ha continuato a partecipare aziende che erano state cedute totalmente; che lo Stato non ha mai abbandonato i servizi pubblici locali cedendo il passo alla concorrenza nella sanità, nell’educazione, nella previdenza sociale; che la Borsa italiana è rimasta un gioco di imprese controllate dal settore pubblico. Piccola nota: i dati dei «green pass» erano controllati e gestiti dalla Sogei, società completamente sotto il controllo del Ministero dell’Economia, altro che Davos e Klaus Schwab. Avete mai provato a interfacciarvi con l’Agenzia pubblica per l’Italia Digitale? Provateci e vedrete quanto può essere penosa l’assenza di neoliberismo.
La tentazione comune, di Sinistra e Destra, è pensare che a ogni problema debba corrispondere una legge, una norma, un codicillo, un bonus, un intervento dello Stato . Per fortuna, da alcuni anni a questa parte, almeno il controllo della moneta è stato sottratto alla Repubblica di Alitalia e Poste Italiane. Come ha scritto l’economista spagnolo Jesús Huerta de Soto, la sovranità monetaria è «la possibilità di manipolare la propria moneta per metterla al servizio delle necessità politiche». Ecco, riuscite a immaginare quali disastri avrebbero prodotto Di Maio e Azzolina senza cambi fissi e vincoli di spesa?
Se, oggi, siamo più poveri, nonostante il moltiplicarsi degli smartphone, la responsabilità non è del neoliberismo o della globalizzazione, ma del fatto che viviamo in una società che non è sufficientemente fondata sulla libertà individuale e il rispetto della proprietà privata. Odiare il «neoliberismo» significa, in fin dei conti, disprezzare nel profondo l’etica del merito e, soprattutto, la libertà. Dentro ogni anti-liberista cova un totalitario desideroso di punire e disciplinare. Per farla breve: dentro i nemici del neoliberismo c’è Roberto Speranza.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.