RATZINGER, CONTRO IL SILENZIO DELLA VERA RAGIONE (di Davide Cavaliere)
Con la morte di Joseph Aloisius Ratzinger ci lascia l’ultimo grande Dottore della Chiesa, il Papa del Lógos, un intelletto e un cuore illuminati dalla Verità. Fermo e gentile, con una voce pacata e serena, Benedetto XVI aveva l’animo adamantino di coloro che trascorrono la propria esistenza sulle vette dello spirito, in prossimità dell’Altissimo.
Negli anni della Guerra Fredda, Ratzinger condannò la teologia della liberazione e denunciò il comunismo come «una lunga e sofferta notte di violenza» che produsse solo uno «svuotamento delle anime». Definì il Muro di Berlino una «frontiera di morte» e i regimi marxisti «una vergogna del nostro secolo».
Il suo cattolicesimo era equilibrato, aperto alla modernità ma privo di sensi di colpa, consapevole di essere custode del Verbo. La luce di Ratzinger illuminava, come la lanterna evangelica, le ombre della civiltà occidentale, funestata dai demoni del relativismo, dello scientismo e del nichilismo.
Il brillante teologo amava l’Europa, non solo la sua fede, ma anche la sua arte, la sua musica, la sua filosofia; la amava a tal punto che, una volta salito al soglio di Pietro, assunse il nome del suo santo protettore: Benedetto. «Una funzione essenziale della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, l’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto», disse nel suo Discorso agli artisti.
Joseph Ratzinger aveva ben compreso che il progetto di civiltà che chiamiamo «Occidente» è il risultato culturale di una storia unica, che ha unito, non senza tensioni, Gerusalemme, Atene e Roma. A partire da questa consapevolezza, aveva elaborato la sua analisi della crisi dell’Occidente post-moderno.
La cultura occidentale del XIX secolo ha, infatti, abbattuto il pilastro di Gerusalemme. Gli «umanisti atei», del cui dramma umano e intellettuale si era già occupato un suo maestro, Henri de Lubac, dichiararono il Dio della Bibbia nemico dell’emancipazione umana.
Quando, però, la nostra civiltà non poggia più sulla colonna ebraico-cristiana, il pilastro ateniese comincia a traballare. Infatti, senza la convinzione che Dio abbia impresso nel Creato qualcosa della sua «razionalità», la ragione comincia a dubitare della propria capacità di arrivare alla verità di qualsiasi cosa. Questo assalto alla facoltà della ragione di discernere con certezza la verità, genera un problema politico e giuridico, ecco che anche il pilastro romano inizia a scricchiolare. Ratzinger ha chiamato «dittatura del relativismo» l’affermarsi di una morale relativistica che usa il potere coercitivo dello Stato per imporsi a tutta la società.
«L’occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza – è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente». Così si espresse nel celebre Discorso di Ratisbona.
La grandezza di Joseph Aloisius Ratzinger consisteva in questa capacità di vedere i problemi del presente come sintomi di profonde patologie spirituali. La sua fede nel Dio di Gesù Cristo gli permetteva di penetrare i sentimenti, tristi e negativi, in cui si cristallizzano le ideologie omicide che pretendono di «redimere» l’umanità nell’immanente: «Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini».
Quando parlava di Dio lo si percepiva già sulla soglia. In attesa. Si era ritirato dal mondo, sconfitto dalla brutalità di questo nuovo tempo di lupi. Il suo fu un atto cristico. La luce che cresceva nei suoi occhi ora lo ha avvolto.
Il roveto ardente ha perso la voce.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Mi dispiace per Sua Santità ma la penso proprio all’ opposto. Non solo è tutto relativo ma anche dannatamente grottesco, in questo letamaio chiamato universo per ogni particella di materia ce n’è un’altra di antimateria ed entrambe cercano di annichilirsi. Insomma una gigantesca nemesi entropica.