LA DESTRA E GLI EBREI – FINALMENTE UNA SVOLTA (di Davide Cavaliere)
La commozione di Giorgia Meloni, chiamata da Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, a tenere un discorso nel primo giorno di Hanukkah, la festa ebraica che celebra la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme che era stato profanato dagli Elleni nel II secolo a.C, rappresenta, forse, la nascita di una destra conservatrice, liberale e filoisraeliana.
Il breve discorso della Presidente, infatti, è animato dallo spirito di un nazionalismo «mazziniano», ossia liberale, lo stesso che ispirò il movimento sionista di Herzl e Nordau. È il nazionalismo della destra anglo-americana e israeliana, che Fratelli d’Italia ha intelligentemente preso a modello.
Non a caso, due anni fa, Giorgia Meloni invitò a Roma Yoram Hazony, il teorico politico israeliano, formatosi anche negli Stati Uniti, autore del bellissimo Le virtù del Nazionalismo, nel quale viene elaborata un’idea di stato-nazione custode delle identità nazionali ma nemico dei razzismi. Un conservatorismo liberale promosso anche da altri validi autori, spesso sconosciuti al grande pubblico, come Douglas Murray, Renato Cristin o Fania Oz-Salzberger.
La Presidente del Consiglio ha sottolineato, nel suo intervento presso gli ebrei romani, come l’amore per la propria storia e identità culturale non sia intrinsecamente discriminante: «Altro grande insegnamento è che l’identità non è escludente: il fatto di essere fieri delle nostre tradizioni non ci impedisce di contaminare e contaminarci». Frasi rivolte tanto contro un malinteso universalismo, deciso a dissolvere le particolarità dentro una grande astrazione chiamata «umanità», quanto contro gli alfieri di un identitarismo razzialista non di rado imbevuto di antisemitismo (spesso nella forma perniciosa e vile dell’antisionismo).
Il presidente Meloni conclude affermando che l’identità ebraica è parte della sua identità italiana. Non può che essere così. Gli ebrei italiani, pur conservando la loro specificità religiosa, hanno dato un enorme contributo non solo alla nostra cultura, ma anche al Risorgimento. Su dodicimila volontari della Seconda guerra d’indipendenza, ben quattrocento erano ebrei. I Mille di Garibaldi non sarebbero stati mille senza gli otto ebrei che parteciparono alla spedizione. Il primo colpo di cannone per aprire una breccia a Porta Pia fu sparato da un ebreo, Giacomo Segre. Cinquemila ebrei presero parte alla Prima Guerra Mondiale, la metà dei quali erano ufficiali, quattrocentoventi morirono in battaglia e settecento vennero decorati. Numeri impressionanti se si considera l’esigua dimensione della comunità ebraica italiana. Tutti i grandi spiriti del Risorgimento, da Mazzini a D’Azeglio fino a Cattaneo, si pronunciarono a favore dell’emancipazione degli ebrei. Per non dire di quanto i primi sionisti furono stimolati dalle vicende risorgimentali. Lo storico Luigi Compagna ha così intitolato la sua biografia del padre del sionismo: Theodor Herzl. Il Mazzini d’Israele, proprio a voler sottolineare la profonda simbiosi tra Risorgimento e sionismo.
Un nazionalismo civile e storicamente fondato, dunque, non può essere né antisemita né antisionista. Le parole della Meloni suonano come una pietra tombale posta sulle velleità «neo-neofasciste» e «sociali» di alcuni settori, soprattutto giovanili, del suo partito. Ben venga questa destra, liberal-conservatrice e filosionista, che all’Onu vota in favore d’Israele dopo decenni di vergognose astensioni.
Se questa svolta ti sembra l’ennesima genuflessione alle «cricche di nasoni», beh, hai un problema e anche piuttosto serio.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.