CRISTINA D’AVENA E L’ARTE COME MAFIA SINISTRA (di Matteo Fais)
Poche stronzate, è una mafia, una cosca con padrini e padroni. Se non sei dei loro, sei fuori, ti fanno fuori – almeno sul piano professionale. Non è un caso che non ci sia più un artista di Destra che ce l’abbia fatta, almeno in Italia.
Perché l’arte, tutta l’arte è di Stato, come disse Carmelo Bene, cioè è finanziata con il denaro pubblico da chi lo Stato lo gestisce. Dunque, appartiene alla Sinistra che ne controlla i veri centri nevralgici del Potere – università, scuola, teatri, palasport, sale convegni.
Quanto successo a Cristina D’Avena, in tal senso, non stupisce. Accettando di andare a cantare per Fratelli d’Italia, durante la loro festa, ha firmato la sua condanna a morte – benvenuta nel club! Gli arcobalenati non hanno tollerato che, dopo aver preso parte al Pride e alle Feste dell’Unità, abbia fatto una simile scelta.
Premesso che è ridicola una Sinistra che rivendica le canzoni dei Puffi e di Mila e Shiro – ma loro sono ridicoli e, soprattutto, totalmente privi di senso del ridicolo -, anche lei ci ha messo del suo dicendo che un artista è superpartes, per pararsi il culo e giustificare il fatto che pecunia non olet, da qualsiasi parte provenga.
Al netto di tutto, però, questo casino insegna una cosa importante: la Destra ha un unico modo per vincere e scacciare dal suolo nazionale le metastasi rosse, ovvero finanziare gli artisti. Soldi, bisogna tirare fuori i soldi! Si devono garantire piazze piene di militanti, cd venduti, libri acquistati a pacchi.
In alternativa, per quanto un artista senza coglioni sia un indegno, è comprensibile che la maggior parte ceda alla corrente per non morire annegato. Inutile fare gli ingenui. Bisogna mettere chiunque possa servire una causa nella condizione di garantirsi il pane e il companatico. La vita è brutale e il corpo, per sopravvivere e dare sostegno alla mente, ha bisogno del cibo.
Poi, sì, ci sarà sempre il romantico che muore per il suo ideale. E, ancora di più, ogni arte asservita a un’ideologia non sarà mai arte, ma solo propaganda. Al contempo, di fronte a una Sinistra militarizzata non esiste se non la lotta senza quartiere, dura e senza paura. Bisogna boicottare i loro prodotti, decostruirli fino a mostrare la loro inconsistenza – perché sono inconsistenti, almeno quelli attuali.
Sartre non si fece timore di spendersi per veder cancellato il collaborazionista Céline. Noi dobbiamo fare altrettanto con i nuovi Sartre. Se loro cancellano, noi dobbiamo far sparire anche l’ombra. Ma ci vorrebbe uno sforzo collettivo e la Destra non ha mai capito che una base popolare, unita, forte e pronta a combattere serve.
Oggi, anche se ci fa schifo, dovremmo tutti acquistare un lavoro di Cristina D’Avena, farle arrivare il nostro supporto. Altrimenti, la peste rossa continuerà a spadroneggiare. Bisogna combattere. Se un artista non può essere superpartes, ancor meno può un cittadino. Nella vita non ci sono scuse, schierarsi è inevitabile.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.